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22 Luglio 2024 14:11
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Alberto Genovese condannato a 8 anni e 4 mesi per aver violentato due modelle dopo averle stordite con mix di droghe

Il giudice rispetto alla richiesta della Procura, ha aumentato di 4 mesi la pena a Genovese, che dovrà anche versare 50 mila euro di provvisionale alla ragazza 18enne violentata a «Terrazza Sentimento». Sarah Borruso La ex fidanzata di Genovese è stata condannata a 2 anni e 5 mesi
di Valentina Rito

L’ex imprenditore del web Alberto Genovese fondatore di Facile.it e della compagnia assicurativa Prima accusato di aver violentato sessualmente due modelle, è stato condannato nel processo abbreviato dal gup di Milano Chiara Valori nel processo con rito abbreviato che impone la riduzione di un terzo della pena, a 8 anni e 4 mesi di carcere, rispondendo dell’ imputato con l’accusa di aver violentato due modelle, dopo averle rese incoscienti con mix di cocaina e ketamina . È stata condannata a 2 anni e cinque mesi anche l’ex fidanzata Sarah Borruso, che era imputata per il caso di Ibiza, la quale ha raccontato di esser stata innamorata e succube di Genovese, ma di non aver mai commesso abusi sessuali.

Nelle scorse udienze il procuratore aggiunto di Milano, Letizia Mannella, e i pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, avevano chiesto una condanna a 8 anni di reclusione e a 80mila euro di multa per l’ex fondatore di molte start up digitali imputato con l’accusa di aver violentato, dopo averle rese incoscienti con mix di cocaina e ketamina, due modelle.

Una ragazza di 18 anni violentata durante una festa il 10 ottobre 2020 nel suo attico “Terrazza Sentimento” superattico con vista sul Duomo nel centro di Milano, per la quale la difesa dell’ex imprenditore ha chiesto di riconoscere la semi infermità mentale e, di conseguenza, una condanna al minimo della pena, e l’altra di 23 anni ospite nel luglio precedente, violentata a Villa Lolita una residenza di lusso a Ibiza, per la quale i legali Luigi Isolabella e Davide Ferrari hanno chiesto l’assoluzione per l’insussistenza del fatto in un “quadro di devastazione umana”, come l’ha definita il pm Stagnaro nella requisitoria dell’8 luglio scorso secondo la quale drogare le donne per trasformale in oggetti delle sue perversioni era “il modo di concepire la sua vita sessuale”. Il Gup Valori con la decisione ha riconosciuto l’ impianto accusatorio della Procura di Milano.

Alberto Genovese

Una consulenza e le stesse dichiarazioni di Genovese, avevano puntato molto sull’abuso di cocaina da parte del 45enne, che dava vita a festini a base di droghe e sesso, e pure su suoi disturbi psichici. Assoluzione richiesta anche dalla difesa di Borruso. “Mi avevano legato con le manette sia le caviglie sia i polsi – ha messo a verbale la giovane vittima diciottenne – . A un certo punto ho perso i sensi. Mi sono risvegliata il giorno dopo, accanto a me c’era Alberto anche lui nudo. Il lenzuolo era pieno di sangue“.

Un racconto che ha trovato pieno riscontro con i filmati acquisiti delle telecamere dell’attico recuperati dalla squadra mobile della Questura di Milano, diretta da Marco Calì, che ricostruiscono la notte di abusi. Dopo l’arresto una ragazza di 23 anni si presenta in questura e racconta una storia sovrapponibile a quella della diciottenne, vissuta qualche mese prima, a luglio, nel corso di una vacanza a Villa Lolita a Ibiza. Per questo episodio è stata indagata per violenza sessuale anche la ex fidanzata di Genovese, Sarah Borruso (difesa dall’avvocato Gianmaria Palminteri), che secondo la vittima avrebbe preso parte alla notte di sesso.

Alberto Genovese ha partecipato all’udienza svoltasi nell’aula Gup al settimo piano del Tribunale di Milano nel corso della quale i pm Stagnaro e Filippini hanno deciso di non replicare dopo le arringhe difensive concluse prima dell’estate. Genovese ha lasciato l’aula al settimo piano del palazzo di giustizia di Milano con un’espressione imperturbabile con lo sguardo puntato avanti e la mascherina indossata sul viso restando abbracciato alla sorella senza mai proferire parola nonostante le domande insistenti. dei cronisti.

