ROMA – Al momento viene data come confermata per domani a Milano la firma dell’intesa tra ArcelorMittal e Ilva in amministrazione straordinaria, firma che dovrebbe placare e chiudere i tre mesi di “guerriglia legale” (e di trattativa) tra le parti. Erano infatti i primi di novembre 2019 quando ArcelorMittal, gestore in fitto da novembre 2018 del gruppo siderurgico, comunicò formalmente il recesso dal contratto di fitto.
Starebbero arrivando in queste ore le diverse autorizzazioni controfimate all’accordo raggiunto dai legali delle rispettive sponde, che includono quella del ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, all’istanza dei commissari ILVA in as, Francesco Ardito, Alessandro Danovi ed Antonio Lupo con cui si chiede appunto il via libera del ministero alla firma.
Come primo effetto l’accordo produrrà la rinuncia al procedimento avviato a seguito dell’atto di citazione depositato da ArcelorMittal al Tribunale di Milano nei confronti dei commissari Ilva, atto in cui – dopo una lettera informativa alla stessa Ilva – si notificava la volontà di recedere dal contratto.
I legali dei commissari ILVA a loro volta a seguito del ritiro dell’atto giudiziario di ArcelorMittal, ritireranno il ricorso cautelare urgente, ex articolo 700, presentato contro ArcelorMittal al fine di bloccarne il disimpegno. Si osserva però che il ritiro dell’atto di ArcelorMittal provoca conseguentemente la decadenza di quello di ILVA in as.
La prossima udienza sui due ricorsi è stata fissata al Tribunale di Milano per il 6 marzo dopo le udienze precedenti del 27 novembre, del 20 dicembre e del 7 febbraio, tutte conclusesi con un rinvio sulla base del comune accordo che entrambe le parti non volevano far corso al giudizio perché stavano negoziando un’intesa stragiudiziale. Accordo che verrà quindi raggiunto dinnanzi al giudice il 6 marzo.
Contro la firma dell’accordo si è schierato il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci ( Pd ), un ex-agente portuale, che “tecnicamente” non ha voce ed alcun potere sulla questione, contestando ancora una volta il mancato coinvolgimento della città con le sue istituzioni.
Con l’ accordo che dovrebbe essere firmato domani , viene modificato il contratto che le due società avevano stipulato in precedenza che prevede che il nuovo piano industriale si articoli per il periodo 2020-2025. contenendo il completamento delle attività Aia e il “completo rifacimento dell’altoforno 5”.
E’ previsto l’ utilizzo del preridotto di ferro unitamente a delle nuove tecnologie “a minor impatto ambientale” e si realizzerà un forno elettrico “nell’ottica della graduale decarbonizzazione”. I livelli di produzione ottimale vengono fissati nell’accordo modificato a 8 milioni di tonnellate di acciaio. Per l’occupazione, l’accordo prevede il mantenimento dei livelli occupazionali con 10.700 dipendenti a regime.
Entro il 31 maggio 2020, “con riferimento al periodo necessario a raggiungere la piena capacità produttiva dello stabilimento di Taranto in base al nuovo piano industriale”, dovrà essere raggiunta “una soluzione che preveda il ricorso a strumenti di sostegno, compresa la cassa integrazione guadagni straordinaria, per un numero di dipendenti da determinare”. In relazione al prossimo ingresso dello Stato nella società, si specifica che “si è dovuto prevedere l’ipotesi che il nuovo contratto di investimento non si perfezioni e che Am Investco possa recedere dal contratto di affitto modificato”.
A fronte di tale facoltà, è previsto il pagamento di un importo di 500 milioni da parte della multinazionale. ArcelorMittal, potrà recedere infine, attraverso una comunicazione ufficiale da inviare entro il 31 dicembre prossimo, nel caso in cui il nuovo contratto di investimento non sia stato sottoscritto entro il 30 novembre. Sono quindi i prossimi mesi di maggio e novembre le tappe fondamentali per l’evoluzione dell’accordo in relazione agli aspetti occupazione e ingresso della parte pubblica.
Infine da segnalare che l’accordo non vi è alcun riferimento allo scudo penale relativamente al piano ambientale di cui ArcelorMittal ha beneficiato sino ad alcuni mesi fa e che è stato eliminato da una legge.