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29 Novembre 2024 22:49

Giustizia, la riforma Cartabia ed il referendum che agitano la magistratura correntizia sindacalizzata

Mettere fine a tutto ciò preoccupa molto i magistrati abituati a fare carriera con la tessera di qualche corrente o dell' Anm in tasca. Ma sono questi magistrati il vero problema della "non" giustizia nel nostro paese, una casta che non è capace di assumersi le proprie responsabilità e di risponderne come un qualsiasi cittadino davanti alla Legge, a partire dal Capo dello Stato che è anche il presidente del Csm.

Se martedì la Corte Costituzionale darà il via libera ai referendum  finalmente i cittadini potrebbero avere in mano una vera “rivoluzione”  contro lo strapotere delle toghe  per scardinare vecchi privilegi e ingiustizie persistenti nella magistratura. Una giustizia giusta, in cui sperava diversi anni fa Claudio Martelli, a quell’epoca ministro della Giustizia,  mentre oggi a difendere un sistema demoniaco conservatore dell’esistente si batte il giornalista… Marco Travaglio direttore del Fatto Quotidiano, ed una pletora di demoniaci e giornalisti che vivono di carte trafugate dalle procure e tribunali, trasformate in libri senza aver pagato un solo centesimo di euro allo Stato.

 

la Corte Costituzionale

Martedì prossimo potrebbe davvero cambiare il diritto nel nostro Paese grazie alla mobilitazione popolare. Il centrodestra lo ha promesso da anni, anche se quando governava non ha realizzato nulla dei suoi propositi, ma oggi, sulla questione “giustizia” non è più solo. La politica sarà chiamata a rispondere proprio sulla giustizia con i suoi indirizzi sui quesiti che sono davvero ben più decisivi e determinanti rispetto alla riforma Cartabia. Sono sei le proposte sulle quali si chiederà un “” o un “no” agli elettori dopo il vaglio della Corte Costituzionale.

Il direttore del Fatto Quotidiano è subito salito sulla sua cattedra autoreferenziale esibendosi in una “demonizzazione” dei quesiti a cui va data risposta. Non ci si può lamentare, come fa lui e l’esercito dei conservatori in tema di giustizia, perché si chiede che chi sbaglia paghi. Troppe volte sono stati commessi errori giudiziari che poi a riparare è chiamato lo Stato, siamo noi cittadini a rifondere i danneggiati, e non come sarebbe più giusto il magistrato che ha sbagliato. Troppo comodo.

Per i detrattori del referendum, non ci sarà carcere per finanziamento illecito ai partiti e per tutti “i delitti puniti con pene sopra i 5 anni” (per gli altri già non è prevista), salvo nei casi di “concreto e attuale pericolo” che si ripetano “gravi delitti con armi o di altri mezzi di violenza” o di mafia e terrorismo. Così ladri, scippatori, bancarottieri, evasori frodatori, corrotti, corruttori, concussori, truffatori, stalker verrebbero fermati e subito scarcerati dopo 48 ore. Una follia contraria ai principi di eguaglianza, di ragionevolezza e con le esigenze di ordine pubblico“.

Ma tutto questo in realtà non corrisponde al vero. Ed almeno per due ragioni. Anche se venissero  abrogate le misure cautelari per il pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie, ponendo fine a un abuso generalizzato, resterebbe comunque la possibilità di disporre misure cautelari per il pericolo di commissione di gravi delitti, come quelli con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale, oltre a quelli di criminalità organizzata e contro l’ordine costituzionale. Allo stesso modo, se sussiste il pericolo di fuga o di inquinamento probatorio il responsabile del reato sarà sottoposto a misura cautelare. Ma anche per un “dettaglio” che è un fondamento della nostra Carta costituzionale che troppo spesso molti si dimenticano di citare (qualora l’avessero letta…) quando si parla del diritto: si chiama presunzione di innocenza che dovrebbe valere sempre e fino al terzo grado di giudizio. Per quanti saranno condannati in via definitiva e riconosciuti colpevoli, le misure cautelari invece non serviranno più, perché sarà applicata una pena giusta e rigorosa.

Travaglio contesta anche la separazione delle carriere, allineandosi ai diktat della magistratura correntizia. E scrive: “A parte l’assurdità del merito, l'”ordine giudiziario” unico fra pm e giudici è sancito dalla Costituzione, che non si cambia coi referendum abrogativi“. Invece, dovrebbe scrivere più correttamente per onestà intellettuale (ma forse non conosce questo concetto)  che con i referendum si impedisce solo il passaggio da una funzione all’altra all’interno del medesimo ordine giudiziario. Ciò nella speranza che, nel futuro, il Parlamento comprenda la necessità improcastinabile di una riforma ancora più profonda, costituzionale, per creare anche due distinti CSM (uno requirente ed un’altro giudicante) e quindi definitivamente due ordini.

Altro argomento messo nel mirino è quello relativo all’abrogazione della Legge Severino. “Si vuole abolire – strillano Travaglio e gli indemoniati con la toga – l’incandidabilità dei condannati definitivi per gravi o gravissimi reati. Ma o si abroga l’articolo 54 della Costituzione, che impone “disciplina e onore” a chi ricopre cariche pubbliche, o si cancella il referendum“. Anche in questo caso i “manettari” citano solo le condanne definitive, dimenticando che per gli amministratori locali è sufficiente una condanna non passata in giudicato per determinare la decadenza automatica. Ma solo, dimenticano anche  che l’ordinamento penale già prevede l’interdizione dai pubblici uffici, sia come misura cautelare che come pena accessoria.

Ma Travaglio le “balle” sulla giustizia le spara veramente grosse, come quando sostiene che “nelle filiali locali del Csm che giudicano i magistrati, voterebbero pure gli avvocati. Così quello di Messina Denaro potrebbe dare la pagella a chi lo sta cercando“. Una grandissima “menzogna” a voler essere buoni. L’obiezione demagogica-demoniaca dimentica ( o ignora ?)  che oggi vi è perfetta sovrapposizione tra “controllori” e “controllati”. Sarebbe nell’interesse dei magistrati capaci e meritevoli venire valutati con la massima obiettività da rappresentanti il più possibile eterogenei ed indipendenti, che comprendano anche i rappresentanti dell’Università e dell’Avvocatura.

È il sesto quesito del referendum cioè quello di un Consiglio Superiore della Magistratura non più controllato da correnti al proprio interno,  che disturba le toghe lottizzate sostenute dagli anatemi di Travaglio : “Chi si candida non dovrà più raccogliere firme. Almeno questo è compatibile con la Costituzione: infatti non frega niente a nessuno“. Peccato che il giornalista “travagliato” trascuri un altro particolare, e cioè l’attuale obbligo di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura, impone oggi ai magistrati che si vogliano candidare al Csm la necessità di ottenere il beneplacito delle correnti o, la stragrande maggioranza delle volte, di essere iscritti alle correnti.

Mettere fine a tutto ciò preoccupa molto i magistrati abituati a fare carriera con la tessera di qualche corrente o dell’ Anm in tasca. Ma sono questi magistrati il vero problema della “non” giustizia nel nostro paese, una casta che non è capace di assumersi le proprie responsabilità e di risponderne come un qualsiasi cittadino davanti alla Legge, a partire dal Capo dello Stato che è anche il presidente del Csm.

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