di Alessandra Monti
E’ la notizia che nessuno sportivo avrebbe mai voluto ricevere: questa mattina ci ha lasciato un vero uomo di sport: Sinisa Mihajlovic. Si è spento in una clinica di Roma all’età di 53 anni. L’ex allenatore del Bologna ammalatosi di leucemia nell’estate 2019, è diventato un simbolo della lotta alla malattia, circondato dall’amore dei tifosi di tutta Italia, che ne apprezzano il cuore e la generosità nell’affrontare una partita così importante. Aveva reso noto della sua malattia in conferenza stampa il 13 luglio 2019: “Ho la leucemia, ma la batterò giocando all’attacco” senza però lasciare l’incarico di allenatore del Bologna. Pur a distanza, ha continuato a guidare i suoi ragazzi con passione e dedizione fino al ritorno in panchina, dopo alcune settimane e l’apparente guarigione. Il 29 ottobre 2019 si era sottoposto ad un trapianto di midollo osseo al Sant ‘Orsola di Bologna, il 22 novembre l’uscita dall’ospedale , e purtroppo ad inizio 2022 i nuovi campanelli d’allarme. E’ cittadino onorario di Bologna. Oggi l’annuncio della famiglia che ha spento ogni speranza.
Poco più di una settimana fa, l’ultima sua apparizione pubblica, partecipando alla presentazione romana dell’autobiografia di Zdenek Zeman, : dimagrito, con l’inseparabile zuccotto in testa, ma burbero e divertente come sempre. La sua inaspettata presenza a sorpresa, aveva quasi tranquillizzato i presenti: le voci che la situazione clinica avesse preso una brutta e definitiva piega negli ultimi mesi erano sempre più insistenti. Parla di altro, non della sua situazione. Non sbatte in faccia i suoi problemi, li affronta a testa alta da vero uomo, da vero campione. Ha giocato sino all’ultimo secondo dei minuti di recupero di una maledetta partita durata più di tre anni.
Questo il comunicato della famiglia: “La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel.dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic. Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti. Coraggiosamente ha lottato contro una orribile malattia. Ringraziamo i medici e le infermiere che lo hanno seguito in questi anni, con amore e rispetto, in particolare la dottoressa Francesca Bonifazi, il dottor Antonio Curti, il Prof. Alessandro Rambaldi, e il Dott. Luca Marchetti. Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l’amore che ci ha regalato“.
Aveva iniziato la carriera da tecnico come vice di Mancini all’Inter, per passare poi a quella che sarebbe stata la sua prima e ultima panchina da allenatore, il Bologna. Poi Catania, Fiorentina, Sampdoria, Milan, Torino, una comparsata allo Sporting Lisbona durata solo 9 giorni (per il cambio del presidente) prima del ritorno nell’Emilia rossoblù. All’attivo anche un’esperienza sulla panchina della Serbia tra il 2012 e 2013.
Mihajlovic aveva iniziato la carriera da calciatore in patria, nell’allora Jugoslavia. Figlio di madre croata e padre serbo, era nato a Vukovar ma cresciuto nella vicina Borovo, dove aveva mosso i primi passi da giocatore prima di passare alla Vojvodina. Nel 1990 il grande salto alla Stella Rossa Belgrado nella squadra dei “fenomeni”, quella di Savicevic, Prosinecki, Stojanovic, Jugovic, con cui vinse la Coppa dei Campioni battendo in finale al San Nicola di Bari l’Olympique Marsiglia. Arrivato in Italia nel 1992 aveva firmato per la Roma, nel nostro Paese che era diventato la sua seconda patria. Dopo la Roma, aveva giocato nella Sampdoria, Lazio ed Inter. In ogni squadra in cui ha giocato ha sempre vinto qualcosa o lasciato comunque il segno con una delle sue micidiali punizioni. Il ritiro dall’attività agonistica nel 2006 dopo aver realizzato 69 gol e servito 55 assist in 455 partite.
Il premier Giorgia Meloni con un post su Facebook ha voluto ricordarlo: “Hai sempre lottato come un leone, in campo e nella vita. Sei stato esempio e hai dato coraggio a molte persone che si trovano ad affrontare la malattia. Ti hanno descritto spesso come un sergente di ferro, hai dimostrato di avere un grande cuore. Sei e resterai sempre un vincente. Addio Sinisa“.
Senza parole e con gli occhi gonfi di lacrime i membri (e amici) del suo staff: tutti ovviamente erano a conoscenza delle cure cui Sinisa si stava sottoponendo, ma non potevano immaginare un peggioramento così rapido delle sue condizioni di salute. Roberto Mancini, suo “fratello” dai tempi della Samp e poi della Lazio: insieme, guidati da Eriksson, hanno regalato al club allora presieduto da Cragnotti lo scudetto del 2000, è In lacrime da giorni . Profondamente addolorati i tifosi della Lazio, da sempre legatissimi a Mihajlovic, che ha giocato in biancoceleste per sei stagioni, dal 1998 al 2004, non a caso il periodo più vincente della storia laziale. In questi ultimi anni così difficili, non gli hanno fatto mai mancare il loro sostegno e affetto. Ricambiato, peraltro: come spesso da lui ribadito, Sinisa era rimasto tifoso della Lazio, passione trasmessa ai suoi figli.
Mihajlovic aveva scelto tre fotogrammi per sintetizzare la sua vita: “La prima volta che ho visto Arianna; la nascita dei miei figli; la rincorsa, il sinistro e la palla all’incrocio“. Purtroppo quest’ultima palla è uscita. Ciao guerriero, ci mancherai.
L’ultimo saluto a Sinisa Mihajlovic è previsto per lunedì: i funerali verranno celebrati il 19 dicembre alle 11 nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, in Piazza Esedra a Roma.