E’ stato il palco del Meeting di Rimini ad offrire ai leader dei vari partiti (‘grande assente’ il Movimento 5 stelle) e non il tanto discusso dibattito in tv, la prima possibilità di confrontarsi vis a vis su diversi temi, dal caro bollette alle tasse sul lavoro, passando per la scuola e la formazione, fino al criticato su più fronti reddito di cittadinanza.
Enrico Letta, Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Antonio Tajani, Ettore Rosato e Maurizio Lupi hanno sul piatto di una affollata platea che ha riservato una vera e propria ovazione per Lupi, “giochi in casa”, gli dice Giorgio Vittadini, ma l’accoglienza è stata molto calorosa anche per Meloni , le proprie ‘ricette’ che rispecchiano le divisioni politiche che stanno surriscaldando la campagna elettorale.
Da una parte i leader di FdI e Lega, con il coordinatore nazionale di FI e lo stesso Lupi, dall’altra il leader dem e il fondatore di Impegno civico. Nel mezzo il presidente di Italia viva. Ma lo scontro (e un accenno di ‘convergenza’) è stato ancora una volta polarizzato da Letta e Meloni, che non si risparmiano stilettate reciproche (ad esempio sulla riforma cara a FdI sul presidenzialismo).
A marcare le differenze tra Meloni e Letta è innanzitutto il tema dell’energia e del caro bollette. Il segretario del Pd torna a sollecitare un intervento italiano sul tetto del prezzo del gas, da determinare in sede interna per almeno 12 mesi, in parallelo con l’azione portata avanti dal nostro Paese in sede Ue.
Una ricetta che la Meloni contesta, anzi mette in guardia dai rischi che potrebbe comportare. “In Italia dobbiamo subito prenderci tutti l’impegno e fare una eccezione alle regole ora saltate, del mercato dell’energia elettrica in Italia: dobbiamo fare in modo che per 12 mesi i prezzi siano amministrati in Italia e che ci sia un tetto alle bollette del gas e dell’energia. Si tratta di intervenire con una legge, è necessario e lo si può fare subito e ha un effetto immediato. I prezzi devono essere amministrati in Italia su una soglia più bassa altrimenti il sistema salta perchè la strategia di Putin è strangolare l’Europa”, dice Letta.
No, bisogna agire in sede Ue, replica Meloni: “Sono favorevolissima al price cap a livello europeo, attenzione a fissarlo in Italia, perchè le società” che gestiscono l’energia “sono quotate in borsa e non nazionalizzate, quindi che facciamo, mettiamo noi i soldi poi per far comprare ad esempio a cento l’energia ai paesi Ue con cui siamo interconnessi?”, è la critica che avanza la leader di FdI.
Tutti d’accordo, comunque, sul fatto che bisogna intervenire sul prezzo dell’energia al più presto: “E’ urgentissimo, senza attendere il nuovo governo, riuscire ad approvare il tetto massimo europeo al prezzo del gas“, scandisce Luigi Di Maio, che lamenta “troppe ambiguità e timidezze soprattutto da parte del centrodestra“. Per Tajani “il tetto al prezzo del gas è una battaglia da combattere in Europa“.
Salvini rilancia il nucleare: “Va bene il tetto” al prezzo del gas, “ma in questo momento nel mondo sono in costruzione cento centrali nucleari che producono energia pulita e sicura. Abbiamo bisogno del nucleare”, sostiene.
Altro tema che vede contrapporsi il segretario Pd e la leader di FdI è la riforma costituzionale in senso presidenziale. “Faremo di tutto perchè il paese non scada nel presidenzialismo, no a scorciatoie ma bisogna rafforzare la centralità del parlamento”, avverte Letta. Caustica la replica di Meloni: “Bisogna rimettere i cittadini al centro delle scelte. A questa nazione serve un legame diretto tra voto e governo” e per raggiungere questo obiettivo serve “una modifica costituzionale” in senso presidenzialista, “sarebbe utile. Lo dico a Letta che ai francesi vuole bene: non mi sembra che quello francese sia un sistema così impresentabile”.
Distanze tra gli schieramenti si registrano sul tema della scuola: forse anche perchè consapevoli della platea che hanno di fronte, Tajani, Salvini e Lupi insistono sulla necessità che sia garantita vera parità tra scuola statale e scuola paritaria. Il coordinatore nazionale di Forza Italia fa un passo in più e chiede “il diritto della libertà di scelta” in capo alle famiglie sul dare ai propri figli “una educazione cristiana”.
Salvini (che si schiera a difesa della vita) chiede lo stop al numero chiuso a Medicina e la gratuità dei testi scolastici fino alle superiori. Letta insiste sull’aumento degli stipendi degli insegnanti, mentre Meloni propone borse di studio per offrire le stesse possibilità a tutti gli alunni.
Infine il lavoro e gli stipendi. Temi che, a sorpresa, avvicinano i due ‘contendenti’: Meloni e Letta concordano sulla necessità e l’urgenza di intervenire sul taglio delle tasse sul lavoro per aumentare i salari. “Il reddito di cittadinanza va cambiato in modo significativo, serve uno strumento contro la povertà, ma sul tema del lavoro c’è bisogno di altre iniziative. Il salario minimo è una misura fondamentale, ma va gestita nelle relazioni fra sindacati e imprese nel modo giusto“, spiega il segretario del Pd. Secondo il quale, però, il primo intervento da mettere in campo è “la riduzione delle tasse sul lavoro”.
Per Letta “tutto quello che possiamo mettere nella riduzione delle tasse, va messo per ridurre le tasse sul lavoro. Se non siamo in grado di fare una scelta shock per dare ai lavoratori più soldi in busta paga non saremo in grado di dare ai lavoratori un futuro di speranza”, avverte. E Meloni si associa: “Il tema del salario non si risolve solo con il salario minimo. Il problema semmai è un altro e su questo sono d’accordo con Enrico Letta: l’unico modo” per aumentare gli stipendi “è abbassare la tassazione sul lavoro. Tagliare il cuneo fiscale per aumentare i soldi in busta paga, sono assolutamente convinta che parlare solo di salario minimo non risolve il problema, dobbiamo parlare del tema del cuneo fiscale”.
Infine, la leader di FdI rivela: “L’errore del reddito di cittadinanza è che ha messo sullo stesso piano chi può lavorare e chi non può farlo. Il lavoro ha sempre una dignità. Io sono stata insultata per anni perchè ho fatto la cameriera ma non sapete quanto mi ha insegnato fare quel lavoro, molto più che stare in Parlamento“.