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22 Novembre 2024 10:54

Doppia tegola sulle cassaforti di casa Agnelli: 746 milioni per Exor e 203 milioni per la Giovanni Agnelli, che controlla la Exor

La holding di casa Agnelli ha così scelto di sottoscrivere l'accordo e di pagare quanto pattuito con l' Agenzia delle Entrate, onde evitare un conseguente lungo e costoso contenzioso tributario. Exor in occasione della fusione societaria, aveva applicato la disciplina della Participation Exemption (Pex) prevista dall'articolo 87 del Corporate Income Tax Act.

L’accordo raggiunto tra l’ Exor holding di casa Agnelli e l’Agenzia delle Entrate riguardano le plusvalenze derivanti dal trasferimento in Olanda della holding al cui vertice siede John Elkann. A questo punto, i 746 milioni pattuiti (104 gli interessi) – e pagati per cassa – peseranno sui conti di Exor del 2021, il cui primo semestre si era chiuso con un utile di 838 milioni e quindi non dovrebbe comunque passare in “rosso” nell’intero anno. Lo stesso bilancio aveva visto un incasso di dividendi pari a 1,7 miliardi di euro e serviti per pagare le cedole agli azionisti e fare investimenti. La Giovanni Agnelli B.V. , che controlla la stessa Exor a sua volta dovrà pagare 203 milioni (28 alla voce interessi) all’Agenzia delle Entrate.

La decisione della Exor risale al 2016 di ridomiciliarsi in Olanda, perché olandese era già la residenza di molte delle società controllate, come Cnh Industrial, Fca e Ferrari. Inoltre anche Stellantis che ha da poco celebrato il primo anno di operatività, nel 2021 per la sua residenza aveva scelto Amsterdam , “il tutto – spiega Exorper l’esigenza di armonizzazione dei sistemi di governance e di regole del diritto societario, non di convenienza fiscale: il trattamento fiscale sulle plusvalenze è praticamente uguale in Italia e in Olanda“.

La holding di casa Agnelli ha così scelto di sottoscrivere l’accordo e di pagare quanto pattuito con l’ Agenzia delle Entrate, onde evitare un conseguente lungo e costoso contenzioso tributario, pur rimanendo del tutto convinta di aver agito correttamente e rivendicando di non aver violato alcuna norma in tema di Exit Tax, l’imposta sui redditi dovuta sulle plusvalenze realizzate in occasione del trasferimento della residenza verso uno Stato appartenente all’Ue oppure aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo.

In merito prosegue la nota della Exor,c’è il fatto che l’ Agenzia delle Entrate non ha comminato alcuna sanzione a fronte della contestazione sollevata: l’ammontare pagato per l’Exit Tax corrisponde solo al ricalcolo del maggiore imponibile e ai relativi interessi”.

Exor in occasione della fusione societaria, aveva applicato la disciplina della Participation Exemption (Pex) prevista dall’articolo 87 del Corporate Income Tax Act. In tale regime, il 95% delle eventuali plusvalenze relative al valore delle sue partecipazioni era esente e, quindi, escluso dal reddito imponibile della holding per la determinazione della Exit Tax.

Ma successivamente l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la Participation Exemptionnon dovesse applicarsi ai casi in cui una holding trasferisce il proprio domicilio fiscale all’estero senza mantenere una stabile organizzazione in Italia“. Exor a sua volte resta convinta di aver agito secondo le regole. E precisa che “non sussistono ulteriori questioni fiscali pendenti in relazione agli anni nei quali la holding ha avuto la residenza fiscale in Italia per i quali risultano anche scaduti gli ordinari termini di accertamento“.

La Giovanni Agnelli a sua volta ritiene pure di “avere correttamente operato e di non aver commesso alcuna violazione della normativa applicabile nella determinazione della Exit Tax“. La cifra pagata da Exor equivale a circa il 2,5% del suo valore (intorno a 30 miliardi), e quindi l’esborso fiscale non cambierà le sue strategie di investimento e sviluppo.

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