di REDAZIONE CRONACHE
Alle prime luci dell’alba di venerdì 19 novembre è scattata infatti la maxi operazione denominata “Kalimera” che ha visto impegnati più di cento uomini e donne della Guardia Costiera alle dipendenze della Direzione Marittima di Bari – 6° Centro Controllo Area Pesca, con lo spiegamento di 34 autopattuglie e di un elicottero appartenente al 2° Nucleo Aereo Guardia Costiera Catania. Il dispositivo ha consentito l’esecuzione di 17 ordinanze di custodia cautelare, disposte dal Giudice per le indagini preliminari di Taranto. Agli indagati viene contestato, fra l’altro, il reato di disastro ambientale con l’aggravante dell’associazione. Nelle attività di indagine e nella fase operativa sono stati impegnati più di cento militari guidati dal capitano di vascello Diego Tomat, comandante della Capitaneria di porto di Taranto.
.
La lunga e complessa attività investigativa condotta dai militari della Guardia Costiera di Taranto – anche attraverso attività di intercettazione di comunicazioni e osservazioni sul territorio dal personale del Comando tarantino – ha, infatti, portato alla luce l’esistenza di una vera e propria organizzazione criminale dedita all’attività di pesca illecita di ogni risorsa marina, svolta prevalentemente nel Golfo di Taranto, che portava un ingente guadagno.
In particolare tale attività di indagine coordinata dal Dr. Mariano Buccoliero sostituto procuratore della repubblica di Taranto , ha consentito di accertare il grande interesse della predetta organizzazione criminale nella raccolta delle oloturie e di altre specie protette, avvenuta prevalentemente dai fondali marini antistanti la costa Tarantina, nonché nella proficua commercializzazione illecita del prodotto, molto ricercato dai mercati esteri poiché ritenuta una specie particolarmente prelibata, il tutto a grave pregiudizio dell’ecosistema marino e della normativa sanitaria per la tutela della salute pubblica.
Al centro delle attività di controllo in questo caso, la raccolta della Holothuroidea (oloturia o cetriolo di mare), di cui è vietata la pesca, in quanto specie marina protetta che riveste un ruolo centrale per l’equilibrio dell’ecosistema: ragione, quest’ultima, che ne rende la raccolta, causa di gravi ed irreparabili danni per l’ambiente, di diminuzione della biodiversità ed alterazione degli equilibri ecologici. Motivazioni, quelle citate, alla base dell’ipotesi di reato di disastro ambientale mossa nella circostanza a carico dei responsabili.
Una pesca vietata quella delle oloturie che muove ingenti profitti illeciti: il valore di mercato medio finale del prodotto nostrano, movimentato dagli indagati nell’ambito dell’attività vietata, può arrivare anche all’ingente cifra di 300 €uro al kg. Al termine dell’attività investigativa, si è potuto stimare un illecito giro di affari complessivo di circa €uro 4.500.000.
Infatti, a causa delle sempre maggiori dimensioni assunte dal prelievo della Holothuroidea (oloturia o cetriolo di mare), destinata, prevalentemente, al consumo in mercati extracomunitari, e al costante aumento della relativa domanda, la gravità del fenomeno ha nel tempo assunto dimensioni allarmanti, non solo dal punto di vista dell’incalcolabile danno ambientale ma anche dal rischio per la salute umana se si considera che il pescato sfugge ad ogni tipo di controllo sanitario.