di ANTONELLO de GENNARO
Ancora una volta assistiamo al solito “pianto” barese dei giornalisti-sindacalisti della Gazzetta del Mezzogiorno, a cui non sta a a cuore la sorte e continuità del quotidiano, ma solo il loro stipendio o pensionamento, con la diffusione del rituale comunicato stampa sindacale, dove peraltro vengono raccontate ai lettori delle clamorose inesattezze (per non definirle falsità) documentali !
Nel comunicato odierno diffuso dal CdR del giornale chiuso, che quindi legalmente e sindacalmente non ha alcun valore si legge quanto segue:
“Sono ormai due mesi che – nel silenzio spesso colpevole delle istituzioni e al cospetto di evidenti manovre sleali – i giornalisti della “Gazzetta del Mezzogiorno” sono costretti alla inattività e alla cassa integrazione a zero ore insieme ai colleghi poligrafici: 134 lavoratori e le loro famiglie che vivono, da tre anni, una tormentata e sofferta gestione aziendale affidata ai Tribunali e i cui esiti appaiono lontani e ignoti.Giornalisti e poligrafici hanno lavorato per tre lunghi anni in condizioni economiche precarie, anche senza prendere lo stipendio, senza una guida editoriale ferma e lungimirante ma hanno comunque fatto il loro lavoro per garantire a tutti i cittadini pugliesi e lucani di continuare ad essere informati su ciò che accade nei loro territori e nel Paese”.
E qui si piangono addosso scrivendo qualcosa di assurdo e contrario al vero: 1°) le istituzioni non possono e non devono interferire nella vita e gestione di un quotidiano; 2°) la gestione aziendale dei Tribunali non può essere addebitata a degli imprenditori che nulla c’entrano con le loro vicissitudini imprenditoriali ! 3°) in questi due mesi della chiusura della Gazzetta del Mezzogiorno , le edicole sono state sempre aperte, i giornali con le cronache locali regolarmente venduti, addirittura è arrivata l’edizione barese del Nuovo Quotidiano di Puglia (Gruppo Caltagirone Editore), tutte le testate online hanno informato bene e meglio di chi si sente insostituibile, quindi il diritto costituzionale di essere informati non è mai mancato per i cittadini ed lettori di Puglia e Basilicata.
I sindacalisti della Gazzetta del Mezzogiorno, dell’ Assostampa di Puglia e della FNSI (che rappresenta 1/10 dei giornalisti italiani) dimenticano ed ignorano che in Italia, quando un azienda fallisce (e nel loro caso sono due le aziende con oltre 50 milioni di euro di debiti) esistono delle norme e procedure che vanno rispettate. Perchè la Legge è e deve essere uguale per tutti. Anche per i giornalisti che non sono degli “unti dal Signore” !
Scrivono: ” La procedura per l’assegnazione definitiva della testata sembrava essere la soluzione a tutti i mali, stante anche l’interesse economico mostrato da vari gruppi imprenditoriali, ma ancora una volta i tempi delle procedure e della giustizia si stanno rivelando incompatibili con quelli delle attività economiche e del diritto di informare e di essere informati, beni pur tutelati dalla Costituzione.L’improvvida scelta – comunicata ai lavoratori con appena 48 ore di preavviso – compiuta dalla società aggiudicataria del relativo bando provvisorio, la Ledi srl del gruppo Ladisa ristorazione, di interrompere le pubblicazioni il 31 luglio scorso, malgrado i 3 mesi di proroga accordati dal Tribunale di Bari, ha interrotto l’attività di un organo di informazione che per oltre 134 anni ha tutelato e garantito i valori costituzionali in due grandi regioni del Sud“.
Anche in questo caso affermano il falso. Innanzitutto secondo chi scrive, dovrebbero lamentarsi non con la Ledi (Gruppo Ladisa) che ha dato loro una sede nuova tecnologicamente avanzata, ed uno stipendio per 6 mesi . Ma dovrebbero chiedere ai curatori fallimentari qualcosa:come mai se il bando prevedeva solo 6 mesi di affitto, ed una sola eventuale proroga consentita di 6 mesi, non di 3 mesi come scrivono i sindacalisti, perchè in realtà la proroga offerta dai curatori alla Ledi ad appena 30 giorni dalla scadenza semestrale è stata soltanto di un mese !
