di Redazione Cronache
Si celebra questa mattina dinnanzi al Tribunale penale a Brescia l’udienza preliminare nei confronti dell’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo accusato di rivelazione del segreto d’ufficio per il caso dei verbali di Piero Amara su una presunta loggia Ungheria. Secondo i magistrati di Brescia, Davigo avrebbe violato “i doveri inerenti alle proprie funzioni» abusando «della sua qualità di componente del Csm“, pur avendo «l’obbligo giuridico ed istituzionale di impedire l’ulteriore diffusione» dei verbali di Amara“. Anche perché l’ex pm Davigo non si limitò a ricevere i verbali ma ne “rivelava il contenuto a terzi, consegnandoli senza alcuna ragione ufficiale al consigliere del Csm Giuseppe Marra, con lo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita“, che in realtà è precedente alla vicenda Amara.
Dall’inchiesta dalla quale scaturisce il procedimento in scorso, è uscito l’ex capo della Procura milanese Francesco Greco, accusato dal pm della procura di Milano Storari di aver ritardato le iscrizioni sul registro degli indagati, con la contestazione di una presunta omissione d’atti d’ ufficio. Accusa per la quale è stata poi richiesta l’archiviazione dai pm bresciani accolta dal gup Andrea Gaboardi. Il pm Storari oltre al processo penale , rischia un complicato procedimento disciplinare: il Csm entro la metà del mese deciderà se trasferirlo via da Milano.
Con l’interrogatorio di Piercamillo Davigo, l’ex consigliere del Csm, imputato a Brescia con il pm di Milano Paolo Storari per il caso dei verbali di Piero Amara su una presunta loggia Ungheria, è ripresa stamane l’udienza preliminare. Il pm di Milano Paolo Storari, imputato a Brescia con l’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo per il caso dei verbali dell’avvocato Piero Amara, ha chiesto di essere processato con rito abbreviato. La richiesta è stata presentata stamane al giudice per le indagini preliminari, Federica Brugnara che ha stralciato la posizione del pubblico ministero che risponde di rivelazione del segreto d’ufficio, reato contestato anche a Davigo nei cui confronti proseguirà l’udienza preliminare.
“Questa vicenda è di interesse pubblico e siccome io non ho nulla da nascondere pretendo l’udienza a porte aperte” aveva dichiarato Davigo dall’alto…della sua proverbiale spocchia ai giornalisti. Davigo è assistito dall’avvocato Francesco Orasi. Ma il Gup di Brescia Federica Brugnara con rigore ha respinto la richiesta di celebrare l’udienza preliminare a porte aperte avanzata da Piercamillo Davigo e disposto la lo svolgimento dell’udienza in camera di consiglio quindi a porte chiuse, accogliendo anche la richiesta di costituzione di parte civile presentata dal consigliere del Csm Sebastiano Ardita. La sua presenza nel processo si giustifica col fatto che il nome di Ardita fosse presente nei verbali di Amara e che proprio a causa di questo la notizia è diventata pubblica.
Davigo ne avrebbe parlato anche ad un’altra consigliera del Csm, Ilaria Pepe, per “suggerirle “di prendere le distanze” da Ardita, invitandola a leggerli”; con il consigliere Giuseppe Cascini, al quale Davigo ha chiesto “un giudizio sull’attendibilità di Amara”, mentre ai consiglieri laici del Csm Fulvio Gigliotti (M5S) e Stefano Cavanna (Lega) avrebbe riferito di una “indagine segreta su una presunta loggia massonica, aggiungendo che “in questa indagine è coinvolto Sebastiano Ardita””. Davigo non contento consegnò quei verbali anche al vicepresidente del Csm David Ermini, il quale correttamente “ritenendo irricevibili quegli atti immediatamente distruggeva la «documentazione”, informando dell’accaduto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che è anche presidente di diritto del Consiglio Superiore della Magistratura , e consegnandoli al magistrato antimafia Nino Di Matteo consigliere del Csm , il quale ne diede pubblica informazione durante un plenum del Csm, citando le informazioni considerate diffamatorie contenute nei confronti di Ardita.
La mancata riservatezza di Davigo non si limitò a tutto ciò informando anche un componente esterno al Csm, il sen. Nicola Morra (ex M5S) presidente della Commissione nazionale antimafia, per chiarire i motivi dei “contrasti insorti tra lui e Ardita”, e le segretarie di Davigo, Giulia Befera e Marcella Contrafatto quest’ultima secondo gli accertamenti della procura di Roma avrebbe spedito anonimamente quei verbali al consigliere del Csm Nino Di Matteo ed ai giornalisti. Venerdì scorso il pm Paolo Storari ha risposto per quasi tre ore alle domande delle parti, respingendo le accuse e ribadendo la correttezza del proprio operato. Oggi invece sarà a Davigo a dover ripercorrere tutte le tappe di un caso che ha provocato una una frattura tra i magistrati della procura di Milano, ma sopratutto portato alla luce ancora di più i “veleni” interni alla magistratura.
Nel 2017 Davigo dichiarava in televisione a “Piazza pulita”, il programma condotto su La7 da Corrado Formigli che quando un innocente viene condannato non è colpa dei magistrati: “Il giudice non è presente quando viene commesso il reato, sa le cose che gli raccontano. Se si scopre dopo che un teste ha mentito, non lo può sapere. E’ stato ingannato”. La vera vittima dell’errore giudiziario è quindi il magistrato, fuorviato e ingannato dai testimoni. In seguito sempre Davigo, ospite di Bruno Vespa a “Porta a porta” su RAIUNO per commentare dei 42 milioni di euro pagati dallo Stato italiano per risarcimenti giudiziari nel 2016 (648 milioni dal ’92), aveva allargato il campo della sua visione alle ingiuste detenzioni: come gli errori giudiziari non sono errori, così le ingiuste detenzioni non sono ingiuste (in pratica a suo parere l’unico errore sembra quello di pagare le vittime).
Secondo Davigo tutti questi risarcimenti a persone incarcerate e poi assolte avvengono perché nel nostro sistema “le prove assunte nelle indagini preliminari di regola non vale nel processo”. C’è questo problema del dibattimento e di dover ripetere le testimonianze rilasciate agli inquirenti davanti a un giudice. Quindi succede che una persona viene arrestata sulla base di prove schiaccianti, come le accuse di tre testi, “dopodiché questi testi magari minacciati dicono che si sono sbagliati. Le loro indicazioni non possono essere più utilizzate. È un innocente messo in carcere – si chiede retoricamente Davigo – o è un colpevole che l’ha fatta franca?”. Ovviamente per lui vale la seconda ipotesi, da cui si capisce che gli unici errori giudiziari sono le assoluzioni. Le ingiuste detenzioni sono quindi quelle in cui una persona ha subìto un provvedimento di custodia cautelare e poi è stato assolto, “il che – dice Davigo – non significa che siano tutti innocenti, anzi”. e quindi, per l’ex-pm “lumbard” prevale una presunzione di colpevolezza che va anche oltre l’assoluzione definitiva. Cosa dirà adesso che sotto processo c’è lui ?