Il quorum non è stato raggiunto: al referendum trivellazioni hanno votato solo il 31,4% degli elettori (dato parziale) e quindi la consultazione non è valida. Inutile quindi la probabile maggioranza dei Sì che uscirà dallo spoglio in corso. La norma che il referendum voleva abrogare sulla proroga delle concessioni ai giacimenti attivi rimarrà in vigore così com’è, ovvero l’attività di estrazione potrà continuare fino all’esaurimento del giacimento. Ancora, in questo caso bisogna ipotizzare che la tendenza che vede uno spostamento dalle fonti energetiche fossili a quelle “pulite” verrà rallentata o arrestata. E che in particolare il gas (e in parte anche l’estrazione di petrolio) possa continuare ad avere un peso significativo nel mix energetico del Paese.
Ma quante sono le trivelle in mare? Quanto producono? Su questo è difficile dare dati condivisi e certificati. Complessivamente le piattaforme che si trovano all’interno della fascia delle 12 miglia sono 92, su un totale di 135 «trivelle». Quelle realmente attive sarebbero però soltanto 79. Secondo i numeri riportati dall’Eni, queste «trivelle» vicino alle coste italiane hanno una produzione molto elevata, ovvero circa 2,7 miliardi di metri cubi di gas (il 60% del totale della produzione nazionale) e 4 milioni di barili di petrolio (il 73% del totale prodotto in Italia). Secondo i dati di Greenpeace, invece, 35 delle 88 piattaforme esaminate hanno esaurito totalmente il loro ciclo industriale; altre 6 piattaforme risultano «non operative» e 28 sono classificate come «non eroganti». Di quelle operative, invece, solo 24 piattaforme registrano una produzione degna di nota.
L’affluenza nelle città e nelle regioni.
Con una percentuale media del 33,26% (dati sempre alle 19), la Basilicata è stata la regione italiana che ha registrato la più alta affluenza, seguita dal Veneto, con il 28,58% e poi dalla Puglia, con il 28,28%. A Matera la percentuale è del 34,20, ed è la provincia italiana che registra l’affluenza più alta in Italia, seguita da Lecce con il 33,79. A Potenza, invece la percentuale è del 32,77%.
La provincia con la più alta partecipazione è quella di Lecce con il 33,79% dei votanti. Segue Bari con il 28,50%, e terza Taranto con il 28,31%. Nel brindisino ha votato il 27,61%, e nella provincia di Barletta-Andria-Trani, il 24,58%. Ultima la provincia di Foggia, con il 23,29%, che è anche l’unica delle sei province pugliesi a fermarsi al di sotto della media nazionale (23,48%)
I numeri degli aventi diritto al voto alle urne. Il corpo elettorale si divide in due parti, quello in Italia e quello all’estero. Sul territorio nazionale sono chiamati al voto 46.887.562 elettori, di cui 22.543.594 maschi e 24.343.968 femmine. A questi vanno aggiunti i 3.898.778 elettori residenti all’estero, di cui 2.029.303 maschi e 1.869.475 femmine.
Balza all’occhio il risultato della provincia di Lecce (33,8%) e quello della provincia di Matera con il 34%: fra i comuni capoluogo Potenza segna un 42,7% e Lecce oltre il 37%, tutte cifre che la dicono lunga sulla sensibilità della gente della Basilicata interessata dallo scandalo dell’inchiesta o da quella del Salento, alle prese con la contestatissima vicenda del Tap e territorio del viceministro Teresa Bellanova.
In attesa del dato definitivo ufficiale delle 23, in alcuni comuni del Salento (Acquarica del Capo, Melendugno, Presicce, Trepuzzi) l’affluenza avrebbe superato (fonti ufficiose) il 50%. Anche Bari, “feudo” del renziano Antonio Decaro che ha scelto la posizione della scheda bianca posizionando a metà tra l’astensione al voto del Premier e il «sì» del governatore Emiliano, sembra andare in controtendenza rispetto alle aspettative del Pd nazionale: alle 19 aveva votato più del 30% degli aventi diritto.
Nella città di Potenza ha reso noto Antonello Molinari segretario provinciale del Pd , riferendosi ad elaborazioni del partito “è stato da poco superato il 50 per cento dei votanti al referendum“. A Potenza ha votato questa mattina anche il leader della sinistra dem Roberto Speranza.
Su cosa si è votato. Gli elettori erano chiamati in sostanza a dire se vogliono che “quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?“.
Si è trattato di un referendum abrogativo: in caso di vittoria del Sì (ovvero Sì alla cancellazione di una parte della legge che le proroga “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”) le concessioni per gli impianti di estrazione di gas e petrolio entro dodici miglia dalla costa non sarebbero state rinnovate.
Con il fallimento del referendum (che equivale a una vittoria del No) la norma rimane in vigore così com’è, ovvero l’attività di estrazione potrà continuare fino all’esaurimento del giacimento.