di REDAZIONE POLITICA
Neanche un anno fa, il 4 marzo 200 Michele Prestipino si insediava nell’ufficio di capo della Procura di Roma a seguito di una turbolenta votazione al Csm venendo eletto al ballottaggio con 14 voti. Ma sin da quella data dall’inizio non ha potuto cullarsi sugli allori della nomina sulla quale pendevano i ricorsi degli “avversari” che aveva battuto in commissione e poi al plenum. Adesso se vorrà conservare il suo incarico dovrà continuare una battaglia davanti alla giustizia amministrativa.
La sua nomina era arrivata dopo l’esplosione del “caso Palamara”, dopo che il trojan inoculato nel cellulare dell’ex presidente dell’Anm aveva intercettato una conversazione notturna in cui si parlava dell’imminente designazione del successore di Giuseppe Pignatone. Dopo l’esplosione del caso si era ripartiti da zero, fino ad arrivare alla designazione di Michele Prestipino, fino a quel momento procuratore aggiunto della Procura di Roma.
Lo Voi e Creazzo avevano molti più titoli di Prestipino . Oltre a essere già procuratori, Lo Voi aveva rappresentato l’Italia a Eurojust, mentre Creazzo era stato vice capo legislativo al ministero della Giustizia. Il Csm per superare l’handicap del curriculum di Prestipino che era solo aggiunto, e non aveva molti titoli, è ricorso alle “esperienze”. “Sebbene privo di indicatori specifici si è reso protagonista di esperienze pregnanti rispetto all’incarico da conferire, tali da fondare sul piano prognostico il giudizio sulla sua maggiore capacità a porsi a guida dell’ufficio a concorso” giustificava il Csm nel motivare la propria scelta.
Palamara e cinque consiglieri del Csm in carica in quel periodo, il senatore Luca Lotti e l’onorevole Cosimo Ferri del Partito Democratico, tramavano nelle riunioni notturne all’ Hotel Champagne di Roma per spingere la nomina di Marcello Viola, procuratore generale di Firenze, a danno di Giuseppe Creazzo.
I giudici amministrativi del Tar del Lazio ha infatti accolto due dei tre ricorsi contro contro l’atto del Csm con nomina di Michele Prestipino a procuratore capo di Roma. hanno accolto due che lo designava successore di Pignatone. Il Tar ha valutato favorevolmente la richiesta del procuratore Viola, inizialmente escluso dalla corsa all’incarico, nonostante il suo nome fosse stato proposto dalla commissione a maggioranza prima che la procedura avviata nella primavera 2019, venisse annullata.
Come si legge nella decisione conseguente al ricorso di Viola, “non risulta in atti una motivazione specifica sull’esclusione”, “per cui deve concludersi che, in realtà, la procedura di conferimento dell’incarico direttivo è stata “viziata ‘a monte’ dalla carenza di motivazione in ordine all’esclusione”, e questo “vale tanto più per la omissione di un candidato dapprima proposto e che aveva acquisito una legittima aspettativa alla valutazione comparativa finale, risultando anche all’uopo ascoltato in audizione”. Ne consegue che “l’omissione della valutazione”, “data dalla revoca della proposta a lui favorevole del 23 maggio 2019, appare priva della necessaria motivazione, in assenza di elementi oggettivamente riscontrabili a suo carico (rinvio a giudizio, apertura di procedimento disciplinare e simili)”.
Nel ricorso dei legali di Viola veniva evidenziato che il 23 maggio 2019 la V Commissione del Csm avanzò una proposta di delibera al Plenum del Consiglio Superiore della Magistratura , a maggioranza con quattro voti favorevoli a favore di Viola, e solo una per Francesco Lo Voi ed una per Giuseppe Creazzo.
La procura di Perugia in seguito avviò un’indagine sul magistrato Luca Palamara ed altri magistrati del Csm. Il Consiglio superiore aveva acquisito copia delle trascrizioni dalla Procura di Perugia e in seguito aveva disposto la revoca delle proposte originariamente formulate a favore di Viola, Creazzo e Lo Voi.
Nella seduta del 14 gennaio 2020 la V Commissione del Csm formulò tre nuove proposte: Lo Voi, Creazzo e Prestipino, all’epoca procuratore aggiunto a Roma della Procura guidata da Giuseppe Pignatone. Ed il Il 4 marzo 2020 il plenum del Csm, a seguito di un doppio ballottaggio, nominò Prestipino.
