In questo nuovo filone di indagine sullo scandalo dei rifiuti nella Capitale, c’è una vicenda emersa da un’inchiesta del 2013 della procura di Roma che sembra tornare di grande attualità, cioè quella sullo smaltimento dell’umido, avvenuto in quegli anni, negli impianti di società per azioni che operano fra Padova e Pordenone. La Bioman, una delle due aziende, molto all’avanguardia nel settore, ha ricevuto appalti da Ama Roma per più di venti milioni di euro, e li ha avuti quando l’impianto della municipalizzata si è bloccato per lavori di ristrutturazione del piazzale. Tra la Bioman e l’Ama c’è un collegamento imbarazzante per il Movimento 5 Stelle che conduce al neo assessore Paola Muraro.
L’INCARICO DELLA MURARO
La Muraro nella sua attività professionale ha svolto un periodo di lavoro proprio presso la società Bioman per la quale dal 2010 al 2012 ha rivestito incarichi di “assistenza tecnico-amministrativa per la predisposizione di atti autorizzativi e collaborazione nella preparazione di documenti gestionali“. Ed inoltre secondo quanto scritto nel suo curriculum , anche di “consulente” riguardo “all’impianto di recupero energetico e compostaggio: attività di autocontrollo, redazione ed attuazione di un Programma di gestione qualità“.
Due anni nei quali ha la Muraro continuato a mantenere contemporaneamente la sua consulenza con l’Ama, dove è rimasta fino al 2016, prima di essere nominata assessore da Virginia Raggi del Movimento 5 Stelle appena eletta sindaco della Capitale . La Muraro è andata via dalla Bioman, dunque, quattro anni prima, portando con sé l’esperienza accumulata in quella virtuosissima società.
LE DENUNCE IN PROCURA A ROMA
Accade però che nel 2013 i rifiuti organici di Roma vennero costretti a prendere la strada per il Friuli Venezia Giulia, in conseguenza della sospensione temporanea dell’attività dell’impianto Ama per il compostaggio. La Procura di Roma che già sta indagando sullo scandalo dei rifiuti, viene sollecitata da nuovi esposti e denunce, nei quali si chiede come mai la municipalizzata avesse preferito l’azienda del Nord Italia, piuttosto che Maccarese.
L’impianto vicino al mare era certamente insufficiente ad accogliere il 65 per cento dell’umido secondo quanto richiesto dagli standard europei. Ne avrebbe potuto ospitare il 25 per cento, perché era in disuso per via di alcuni lavori in corso. Sembra, però, che sia rimasto misterioso, il perché siano state scelte due società venete e friulane, e quanto questa operazione sia costata al Comune e ai cittadini.
All’epoca dei fatti Legambiente che denunciava un piano di smaltimento dei rifiuti “inaffidabile e illegittimo” insorse pubblicamente e venne messo in luce anche che Maccarese, per quanto limitata dal punto di vista della capienza, avrebbe potuto, comunque, essere utilizzata.
In quella occasione l’Ama, oltre a precisare che le due aziende Sesa e Bioman erano state scelte sulla base di un regolare bando di concorso, puntualizzò che tutto questo non avrebbe inciso sui costi del servizio effettuato per conto del Comune di Roma. Ma questa vicenda adesso sembra tornare di attualità tanto da trovare spazio nei fascicoli di inchiesta aperti dalla procura di piazzale Clodio, per tentare di fare chiarezza su questa delicata questione.