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5 Novembre 2024 01:24

A settembre parte il processo a Gaspare Cardamone per bancarotta fraudolenta

L'emittente tv Studio 100 è stata venduta all'asta fallimentare ed assegnata ad una società partecipata da Vito Luigi Blasi (60%) e Domenico Di Stante (40%) editore dell'emittente televisiva pugliese Antenna Sud, i quali sono subito entrati in un contenzioso civile. Ironia della sorte, anche il nuovo "editore" Vito Luigi Blasi è imputato a processo per il fallimento della Banca Valle d’Itria, istituto di credito cooperativo di Martina Franca, in provincia di Taranto.

Si svolgerà il prossimo 12 settembre a Taranto il processo per bancarotta fraudolenta bei confronti dell’imprenditore fallito Gaspare Cardamone 67enne, assistito dall’avvocato Gaetano Vitale. Il Gup del Tribunale di Taranto dr.ssa Rita Romano lo ha rinviato a giudizio accogliendo la richiesta del pm Mariano Buccoliero. In un primo momento Cardamone aveva pensato di optare per il giudicato con il rito abbreviato, ma in seguito probabilmente consigliato dal suo difensore ha optato per il dibattimento ordinario.

Gaspare Cardamone

Il processo a carico dell’imprenditore tarantino è in relazione al fallimento della storica emittente «Radio Taranto Stereo» al centro di ingarbugliate questioni di natura economica che, secondo le indagini della Guardia di Finanza di Taranto, vennero effettuate per consentire di sottrarre soldi alla società fallita, consentendo guadagni illeciti alla proprietà che era già pesantemente indebitata.

I finanzieri del comando provinciale di Taranto, indagando sulla delega ricevuta dal pm Buccoliero si erano incrociati anche con il fallimento dell’emittente televisiva Studio 100 Tv, di proprietà dei fratelli Gaspare e Giancarlo Cardamone. Fu così che le Fiamme Gialle scoprirono lo spacchettamento delle proprietà della radio della famiglia Cardamone in tre parti e la cessione tra giugno del 2016 e marzo del 2017 di altrettanti rami d’azienda che erano stati ceduti per 217mila euro a Radio Mobilificio Cantù , per 45mila euro a Radio Zeta srl e per altri 99mila euro a Rtl 102,500 Hit Radio per un totale complessivo di 361mila euro, cessioni effettuate allorquando le attività dei fratelli Cardamone stavano per fallire nuovamente . Qualche mese dopo l’ultima cessione di ramo d’azienda a Rtl 102,500 Hit Radio, consistente nelle proprietà delle frequenze, concessioni e impianti, la società venne dichiarata fallita dal tribunale di Taranto con provvedimento del mese di giugno del 2017.

Gli uomini della Guardia di Finanza presero atto che la cessione dell’intero patrimonio aziendale aveva di fatto impedito, di fatto, lo svolgimento dell’attività dell’emittente tarantina la cui “cassa” era stata “spolpata” restando priva di qualsiasi ricavo aziendale . Mentre contemporaneamente crescevano le perdite. I debiti dei fratelli Cardamone nei confronti dell’erario ammontavano a 1.756.625 euro alla data del primo luglio del 2016, oltre a quanto evidenziato dai finanzieri nelle loro informative alla Procura, ed ulteriori 595.893 euro nei confronti dei dipendenti: Alla data del 3 marzo del 2017 l’indebitamento era arrivato rispettivamente a 1.651.134 euro e 675.636 euro.

(dalla pagina Facebook di Mastermedia Club)

L’attività investigativa svolta dal Nucleo di polizia economica finanziaria, consenti di accertare altre presunte sottrazioni dalla liquidità della radio. Pagamenti privi di alcuna ragione giustificativa o di credito per un totale di altri 144.300 euro, in favore dello stesso Cardamone e di altre società riconducibili alla sua famiglia. Tra queste la «Mastermedia Club» nei cui uffici di piazza della Vittoria a Taranto imperversava Ignazio Stasi, stretto collaboratore di Giancarlo Cardamone ( e dove attualmente si è insediata la redazione tarantina della Gazzetta del Mezzogiorno) , la “Mastermedia Club” , la Jet srl (utilizzata per incassare pubblicità televisiva) e la «Media edizioni», quest’ultima amministrata dalla moglie di Gaspare Cardamone. il quale oltre alla bancarotta fraudolenta dovrà rispondere anche delle accuse di aver tenuto le scritture contabili in modo tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari societari.

