L’imprenditore del web Alberto Genovese a processo a Milano con l’accusa di aver violentato, dopo averle rese incoscienti con un mix di droghe, due giovani modelle, avrebbe “utilizzato la holding Auliv a scopo di evasione fiscale, per gestire i flussi finanziari derivanti dalle sue attività e partecipazioni societarie e per provvedere al reperimento delle risorse necessarie per le sue attività personali”, tra le quali 8 milioni di euro per “l’acquisto e la ristrutturazione della villa a Ibiza” e “beni di lusso e consumo“, come “ingenti acquisti di alcolici“. “L’80% circa delle uscite relative alla holding Auliv e il 51% circa delle operazioni passive della stessa società nel periodo 2014-2020 sono collegate alla residenza nell’isola spagnola“.
E’ quello che ha scritto la 3a sezione penale (presidente Grazia Lapalorcia) della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui a fine novembre scorso ha confermato il sequestro da 4,3 milioni di euro, disposto dal Tribunale Riesame dopo che il gip l’aveva negato, a carico dell’ex ‘mago’ delle start up digitali accusato di reati fiscali, per gli anni 2018-2019. Reati contestati in un filone dell’inchiesta condotta dai pm Paolo Filippini e Rosaria Stagnaro i cui accertamenti sulle sue movimentazioni finanziarie erano stati delegati al Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano.
Il sequestro ha riguardato una presunta evasione su redditi da lavoro, riferiti al suo ruolo dell’epoca in Facile.it Holdco Limited, che Genovese avrebbe dichiarato come redditi da capitale. indicandoli come “compensi percepiti dalla liquidazione di ‘warrants instruments’ emessi dalla Facile.it Holdco.Ltd come redditi di natura finanziaria” e non da “lavoro dipendente”.
La Auliv, ribadiscono i giudici, sarebbe stata “utilizzata fraudolentemente e a scopo di evasione come soggetto interposto per consentire a Genovese di sottrarre somme di cui aveva la disponibilità alla imposizione fiscale”. Non si può parlare, per la Suprema Corte, di “abuso del diritto“, cioè di ‘semplici’ forme di elusione fiscale, ma c’è stata evasione perché si tratta di “operazioni che non hanno rispettato, neppure formalmente, le norme fiscali”. Motivazioni per le quali il ricorso della difesa è stato rigettato.
Ma non solo. Contestata anche una presunta evasione sulla liquidazione di alcune partecipazioni che aveva in Facile.it (società da lui fondata) realizzata con lo ‘schermo’ della holding Auliv: non avrebbe indicato “tra i redditi personali di natura finanziaria” le “plusvalenze da quasi 10 milioni di euro relative alle cessioni di partecipazioni” e quelle da oltre 1,8 milioni di euro su “cessioni di partecipazioni detenute in Brumbrum spa“.