Mai piu’ carcere per i giornalisti in caso di diffamazione ma solo pene pecuniarie. In compenso, obbligo di rettifica senza commento a favore dell’offeso. L’aula della Camera ha approvato ieri la proposta di legge sulla diffamazione arrivata al terzo passaggio parlamentare.
Il testo, modificato rispetto a quello trasmesso dal Senato, tornera’ a Palazzo Madama. Sono state soppresse la norma in base alla quale e’ il direttore a rispondere degli articoli non firmati e quella sul cosiddetto diritto all’oblio, il diritto cioe’ a eliminare dai siti e dai motori di ricerca le informazioni diffamatorie. Ecco, in sintesi, i punti principali che riguardano anche le testate online.
STOP AL CARCERE. Niente piu’ carcere per chi diffama a mezzo stampa ma esclusivamente una multa che va dai 5mila ai 10mila euro. Se il fatto attribuito e’ pero’ consapevolmente falso, si applica la multa da 10mila a 50mila euro. Alla condanna e’ associata la pena della pubblicazione della sentenza. In caso di recidiva, vi sara’ anche l’interdizione da uno a sei mesi dalla professione. La rettifica tempestiva sara’ valutata dal giudice come causa di non punibilita’.
RETTIFICA SENZA COMMENTO. Rettifiche o smentite, purché non inequivocabilmente false o suscettibili di incriminazione penale, devono essere pubblicate senza commento e risposta menzionando espressamente il titolo, la data e l’autore dell’articolo ritenuto diffamatorio. Il direttore dovra’ informare della richiesta l’autore del servizio. Tempi e modalita’ della pubblicazione in rettifica variano a seconda dei diversi media. Se pero’ vi e’ inerzia, l’interessato puo’ chiedere al giudice un ordine di pubblicazione (per il cui mancato rispetto scatta una sanzione amministrativa da 8mila a 16mila euro).
RISARCIMENTO DANNO. Nella diffamazione a mezzo stampa il danno sara’ quantificato sulla base della diffusione e rilevanza della testata, della gravita’ dell’offesa e dell’effetto riparatorio della rettifica. L’azione civile dovra’ essere esercitata entro due anni dalla pubblicazione.
RESPONSABILITA’ DEL DIRETTORE. Fuori dei casi di concorso con l’autore del servizio, il direttore o il suo vice rispondono a titolo di colpa se vi e’ un nesso di causalita’ tra omesso controllo e diffamazione, la pena e’ in ogni caso ridotta di un terzo. E’ comunque esclusa per il direttore al quale sia addebitabile l’omessa vigilanza l’interdizione dalla professione di giornalista. Le funzioni di vigilanza possono essere delegate, ma in forma scritta, a un giornalista professionista idoneo a svolgere tali funzioni.
LITI TEMERARIE. In caso di querela temeraria, il querelante puo’ essere condannato anche al pagamento di una somma da mille a 10mila euro in favore della cassa delle ammende. Chi invece attiva in malafede o colpa grave un giudizio civile a fini risarcitori rischiera’, oltre al rimborso delle spese e al risarcimento, di dover pagare a favore del convenuto un’ulteriore somma determinata in via equitativa dal giudice che dovra’ tenere conto dell’entita’ della domanda risarcitoria.
NORMA SALVA-GIORNALISTI. A meno che non si tratti di diffamazione dolosa, quanto pagato dal direttore o dall’autore della pubblicazione a titolo di risarcimento del danneggiato avra’ natura di credito privilegiato nell’azione di rivalsa nei confronti del proprietario o editore della testata. La norma cosiddetta salva-giornalisti e’ stata estesa durante l’esame in aula a tutti gli autori di pubblicazioni.
SEGRETO PROFESSIONALE. Non solo il giornalista professionista ma ora anche il pubblicista potra’ opporre al giudice il segreto sulle proprie fonti.
INGIURIA/DIFFAMAZIONE. Anche per l’ingiuria e la diffamazione tra privati viene eliminato il carcere ma aumenta la multa (fino a 5mila euro per l’ingiuria e 10mila per la diffamazione) che si applica anche alle offese arrecate in via telematica. La pena pecuniaria e’ aggravata se vi e’ attribuzione di un fatto determinato. Risulta abrogata l’ipotesi aggravata dell’offesa a un corpo politico, amministrativo o giudiziario