di REDAZIONE CRONACHE
Dopo la violenza della Polizia di Stato a Bolzaneto ed alla Diaz di Genova questa volta la “macelleria” con divisa della Polizia Penitenziaria si è svolta nel reparto Nilo del carcere “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere, che ospita solo detenuti comuni, ladri, piccoli spacciatori, rapinatori, detenuti ritenuti la bassa forza del popolo dei reclusi, senza “peso” e spesso anche senza avvocato di fiducia. Nessun camorristi, tantomeno “colletti bianchi“.
Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Alessandro Milita, e condotte dai pm Maria Alessandra Pinto e Daniela Pannone , della Procura di di Santa Maria Capua Vetere, erano originate dagli eventi del 6 aprile 2020, successivi a delle manifestazioni di protesta di alcuni detenuti ristretti presso la locale Casa Circondariale, avvenute il 9 marzo ed il 5 aprile 2020, episodi che rappresentano l’antecedente rilevante alle violenze operate il successivo 6 aprile. In particolare il 9 marzo 2020, presso l’Istituto carcerario sammaritano, un gruppo di circa 160 detenuti del Reparto “Tevere” – diverso da quello ove poi si consumeranno le violenze del 6 aprile -dopo aver fruito dell’orario di passeggio, rifiutava di far rientro nel Reparto, protestando per la restrizione dei colloqui personali imposta dalle misure di contenimento del contagio COVID 19, senza che peraltro si verificassero tangibili danni a strutture o forme di violenza, in assenza di denunce sul punto. Il 5 aprile 2020, seguiva poi una ulteriore protesta, operata da un numero imprecisato di detenuti del Reparto Nilo ed attuata mediante un barricamento delle persone ivi ristrette, motivata dalle preoccupazioni insorte alla notizia del pericolo di contagio conseguente alla positività di un detenuto al virus COVID-19. L’iniziativa rientrava nella tarda serata anche mediante l’opera di mediazione e persuasione attuata dal personale di Polizia Penitenziaria del carcere.
L’ indagine è nata grazie alla denuncia del garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, affidata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere ai Carabinieri di Caserta, che ieri hanno arrestati 26 persone sia uomini che donne tra funzionari ed agenti della Polizia Penitenziaria. Otto di loro sono finiti in carcere, gli altri ai domiciliari. Il gip dr. Sergio Enea ha disposto anche 3 obblighi di dimora e 23 interdizioni dall’attività di pubblico ufficiale, per un periodo diversificato, tra i 5 ai 9 mesi, nei confronti della comandante del Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziaria, Nucleo Regionale di Napoli, di Antonio Fullone Provveditore Regionale per la Campania, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nonché 21 fra Assistenti ed Agenti della polizia penitenziaria per la quasi totalità del personale in servizio presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
Quanto denunciato trovava un successivo ulteriore riscontro nella visita ispettiva, operata dal Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, nella serata del 9 aprile 2020, durante la quale alcuni dei detenuti allocati nel Reparto di isolamento Danubio – provenienti dal Reparto Nilo ed ivi trasferiti durante la sera del 6 aprile – riferivano di violenze patite, detenuti peraltro ancora recanti sul corpo i segni delle lesioni subìte ed ivi reclusi in condizioni degradanti. Emergeva, infatti, che alcuni detenuti ivi ristretti non avevano ricevuto biancheria da bagno, dotazione da bagno, biancheria da letto, lenzuola e cuscini, non erano stati visitati e comunque prescritta alcuna terapia – benché evidentemente presentassero ecchimosi e contusioni evidenti – e gli fosse inoltre impedito ogni colloquio telefonico con i familiari, ragione per cui questi ultimi erano all’oscuro dello stato di salute dei loro cari.
