Il Presidente della repubblica Sergio Mattarella ha telefonato la settimana scorsa a Salvatore Girone, il fuciliere di marina trattenuto dalle autorità indiane, per fargli gli auguri, ricordandogli e confermando che che tutto il Paese e le istituzioni sono impegnate per la soluzione della vicenda che coinvolge lui ed il suo collega Massimiliano Latorre che si trova in Italia per motivi di salute.
La vicenda dei due marò è un incredibile scontro governativo internazionale che si protrae da ben quattro anni, reso ancora più complicato da un contratto appena annunciato, con aspetti paradossali. Infatti la Fincantieri (società pubblica dello Stato italiano n.d.a.) ha dichiarato che sarà il consulente dei cantieri Mazagon per la progettazione di sette fregate stealth di ultima generazione, destinate al potenziamento della flotta indiana.
La Mazagon è una società posseduta dal governo indiano. E Fincantieri come dicevamo sopra, è controllata dallo Stato italiano. I due governi mentre stringono accordi e firmano contratti d’accordo per costruire navi da guerra, nello stesso tempo sono impegnati in un arbitrato dai toni a dir poco accesi sulla sorte dei due marinai .
Per l’azienda ligure si tratta certamente di un ottimo affare, dovendo guidare i tecnici indiani nella costruzione di sette unità navali della lunghezza ciascuna di 149 metri e dodate di tecnologie hi-tech, come si legge nel comunicato stampa: “La fornitura interesserà parte del progetto funzionale su impianti specifici, lo sviluppo della progettazione di dettaglio finalizzata alla costruzione integrata sui due cantieri, l’ottimizzazione dei processi di progettazione e costruzione modulare, il training e l’assistenza tecnica per tutte le fasi del programma fino alla consegna”. Che tradotto in parole povere significa anni ed anni di lavoro insieme. Un decennio di collaborazione o giù di lì.
Ma che valore, importanza ha questo accordo ? E’ mai possibile e credibile che due governi che sono dovuti ricorrere a un arbitrato internazionale iniziato nello scorso novembre, con una serie di ritorsioni incrociate, come per esempio l’intervento italiano che ha tenuto l’India fuori dall’accordo sulle tecnologie missilistiche, adesso all’improvviso si mettano insieme a realizzare delle navi da guerra?
Nel giro di qualche settimana sarà possibile capire se l’accordo di Fincantieri influirà o meno sulla sorte dei marò. Il Governo italiano ha chiesto alla Corte che si occupa dell’arbitrato di far rilasciare Girone, in modo che il marò da quattro anni bloccato in India, possa far ritorno in Puglia per trascorrere parte delle festività con i suoi familiari. Il suo collega Latorre invece si trova già nel nostro paese grazie a vari permessi ottenuti per motivi di salute, il cui ultimo scadrà il prossimo 13 gennaio.
L’origine dello scontro giudiziario-diplomatico.politico nasce il 15 febbraio 2012 quando sulla petroliera Enrica Lexie era stata imbarcata una squadra di uomini della Marina Militare italiana per la protezione dai frequenti attacchi dei pirati. Un peschereccio indiano sostiene di essere stato colpito dalla nave su cui erano a bordo Girone e Latorre, con la morte di due persone. Quattro giorni dopo i due “marò” italiani vennero arrestati dalle Autorità indiane con l’accusa di omicidio. Ad oggi, dopo oltre 4 anni, processo non è ancora iniziato. Le autorità italiane sostengono infatti che i nostri militari hanno sparato solo una raffica di avvertimento in mare. Quelle indiane invece ritengono che i proiettili recuperati nel corpo delle vittime siano costruiti in Italia e dello stesso calibro della armi in dotazione ai marò.
L’Italia, che non ha mai riconosciuto la responsabilità dell’omicidio, nel frattempo ha concordato una compensazione economica con le famiglie delle vittime e con l’armatore del peschereccio. Ma la suprema corte di New Delhi si è opposta e non ha ratificato l’accordo, demandando ogni decisione ai tribunali indiani.
Quattro anni dopo i fatti, l’unica cosa certa è stata la sospensione della presenza di pattuglie militari a bordo di navi civili, che era di fatto priva di logiche giuridiche, in assenza di una linea di comando chiara e forte, conseguente ad un “allegra” decisione del governo Berlusconi. Infatti nessun’altro Stato occidentale ha mai adottato una decisione simile, limitandosi alla presenza di proprie unità navali da guerra nei mari battuti dai pirati. Gli armatori che volevano avere una maggiore sicurezza potevano ingaggiare delle guardie private, facendosi carico di tutti i rischi, compresi quelli giudiziari. Dallo scorso aprile questa decisione è obbligatoria anche per le navi civili battenti bandiera italiana. Meglio tardi che mai.