Ma le “barzellette” sindacali non hanno mai fine alla Gazzetta, aggiungendo quanto segue: “Lo abbiamo scritto nei giorni scorsi al Presidente Mattarella e al Presidente Draghi: la “Gazzetta del Mezzogiorno” è andata in edicola anche quando il Paese era afflitto dalle Guerre mondiali e da due mesi invece è costretta a rinviare il suo quotidiano appuntamento con i lettori a causa delle tattiche spregiudicate di imprenditori il cui unico scopo appare – dopo aver gettato in strada i lavoratori – quello di dilazionarne i tempi di ritorno in edicola, con azioni civili e penali, per favorire progetti editoriali concorrenti.La sospensione delle pubblicazioni ha creato una voragine nella continuità di questa gloriosa storia dell’informazione nel Sud d’Italia. Una voragine a cui le istituzioni regionali e locali, al netto dei comunicati di circostanza, non hanno prestato degna attenzione, riservando in alcuni casi parole di attenzione unicamente nei confronti della compagine imprenditoriale che ha interrotto le pubblicazioni del giornale, e abbandonando invece al loro destino tutti i lavoratori”.
Erano molti i giornali italiani che uscivano durante le due guerre mondiali, non solo la Gazzetta del Mezzogiorno. Lamentano di mancare un appuntamento con i lettori, dimenticando di ricordare che in un bacino di 6 milioni di abitanti (Puglia e Basilicata) erano arrivati a vendere nel 2020 appena una media di 9.000 copie al giornale (abbonati compresi !) . Dati ufficiali, questi rilasciati dall’ AGCOM cioè dell’ Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che noi ci limitiamo umilmente a riportare per completezza d’informazione e per rispetto diq uei lettori e cittadini che scelgono di leggere ed informarsi altrove !
Vendita-copia-Gazzetta-2020I giornalisti “sindacalisti” della Gazzetta continuano: “Sappiamo che nei prossimi giorni il Tribunale di Bari affronterà nuovamente la nostra vicenda e speriamo lo faccia presto e bene, senza comprimere i diritti di difesa di alcuno ma anche senza lasciare spazio ad azioni dilatorie compiute dalla Ledi – ormai è palese a tutti – nel frattempo si sta attrezzando per avviare una nuova impresa editoriale, effettuando casting su casting anche tra gli stessi giornalisti e poligrafici mollati per strada, e prosegue azioni giudiziarie che – basta leggerle – non hanno come fine – che pure sarebbe legittimo – quello di tornare a editare la “Gazzetta del Mezzogiorno” ma unicamente di impedire che il giornale abbia un altro editore“.
Forse sarebbe il caso di lasciare lavorare e decidere in santa pace i giudici e magistrati che sono stati coinvolti in una procedura fallimentare piena di equivoci, conflitti d’interesse, da perte delle curatele e dei comitati creditori. Se un imprenditore, chiunque esso sia, predispone un piano alternativo, è e deve essere libero di farlo, chiunque esso sia. E se dovesse nascere una nuova testata, tutti i giornalisti pugliesi dovrebbero essere solo contenti. La pluralità di voci fa bene all’informazione. O forse per i giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno è più importante invece poter contare sulla la liquidità di un imprenditore spregiudicato, condannato e plurinquisito (che non è il Gruppo Micollis, che sono persone per bene e capaci imprenditori, sia chiaro !) il cui denaro puzza della testa ai piedi.
Chissà se a Bari sanno che in provincia di Taranto un loro collega con tessera sindacale in tasca va raccontando a tutti, persino nei ristoranti ad un’ Autorità dello Stato, “abbiamo il 50% della Gazzetta” senza che il suo santo “protettore” (dicono anche economicamente parlando) abbia partecipato all’ asta fallimentare . E la nostra fonte che lo ha sentito con le orecchie, è persona seria ed attendibile e non un un signore qualsiasi ! Chissà se i giornalisti della Gazzetta sanno che 2 dei 4 curatori lavorano e vengono pagati da questo imprenditore della provincia di Taranto… e che i soldi lasciano sempre traccia ! Non è bastata ai giornalisti barese la disavventura giudiziaria del loro ex editore Mario Ciancio e della Direzione Distrettuale Antimafia siciliana ?
Come si fa a non ridere quando i giornalisti della “Gazzetta del Mezzogiorno” scrivono che “non assisteranno inermi alla battaglia che si sta svolgendo sulle loro teste e contro le loro famiglie e avvieranno ogni azione – nessuna esclusa – per tutelare tutti i loro diritti, sinora così gravemente compressi grazie alla indifferenza e alla complicità delle istituzioni locali”.
Perchè non raccontano ai propri sparuti lettori che fine hanno fatto le due cooperative costituite (giornalisti e poligrafici) e come mai non hanno partecipato al bando di assegnazione dell’esercizio provvisorio della Gazzetta del Mezzogiorno ? O forse è più facile passare dalla cassa dell’editore di turno ? Eppure con le cooperative i 134 dipendenti ex-Edisud sarebbero potuti “padroni” del loro giornalismo e quindi “liberi” dagli interessi altrui. Ma forse era un pò troppo complicato…vero ? Bisognava lavorare !