All’esito delle informazioni e della denuncia presentata la Procura della Repubblica, in data 10 aprile 2020, delegava i Carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere ad accedere presso la locale Casa Circondariale per estrapolare le registrazioni video disponibili, utili ad accertare la dinamica degli eventi del 5 aprile e, soprattutto, del 6 aprile 2020, così da appurare le modalità di svolgimento della perquisizione straordinaria. Nonostante un tentativo di ritardare o impedire l’acquisizione delle immagini, l’intero impianto di video-sorveglianza veniva sottoposto a sequestro l ‘11 aprile 2020; l’esito dell’estrapolazione delle immagini e la successiva visione – operata sia dai Carabinieri che personalmente dai Magistrati di Santa Maria Capua Vetere – risultava fondamentale alle indagini: era possibile accettare, in modo inconfutabile, la dinamica violenta, degradante ed inumana che aveva caratterizzato l’azione del personale impiegato nelle attività, persone difficilmente riconoscibili perché munite di DPI ed anche, quanto a numerosissimi agenti, di caschi antisommossa, unitamente a manganelli in dotazione – illegalmente portati seco – e persino di un bastone.
In particolare emergeva che gli sfollagenti erano stati utilizzati sistematicamente per percuotere un numero considerevole di detenuti, colpi inferti anche con violenza, in varie parti del corpo. Dalla visione dei filmati utili ( due degli impianti di video-registrazione erano peraltro inefficienti od oscurati) emergevano chiaramente le violenze esperite, rivolte alla quasi totalità dei detenuti del Reparto Nilo.
L’elevato grado di sofferenza fisica patito dai detenuti picchiati era immediatamente percettibile dalla visione dei filmati del circuito di video sorveglianza, emergendo in maniera tragicamente evidente che gli agenti di Polizia Penitenziaria infliggevano alle vittime colpi, volutamente violenti, imprimendo notevole forza sia quando li colpivano con schiaffi, pugni e calci, sia quando utilizzavano il manganello. Sulla base, poi, delle consulenze medico-legali disposte dal pubblico ministero su 15 persone recluse – a distanza di circa 10 giorni dall’evento – si evidenziavano ancora i segni, assolutamente visibili, delle percosse subite dalle vittime, ecchimosi violacee su varie parti del corpo, a dimostrazione dell’estrema violenza delle percosse inflitte ai detenuti, la cui acuta sofferenza patita non era dunque minimamente dubitabile. Attraverso poi gli esiti delle consulenze cui erano sottoposti numerosi detenuti era accertato il loro trauma psichico, evincibile dal narrato delle vittime e dalle condizioni di estrema prostrazione psicologica e di vero e proprio terrore nei riguardi dei loro carcerieri, elemento quest’ultimo attestato dalla estrema ritrosia manifestata nella proposizione di denunce o querele, di fatto presentate solo da una sparuta minoranza delle vittime.
A seguito delle dichiarazioni rese dalle vittime ed intercettazioni operate, per la necessità di identificare ulteriori agenti immortalati nelle immagini e ricostruire le vicende criminali, si procedeva a perquisizioni ed al sequestro degli apparecchi smartphone in uso alle persone individuate come coinvolte – a vario titolo e secondo gli specifici rispettivi ruoli – nell’azione criminale e lesiva e nelle torture e maltrattamenti patite dai detenuti, principalmente – ma non esclusivamente – nel pomeriggio del 6 aprile 2020. Durante le operazioni numerosi Agenti manifestavano preoccupazione, assembrandosi presso l’ingresso del carcere, di fatto ostacolando il regolare svolgimento delle operazioni; ciò rendeva necessaria una lunga e laboriosa opera di persuasione da parte dei Magistrati e Carabinieri.
Sono 117 in totale le persone indagate nell’ambito dell’inchiesta che ieri mattina ha portato i militari del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta e della Compagnia dei Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere, unitamente al personale di Polizia Giudiziaria del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, ad eseguire 52 ordinanze applicative di misure cautelari personali nei confronti di altrettante persone in servizio presso diversi uffici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria della Campania, principalmente presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
I Pubblici Ufficiali sono gravemente indiziati a seconda delle loro diverse rispettive posizioni e partecipazioni soggettive, a seguire meglio specificate dei delitti di concorso in molteplici torture pluriaggravate ai danni di numerosi detenuti, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico (anche per induzione) aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio.
