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21 Novembre 2024 21:46

Appalti & Mafia: l’ex procuratore di Roma Pignatone indagato dalla procura di Caltanissetta

L'accusa nei confronti dell'ex magistrato è di aver insabbiato le indagini del 1992 sui rapporti tra esponenti di Cosa Nostra e il gruppo guidato da Raul Gardini. Con lui sono indagati l'ex pm Natoli e il generale della Guardia di Finanza Screpanti. ALL'NTERNO L'ATTO DELLA PROCURA CON I CAPI D'IMPUTAZIONE

Anche l’ex procuratore aggiunto di Palermo Giuseppe Pignatone che oggi presiede il tribunale della Città del Vaticano ed è stato procuratore capo a Reggio Calabria e a Roma, risulta tra gli indagati nell’ambito del dossier “mafia e appalti”, venendo indagato dai pm nisseni per favoreggiamento alla mafia, e questa mattina poco dopo le 11, si è presentato nel palazzo di giustizia di Caltanissetta per essere interrogato, uscendone alle 12.30: si è avvalso della facoltà di non rispondere, ha però dichiarato la sua innocenza rispetto alle contestazioni. “Mi riprometto di contribuire allo sforzo investigativo della procura di Caltanissetta”. L’indagine è guidata dal pool coordinato dal procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca

Nello stesso fascicolo compaiono anche le iscrizioni dell’ex magistrato antimafia Gioacchino Natoli e del generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. presunti responsabili di aver insabbiato un’indagine proveniente dalla procura di Massa Carrara, l’inchiesta “mafia e appalti”, che sarebbe una delle cause della strage di via D’Amelio e per la quale l’ex pm Natoli chiese l’archiviazione nel giugno del 1992. Si tratta di una vicenda ricostruita davanti la Commissione nazionale Antimafia, nel settembre 2023, dall’avvocato Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, che con grande coraggio, ha spezzato il fronte finora granitico di una certa “antimafia” che per trent’anni ha proposto diverse tesi, a tratti deliranti, rivelatesi col tempo completamente prive di fondamento.

Forse oggi dopo 32 anni, qualcuno riuscirà finalmente a rendere giustizia a Borsellino. Lui che aveva già predetto la sua morte per mano della mafia, consapevole che alcuni suoi colleghi e altri esponenti avrebbero permesso che ciò accadesse. Così ha testimoniato a suo tempo la moglie Agnese Piraneo: “Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia a ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere“.

l’ex procuratore capo d Roma Giuseppe Pgnatone

Secondo l’accusa Pignatone, Natoli, Giammanco e Screpanti (ciascuno nel proprio ruolo) hanno aiutato i sospettati a “eludere le investigazioni“, svolgendo “un’indagine apparente” chiedendo e in particolare l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica “per un brevissimo lasso temporale” inferiore ai quaranta giorni “per la quasi totalità dei target”. Il tutto “solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione“. Inoltre, non sarebbero state trascritte conversazioni “particolarmente rilevanti “, da considerarsi “vere e proprie autonome notizie di reato”.

Le ipotesi della procura siciliana è che Pignatone possa aver avuto un ruolo “in concorso” con gli altri due indagati e con l’allora procuratore Pietro Giammanco(deceduto nel 2018) nell’insabbiamento delle indagini su mafia e appalti, su cui Paolo Borsellino iniziò a lavorare nel 1992 dopo la morte di Giovanni Falcone.  In particolare, il filone del 1992 riguardava i presunti rapporti tra i mafiosi palermitani Antonino Buscemi e Francesco Bonura e il gruppo guidato da Raul Gardini.

il Tribunale di Palermo

Gli indagati rispondono dell’ accusa di aver insabbiato un’indagine della procura di Palermo – all’epoca guidata da Gioacchini Natoli, che aveva origine da una segnalazione della procura di Massa Carrara sui mafiosi Buscemi e Bonura, poi confluita nel filone principale del capoluogo siciliano. Natoli tre mesi dopo, nel giugno del 1992, chiese l’archiviazione.

Il periodo in questione era “bollente”. generando molte polemiche da parte dei giornali contro il capo della procura Giammanco in merito alla suo conduzione del procedimento scaturito dal dossier. Lasciò un segno importante l’ estate del 1991, quando ad agosto di quell’anno avvennero due fatti significativi: l’ex pm Augusto Lama di Massa Carrara inviò un atto alla Procura di Palermo sulle indagini espletate nei confronti della Imeg, società riconducibile ai fratelli Buscemi. L’ atto venne preso in carico dall’allora sostituto procuratore Gioacchino Natoli, oggi indagato assieme al generale della Finanza Stefano Screpanti, perché sotto istigazione del capo procuratore di Palermo Pietro Giammanco, avrebbe insabbiato quell’inchiesta e protetto, tra gli altri, proprio i boss Buscemi.