Gli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, difensori del Procuratore generale di Firenze Marcello Viola . hanno dichiarato che “Il Tar del Lazo ha rilevato come dalla documentazione relativa all’indagine di Perugia fosse emersa la qualità di parte offesa del dottor Viola rispetto alle ‘macchinazioni o aspirazioni di altri’”, aggiungendo “Il Tar ha altresì, rilevato come la decisione del Csm di non confermare la proposta volta al conferimento a Viola dell’incarico di Procuratore di Roma sia immotivata “in assenza di elementi oggettivamente riscontrabili a suo carico. Per effetto della sentenza, il Csm dovrà nuovamente procedere alla nomina del Procuratore della Repubblica di Roma, conformandosi ai principi di diritto affermati dal Giudice Amministrativo”.
Gli avvocati di Viola hanno sostenuto che il Csm ha ammesso come fosse evidente il “mancato coinvolgimento” del procuratore Viola rispetto al procedimento di Perugia e che lo stesso magistrato fosse “parte offesa rispetto alle macchinazioni o aspirazioni di altri”; ma dall’altro lato ha” illegittimamente revocato l’originaria proposta a favore di Viola e, senza esternare alcuna motivazione idonea a giustificare tale cambio di indirizzo, non ha formulato nei suoi confronti alcuna nuova proposta”.
Così facendo il Csm, secondo gli avvocati del magistrato Viola, avrebbe valorizzato, in modo decisivo, il “radicamento territoriale di Prestipino e la conoscenza da parte di quest’ultimo del contesto di riferimento della Procura di Roma, senza condurre correttamente il giudizio comparativo e omettendo di valutare i numerosi titoli e le importanti esperienze vantate da Viola”.
I legali citando specifici precedenti giurisprudenziali del Tar e del Consiglio di Stato, avevano evidenziato come “il Csm avrebbe errato nel ritenere prevalente il profilo di Prestipino nonostante lo stesso avesse svolto solo funzioni semidirettive (aggiunto presso le Procure di Reggio Calabria e di Roma) a fronte delle funzioni direttive svolte da Viola, procuratore a Trapani e attualmente procuratore generale a Firenze”. Infine, sempre secondo i difensori di Viola, il Csm avrebbe sbagliato nel valutare prevalente l’esperienza di Prestipino in materia di criminalità organizzata, senza tenere adeguatamente conto delle esperienze di Viola quale procuratore a Trapani e quale componente della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo e di Gip nel capoluogo siciliano.
Accolto anche il ricorso di Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo, sconfitto al ballottaggio in plenum nel marzo scorso da Prestipino. Nel caso di Lo Voi, già a capo di un ufficio di grandi dimensioni, il Tar ha sottolineato che se un candidato può “in concreto vantare indicatori specifici”, non significa che prevalga automaticamente sugli altri candidati, ma si “impone nondimeno l’onere di una particolare ed adeguata motivazione, nella valutazione complessiva”.
Secondo il Tar “non è dato comprendere perché, se per Prestipino la “raffinata conoscenza delle mafie tradizionali (in specie Cosa Nostra e ‘Ndrangheta) gli hanno consentito di cogliere e sviluppare sul piano processuale gli elementi di continuità e di originalità della situazione laziale e di quella peculiare della città di Roma, tale riconosciuta ‘conoscenza eccezionale’ dell’attività di Cosa Nostra da parte del dottor Lo Voi non possa consentirgli ugualmente di ‘cogliere e sviluppare’ come procuratore – presumibilmente in poco tempo o quantomeno in quello impiegato dal dottor Prestipino quale ‘aggiunto’ , l’originalità della criminalità laziale”.
Adesso la patata bollente torna al Csm, che dovrà decidere a sua volta se proporre ricorso dinnanzi al Consiglio di Stato.
Unico ricorso respinto dal TAR Lazio è stato quello presentato da Giuseppe Creazzo. Adesso per restare sulla sua poltrona Prestipino dovrà ricorrere al Consiglio di Stato, affiancato eventualmente dallo stesso Csm qualora voglia continuare a sostenere la sua nomina a Roma.