Attualmente Gaspare Cardamone è costretto ad utilizzare il nome di suo figlio, che è l’unico in famiglia ad essere ancora “immune” ai problemi con la legge ed il fisco, con una società che vende pubblicità televisiva per le emittenti televisive private della provincia tarantina. Sono finiti i tempi di quando si atteggiava a tycoon dei due mari.

Il Gip Benedetto Ruberto

Nessun dubbio aveva avuto il gip Benedetto Ruberto del Tribunale di Taranto, nel giugno del 2020 davanti agli elementi indiziari raccolti dai militari della Guardia di Finanza sulla cessione di Studio 100 tv: “I fratelli Gaspare e Giovani Cardamone hanno dimostrato una pervicacia criminale che emerge inequivocabilmente dalla persistente consumazione di condotte in un ininterrotto arco temporale”.

Secondo l’accusa uno schema ripetuto, con un disegno strutturato che ha “contemplato la dismissione di cespiti positivi del loro patrimonio, in particolare l’emittente televisiva, per continuare a percepire i contributi del Mise, ai danni dei creditori e dell’Erario”. I fratelli Cardamone venivano indicati come “soggetti che non hanno esitato a porre in essere un piano sistematico per ottenere il massimo profitto, senza pagare il Fisco e sfuggendo alle iniziative di recupero dei loro creditori, assicurandosi di conservare il patrimonio nelle mani della loro famiglia e dimostrando una spiccata e pervicace indole delinquenziale”. Tutto questo, secondo il primo giudice, “prova che traggono dall’attività delittuosa i proventi per il loro sostentamento”.

Nel suo provvedimento il Gip Ruberto avevavalutato la personalità altamente negativa di entrambi gli indagati, già gravati da numerosi precedenti penali e giudiziari”. Gaspare Cardamone, che era amministratore unico delle due società dichiarate fallite, prima la Jet srl e poi la Mastermedia Club, “ha riportato due condanne per violazione delle norme sul diritto d’autore, ben sei per omesso versamento dei contributi previdenziali e ha anche precedenti per reati fiscali e uno per calunnia”. Il fratello e socio Giancarlo , ha “riportato una condanna per violazione delle norme sul diritto d’autore e due per bancarotta, una delle quali riguardante proprio la srl Studio 2000, già Studio100, per la distrazione del ramo d’azienda costituito dall’impresa televisiva ceduta alla Jet srl”. Nel fascicolo d’inchiesta era stata inserita dalla Guardia di Finanza anche una sentenza a suo carico che risale al 2002. A carico di Giancarlo Cardamone, altre “tre condanne per omesso versamento dei contributi previdenziali”.

Attività “illecite frequenti, mai interrotte, anzi perfezionate nel corso degli anni” scriveva il Gip Ruberto che “denotano la loro professionalità nel delinquere, tale da escludere la mera occasionalità della condotta” e la tendenza a “compiere imprese delittuose con modalità strutturate e sofisticare e a commettere condotte di bancarotta e frode fiscale”, contestate nell’ordinanza. “Delitti – scriveva il gip – determinati da motivi di lucro, in ambito societario e imprenditoriale”.

L’emittente tv Studio 100 è stata venduta all’asta fallimentare ed assegnata ad una società partecipata da Vito Luigi Blasi (60%) e Domenico Di Stante (40%) editore dell’emittente televisiva pugliese Antenna Sud, i quali dopo aver acquisito la televisione, sono subito entrati in un contenzioso civile. Ironia della sorte, anche il nuovo “editore” Vito Luigi Blasi si trova in veste di “imputato” nel processo penale per il fallimento della Banca Valle d’Itria, istituto di credito cooperativo di Martina Franca, in provincia di Taranto.

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