di Redazione Cronache
La Direzione Investigativa Antimafia ha dato esecuzione a un decreto di sequestro emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Bologna, su proposta del Direttore della DIA, nei confronti di un indiziato di appartenere alla ‘ndrangheta operante in Emilia-Romagna: si tratta di Giuseppe Iaquinta, imprenditore edile originario di Cutro esponente del clan “Grande Aracri“ , e padre dell’ex calciatore Vincenzo, campione del mondo nel 2006.
Giuseppe Iaquinta già raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere nel gennaio 2015 nell’ambito dell’operazione denominata “Aemilia”, è stato condannato nel 2018 dal Tribunale di Reggio Emilia a 19 anni di reclusione, pena successivamente rideterminata, in sede di appello, a 13 anni per i reati di associazione mafiosa e detenzione illegale di armi e munizioni.
L’imprenditore edile secondo le sentenze era uomo di vertice del clan guidato dal boss Nicolino Grande Aracri ed, in particolare, faceva parte del gruppo di titolari d’imprese che si muovevano nell’interesse della cosca di ‘ndrangheta trapiantata in Emilia Romagna e attiva nelle province di Reggio Emilia, Modena, Parma e Piacenza.
Il suo ruolo, come accertato nel corso delle indagini svolte sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, corroborate dalle testimonianze di diversi collaboratori di giustizia, era quello di “volto pubblico” della associazione mafiosa, in grado, quale imprenditore di successo, di fungere da chiave di accesso per i sodali negli ambienti della imprenditoria e delle Istituzioni. Gli accertamenti effettuati dalla D.I.A. hanno consentito di acclarare, come riconosciuto dal Tribunale di Bologna, una netta sproporzione tra i redditi dichiarati e il patrimonio accumulato.
Il provvedimento di sequestro ha interessato due società operanti del settore dell’edilizia, 71 immobili ubicati nelle province di Reggio Emilia, Brescia e Crotone, 2 autovetture e numerosi rapporti bancari per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro. Il risultato operativo si inserisce nell’ambito delle attività istituzionali finalizzate all’aggressione delle illecite ricchezze riconducibili a contesti delinquenziali mafiosi, contribuendo in tal modo alla salvaguardia della parte sana del tessuto economico nazionale