di Alessandra Monti
Anno 2007: l’azienda, fondata 10 anni prima da Reed Hastings, decise allora di smantellare il servizio vendita di dvd, il proprio core business, per passare allo streaming online. Un momento nella storia di Netflix che ha segnato in qualche modo l’inizio di una rivoluzione nel mondo del cinema. Una strategia che l’avrebbe portata a diventare da distributore a produttore di film da Oscar.
Netflix da lì a poco intuì che nelle abitudini dei consumatori vi sarebbe stata una grande mutazione, destinati a spostarsi sempre più online, di pari passo con il miglioramento dei servizi di streaming e delle connessioni alla rete. In qualche modo, quella data, è stata l’inizio di un cambiamento epocale, che ha ridisegnato sia il consumo di show, film e spettacoli televisivi, sia l’industria stessa della produzione cinematografica, di serie tv e di documentari.
La pandemia ha accelerato il processo
La pandemia ha accelerato un processo in atto, “È stata la mano di Dio” è stata distribuita quasi in contemporanea nei cinema e online, così come “Dune”, altro candidato come miglior film, e “Il potere del Cane”. Con un maggior numero di film originali che bypassano il grande schermo, il confine tra tv e film, e di conseguenza quelli delle rispettive industrie, si sta confondendo, spingendo a velocità di consumo un tempo impensabili. Gli studios delle grandi major, per esempio, impiegano team esecutivi diversi per supervisionare lo sviluppo e la produzione di film e serie televisive. Una strategia obsoleta ai tempi di Internet, che per molti oggi è anacronistica, troppo lenta e impastata.
Il trionfo di Netflix agli Oscar
Il successo planetario di “È stata la mano di Dio” di Paolo Sorrentino, candidato agli Oscar come migliore film, ha Netflix nel doppio ruolo di produttore e distributore. Ma tra le nomination c’è anche “Don’t Look Up” di Adam McKay, anche questo prodotto e distribuito da Netflix che ha comprato i diritti nel 2019 da una major, la Paramount, mentre di “Il potere del cane” di Jane Campion, che ha ricevuto 12 nomination, è stato distribuito a livello globale sempre dalla società americana. Agli Oscar 2022 nessuno ha avuto il successo della compagnia di streaming Netflix . Un successo ormai difficilmente raggiungibile dalle altre major. Soltanto una della major hollywoodiane è riuscita a piazzarsi tra i produttori di film candidati all’Oscar come miglior pellicola dell’anno, la Universal Picture, che ha prodotto “Belfast” di Kenneth Branagh.
Il successo dello streaming
E’ un fatto oramai acclarato che le grandi piattaforme di streaming siano diventate anche produttrici di film e serie di successo . Se questo genere di servizi rappresentava una nicchia fino a dieci anni fa, oggi i numeri raccontano una realtà diversa. Nel 2021 Netflix ha raggiunto 222 milioni di abbonati in tutto il mondo, con una “library” di oltre 6.000 tra show e film. Il suo fatturato nel 2021 è stato di 29,7 miliardi di dollari.
Il predominio dello streaming è stabilmente nelle mani della società americana, ma le concorrenti non sono da meno. Le più importanti sono Amazon Prime (172 milioni di abbonati), Disney Plus (118 milioni), Hbo Max (72,8 milioni) e Apple TV Plus (40 milioni stimati). Numeri che si traducono in miliardi di dollari di abbonamenti e miliardi di dollari di capitale ottenuti sui mercati. Parte di questi utili vengono immediatamente reinvestiti in produzioni originali.
Nel 2022 investiti 115 miliardi in produzioni originali
Nello scorso dicembre 2021 il Financial Times ha calcolato come solo le grandi società americane di streaming abbiano in programma di investire circa 115 miliardi di dollari in produzioni cinematografiche originali. Una cifra record, mai raggiunta prima. E per gli analisti il motivo è molto chiaro ed unico: in questa industria si è raggiunto un punto di non ritorno, ora non si può che investire sempre più soldi per cercare di attrarre quanti più clienti possibili perché sopravviverà solo chi avrà raggiunto le più ampie fette di pubblico possibile.
Le nuove abitudini del pubblico
Secondo la Media Nations dell’osservatore americano Ofcom, la pandemia ha segnato un cambio netto nel consumo dell’industria cinematografica. Il pubblico d’altra parte ha già fatto la propria scelta. La fruizione di programmi via tv è sceso dal 67% nel 2019 al 56% nel 2021. Mentre i giovani americani dai 16 ai 34 anni praticamente non guardano quasi più la tv dal vivo. Il tempo passato ogni giogo sul media tradizionale (58 minuti) è poco più della metà di quello speso sui servizi di streaming (97 minuti) e YouTube (82 minuti) che a guardare la TV dal vivo (58 minuti). Effetto della rivoluzione arrivata con il digitale. Invece di fare affidamento esclusivamente su intermediari (come operatori, sistemi via cavo) per far arrivare spettacoli e film agli spettatori, le compagnie di intrattenimento vendono contenuti direttamente ai consumatori. L’effetto è che gli studios stanno rilasciando sempre meno film nei cinema.
La “guerra” è appena iniziata
Se la partita tra servizi di streaming e major sembra segnata, diversa è quella tra le stesse piattaforme di streaming. Nell’ultima trimestrale Netflix ha registrato come oramai la concorrenza nel settore sia uno dei problemi principali per il prossimo futuro. A fronte di costi in crescita, proprio per sfornare produzioni in grado di reggere quel mercato che nel frattempo diventa sempre più agguerrito. E qui tra colossi come la società di Hastings, Apple, Amazon e Disney, il risultato finale sarà ancora scritto dai grandi numeri sviluppati dagli abbonati. Ed ancora una volta a decidere sarà il “mercato”.