Se l’ipotesi di reato formulata dall’attuale procura di Caltanissetta si rivelasse fondata, ci troveremmo di fronte a un periodo in cui, sotto l’istigazione di Giammanco, si sarebbe dovuto proteggere diversi soggetti mafiosi e imprenditoriali. È sicuramente una coincidenza e probabile errore di sottovalutazione che sempre nell’estate del ’91, quando la procura finalmente conferì deleghe di indagine al ROS dei Carabinieri riguardo al procedimento del dossier mafia-appalti, non ci fossero indicazioni per approfondire il ruolo dei fratelli Buscemi.

Pgnatone_caltanissetta

Nello stesso mese di agosto, l’allora capo procuratore inviò irritualmente il dossier mafia- appalti, nonostante fosse ancora coperto dal segreto istruttorio, all’allora ministro della giustizia Claudio Martelli. Per sua sfortuna venne portato all’ attenzione del giudice Falcone, stretto collaboratore di Martelli a via Arenula, che andò su tutte le furie e lo fece rispedire indietro accompagnato da una lettera, sotto suo consiglio durissima, sottoscritta dal Ministro di Giustizia. Se l’ipotesi di reato formulata dall’attuale procura di Caltanissetta si rivelasse fondata, ci troveremmo di fronte a un periodo in cui, sotto l’istigazione di Giammanco, si sarebbe dovuto proteggere diversi soggetti mafiosi e imprenditoriali. È sicuramente una coincidenza e probabile errore di sottovalutazione che sempre nell’estate del ’91, quando la procura finalmente conferì deleghe di indagine ai ROS riguardo al procedimento del dossier mafia-appalti, non ci fossero indicazioni per approfondire il ruolo dei fratelli Buscemi.

Generale GdF Stefano Screpanti

La difesa degli indagati

Lo scorso 5 luglio scorso anche l’ex pm Gioacchino Natoli era stato convocato nella procura del comune siciliano per potere essere interrogato: in quella circostanza si era avvalso della facoltà di non rispondere, riservandosi di chiedere alla Procura un successivo interrogatorio in cui fornire “ogni utile chiarimento“. Anche il generale Screpanti, all’epoca capitano della Fiamme Gialle, è stato interrogato e ha risposto alle domande dei pm nisseni.

Nelle audizioni di gennaio e febbraio scorsi, Natoli ha difeso il proprio operato, sostenendo di non aver seguito l’intero fascicolo mafia-appalti ma solo quello trasmesso dalla procura di Massa Carrara; intercettazioni poi archiviate perché – secondo l’ex pm – non sarebbe emerso nulla di penalmente rilevante.

Nel gennaio scorso, Natoli aveva chiesto di essere sentito dalla Commissione Parlamentare Antimafia sul tema oggetto dell’indagine di Caltanissetta, sollevato dall’avvocato Fabio Trizzino in una precedente audizione a Palazzo San Macuto: il marito di Lucia Borsellino, legale di parte civile della famiglia, aveva denunciato delle anomalie nell’inchiesta della procura di Palermo (coordinata da Natoli) sui mafiosi Buscemi e Bonura, segnalati qualche tempo prima dalla procura di Massa Carrara come in rapporti con il vertice del gruppo imprenditoriale Ferruzzi.

l’ex procuratore Gioacchino Natoli

Al termine di un’indagine lampo, durata soltanto tre mesi, Natoli aveva ordinato la smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni. In quel provvedimento, veniva anche dato l’ordine di distruggere i brogliacci delle conversazioni captate. “Nessuno ha mai distrutto le bobine di quelle intercettazioni fatte a Palermo, e tutte le 29 trascrizioni sono sempre rimaste allegate al fascicolo”, ha affermato Natoli in commissione antimafia. Il procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca, l’aggiunto Pasquale Pacifico e i sostituti Davide SpinaClaudia Pasciuti e Nadia Caruso sono ripartiti proprio da quelle bobine (recuperate dall’archivio della procura di Palermo) : i magistrati hanno incaricato i finanzieri del comando provinciale di Caltanissetta di trascrivere tutto il contenuto delle intercettazioni. E sono emerse non poche sorprese. Sono emerse, soprattutto, intercettazioni mai trascritte, centinaia e non solo 29, in cui c’erano spunti di indagine molto concreti. Per la procura di Caltanissetta, l’opposto di quanto sostenuto “Le intercettazioni diedero esito negativo” da Natoli davanti all’ Antimafia .

Anche nella caserma della Guardia di finanza sono scomparsi tutti i brogliacci. Natoli ha insistito in commissione antimafia. “Proprio perché quelle intercettazioni erano negative avevo disposto la distruzione delle bobine, com’era prassi all’epoca, per riutilizzare i dispositivi”. Ma dall’archivio della procura è spuntato solo quell’ordine di distruzione delle bobine. Ed anche Giuseppe Pignatone si è avvalso della facoltà di non rispondere !

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