I verbali della sua ex fidanzata

Ho amato un uomo che ha sempre e solo scelto se stesso, che non mi ascoltava, che non mi rispettava e che mi umiliava. Non voglio cadere nella vittimizzazione, perché mi prendo le mie responsabilità. Ho commesso degli errori, prima tra tutti ho calpestato la mia dignità, non mi sono imposta come avrei dovuto, sono stata ingenua pensando di trasformare l’Alberto di allora in un padre di famiglia”

Nel giorno della condanna l’ultima a uscire dall’aula con le lacrime agli occhi e grandi occhiali da sole sul naso è stata la sua ex fidanzata, Sarah Borruso, 27 anni oggi, diciotto in meno di Genovese, sorretta dalla madre e dal suo avvocato Gianmaria Palminteri. “Lei c’era, sapeva quello che faceva, ha partecipato attivamente», hanno sostenuto i pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, attraverso testimonianze, messaggi e chat raccolti dalla squadra mobile di Milano, diretta da Marco Calì.

Sarah Borruso ed Alberto Genovese

La Borruso in questi due anni è stata travolta da uno tsunami giudiziario e mediatico che si è abbattuto sulla sua vita, ha sempre rifiutato di raccontare pubblicamente la sua verità. Lo ha fatto, dove era giusto farlo e cioè nell’ aula del Tribunale, chiedendo di fare dichiarazioni spontanee nell’ultima udienza prima della sentenza. Ha ricostruito come è iniziata la sua storia con Genovese , iniziata nell’estate del 2019, dopo un suo lungo tenace corteggiamento.

“I primi mesi abbiamo vissuto una relazione normale, autentica, anche lui si mostrava innamorato quanto me”, ha spiegato la ventisettenne arrivata a pesare 44 chili “perché questa storia mi sta logorando“. ” Genovese mi diceva che non provava un sentimento così importante per una ragazza da molto tempo. Ho iniziato a vivere una sorta di favola, ero convinta di aver trovato l’anima gemella. In poco tempo era diventato la mia ragione di vita, il mio tutto“.

Con queste parole Sarah Borruso ha spiegato come è entrata “a far parte del mondo dell’imprenditore” fatto di feste e vacanze patinate, di droga, tanti soldi, “in un quadro di devastazione umana“, come l’hanno definita i pm convinti della “piena volontà” degli atti che la accusano di aver commesso.

“L’unico problema che si è palesato sin dall’inizio della nostra relazione era l’uso smodato di sostanze. Le richieste sessuali più spinte, tra le quali i rapporti a tre, sono arrivate solo dopo. Insieme alla droga, ai giorni interi che passavamo a farne uso senza dormire, né mangiare“. Davanti al giudice e al suo ex, all’associazione antiviolenza Dire, la quale ha poi deciso di rinunciare a costituirsi parte civile contro di lei, la Borruso ha provato a spiegare il suo disagio nei rapporti a tre, a cui però avrebbe in più occasioni partecipato, secondo le testimonianze raccolte nel corso delle indagini.

“Non sapevo come si facesse – ha raccontato la ragazza ventisettenne –, per me era già difficile accettare di condividere il mio fidanzato con un’altra, spesso mi sentivo in difetto o di troppo. Provavo un senso di vergogna indescrivibile. Capitava di rimanere immobile, di continuare a drogarmi solo perché non avrei saputo cos’altro fare, perdevo tempo in bagno, o me ne andavo dalla stanza. È difficile spiegare le emozioni conflittuali che vivevo in quei momenti, da un lato provavo la paura di perderlo e dall’altra il senso di disgusto nel toccare certi picchi“.

La Borruso che si è trasferita dalla madre lontano da Milano, ha fatto un percorso di riabilitazione dalla droga e si è iscritta alla facoltà di psicologia, ed ha provato in aula a respingere la ricostruzione della Procura milanese, che in questo filone d’inchiesta la accusava di aver partecipato alla violenza sessuale di una ventitreenne a “Villa Lolita“, in una vacanza a Ibiza. “Voglio dire per l’ennesima volta che i rapporti a tre non erano volontà mia, non erano un mio desiderio, ma solo di Alberto. Era lui che li desiderava e io mi prestavo perché – ammette – essendo stata innamorata non vedevo molte altre alternative se non quella di perderlo”.

Sarah ha così concluso le sue dichiarazioni:La mia paura più grande sapete qual è? Quella di essere condannata perché sono stata la fidanzata di Alberto Genovese. Non fatelo, per favore“. Ma per i pm non è così ed anche per la giudice che l’ha condannata. Adesso l’ intero collegio difensivo, compresi gli avvocati Luigi Isolabella, Davide Ferrari e Stefano Solida che hanno assistito l’ex imprenditore Genovese, attendono le motivazioni della sentenza per valutare l’opportunità di poter ricorrere in appello.

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