Con una comunicazione fatta questa mattina, Acciaierie d’Italia, ex Ilva, ha reso noto che da lunedi prossimo sono sospese le attività di 145 imprese dell’appalto nello stabilimento siderurgico di Taranto. Il presidente Franco Bernabè un mese fa in pubblico, di fronte alle telecamere in occasione del forum Ambrosetti aveva detto: “Dopo la perdita di maggioranza da parte di ArcelorMittal, Acciaierie ha vissuto sostanzialmente senza aver accesso al credito bancario: le nostre difficoltà sono importanti, non di mercato, ma di funzionamento dell’azienda in queste condizioni, in cui l’azionista di riferimento ha perso le sue caratteristiche originarie di privato e c’è una compartecipazione di due azionisti che devono dotare l’azienda di risorse importanti” aggiungendo di fronte a tutti i sindacalisti presenti al congresso nazionale della Uilm: “fino ad ora devo dire che Acciaierie sono state gestite in una situazione che in tanti anni di esperienza non ho mai visto: senza accesso al credito bancario, senza finanziamenti degli azionisti“.
L’ultima vicenda imbarazzante è il contenzioso venuto alla luce con Eni, che lo scorso il 30 settembre ha interrotto il contratto con Acciaierie d’Italia che ha accumulato un’esposizione debitoria arretrata di 300 milioni. Era tutto noto ma nessuno ha fatto niente. Adesso l’azienda prende il gas da Snam come fornitore di ultima istanza che concede servizio di defoult per 90 giorni. Acciaierie d’ Italia, Eni, Snam tre aziende pubbliche, di interesse strategico nazionale, e nessuno cerca di trovare una soluzione..
Da quando il governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte ha deciso di chiudere la partita con ArcelorMittal facendo subentrare il pubblico all’investimento previsto e vincolante di 4 miliardi, è stato un disastro. Incredibilmente è stato proprio il premier Conte a dare semaforo verde al nuovo piano industriale che prevede la riaccensione dell’ altoforno Afo 5, dopo aver deciso che avrebbe dovuto farlo lo Stato, ma nessuno del suo governo si è mai occupato di mettere a disposizione le necessarie risorse economiche le adeguate disponibilità economiche e verificare che venisse attuato.
Gli indiani ArcelorMittal rappresentati dall’ Ad di Acciaierie d’ Italia, Lucia Morselli, ha speso un miliardo proveniente dalle attività commerciali, e dai soldi confiscati ai Riva (400 milioni di Euro per realizzare la copertura dei parchi minerari) per ottemperare nei tempi previsti tutte le prescrizioni del piano ambientale ormai completo al 90 per cento, ma in cassa non ci sono soldi per acquistare e pagare le materie prime, i fornitori, le manutenzioni. Ma persino anche per pagare gli operai, messi in cassa integrazione dall’ormai ex ministro del lavoro Andrea Orlando.
“Con la sospensione dei contratti di appalto da parte di Acciaierie d’Italia si corre il serio rischio di superare il punto di non ritorno. Con questa sciagurata decisione del management dell’ex Ilva si incrementa a livelli insostenibili il numero dei lavoratori in cassa integrazione, considerando i 1.600 in Amministrazione straordinaria, i 3 mila dipendenti e tutti le migliaia di lavoratori dell’indotto interessati da questo atto. A questo punto ci chiediamo, dopo le esternalizzazioni fatte in questi anni da parte del management acciaierie D’Italia, come possa essere assicurata la continuità produttiva ma soprattutto la sicurezza degli impianti. Ora è necessario che il Governo faccia presto per assicurare una corretta gestione del più grande stabilimento siderurgico europeo e che faccia tutto il possibile per garantire l’occupazione, l’ambiente, la salute, la sicurezza e la continuità. A partire da lunedì, a valle dell’incontro con i parlamentari locali, partirà la mobilitazione da parte delle organizzazioni sindacali. Non c’è più tempo da perdere, non possiamo tollerare che si giochi sulla pelle su migliaia di lavoratori e il futuro di un’intera comunità”. Lo dichiarano Rocco Palombella, Segretario nazionale Uilm e Responsabile del settore siderurgico, e Davide Sperti, Segretario Uilm Taranto.
“Si tratta di un gesto gravissimo – dicono Valerio D’Alò e Biagio Prisciano, rispettivamente segretario nazionale e Taranto della Fim Cisl – che mette a rischio centinaia di posti di lavoro. La ricaduta occupazionale sarà massiccia. Se Acciaierie d’Italia e l’ad Lucia Morselli pensano di utilizzare questa situazione per premere sul Governo e cercare di ottenere le risorse del miliardo di euro del dl Aiuti, hanno sbagliato i conti e vedranno l’opposizione del sindacato”. Per D’Alò e Prisciano, “è poi singolare che questa stretta dell’azienda arrivi a poche ore dall’incontro che lunedi Fim, Fiom e Uilm avranno a Taranto con i parlamentari sulla situazione dell’ex Ilva. Anche questa è una forma di pressione, è una strumentalizzazione”.
Da mesi l’ex Ilva é in una pesante crisi di liquidità e di recente Confindustria Puglia ha reso noto che sono maturati crediti per 100 milioni relativi a lavori effettuati, fatturati e non pagati alle imprese dell’appalto.