I messaggi scambiati nella Polizia Penitenziaria
Prima della perquisizione del 6 aprile 2020 ( “Allora apposto domani chiave e piccone in mano” ; “li abbattiamo come i vitelli” …. “Allora non passa nessuno”, “Casino lo faranno ai passeggi perché sul piano se escono dalla cella 3 cretini e vogliono fare qlc ci sono i colleghi di rinforzo, saranno subito abbattuti”; “Ok domate il bestiame“, “i ragazzi sanno cosa fare“, “non sempre il mefisto serve ai banditi per fortunaQ‘, “ragazzi è arrivato il messaggio da Santa Maria,.alle quindici e trenta tutti in Istituto, si chiude il Reparto Nilo per sempre!. tutti i detenuti chiusi per sempre!.è arrivato l’ok!”, “Vi aspettiamo già in trincea”, “Spero che pigliano tante di quelle mazzate che domani li devo trova tutti ammalati”, “Entro le h 5.30 in tuta operativa tutti in Istituto .Si deve chiudere il Reparto Nilo x sempre, u tiemp re buone azioni e fernut-W la Polizia Penitenziaria#ii’),
Immediatamente dopo gli eventi stessi ( “il sistema Poggioreale“, “4 ore di inferno per loro“, “Non si è salvato nessuno“, “Applauso finale dei colleghi di Santa Maria”, “Aho ci siamo rifatti. 350 passati e ripassati” , “amo vinciut . .. “, “ripristinato ordine. 5 ore. È stato necessario usare forza fisica … Qualche ferito tra noi ma è stato un lavoro di altissimo livello … Pochi danni alla struttura … 200 sfollagenti … Gestita con strategia eccellente … ” … “Perquisizione indebolendo il loro potenziale … “, “qualche ammaccato tra i detenuti … Cose normali” , “abbiamo ristabilito un po’ l’ordine .. . l’ordine e la disciplina … ho visto cose che in sei anni non immaginavo nemmeno … ti dico solo questo .. . sette sezioni … non se ne è salvata nessuna … nessuna“, “e ‘è stato solo un carcerato del Tamigi che ha dato in cuollo ad un collega e lo hanno portato a base’ i celle. a base’ u fuosso … e niente. lo hanno portato a base’ u fuosso e come di rito ha avuto pure la parte soia”…. “come è stato non si può dire … però amo vinciuto … la polizia penitenziaria oggi ha vinto“, “Oggi si sono divertiti al Nilo … Hanno dato anche per te … Specialmente il tuo amico Tessari. sembrare na Pecorella …. E per di più stasera sta dormendo nella stanza dove sta la sorveglianza … Si e salvato solo Izzo Tommaso che stanotte aveva un po’ di febbre e sta da me … Ho provato in tutti i modi a provocarlo ma sì e mangiato la foglia“, “operazione pulizia a santa Maria, ho spostato 150 unità per perquisizione straordinaria al reparto dei disordini”, “Oggi noi dalle 15 e 30 alle 18 e 30 …. sistemati tutrice 400“, “Cmq dalle ore 16 alle 18 …. abbiamo fatto … tabularasa”, “Ho fatto tagliare la barba a tutti … I barbutoa (fj)(fj)(fj)(fj) “, “Oggi si sono divertiti al Nilo”, “Ke spettacolo“, “abbiamo messo a tacere i vari disordini e tutto ciò che li creava“, “È stato necessario il manganello”, “Hann kiavat i varrai a santamarijjjjj“, “A facce i killi puork i merd”… “Carcerati di merda” … “Munnezza” … “Orrendi, arroganti, skifosi”… “Dovrebbero crollare tutte le carceri italiane con loro dentro”),
Nei giorni successivi al 6 aprile 2020: (”ora stanno chiusi ….. ora stanno chiusi … domani stanno chiusi … .fanno solo passeggio, nemmeno la saletta …. Non fanno niente … poi si vedrà nei prossimi giorni …Possono uscire 1 x volta … Testa abbassata e mani dietro … Conta alzati in piedi vicino al letto … E chi nn lo fa giu al gabbione … Stamattina pasquale e Giulio ne hanno scesi 4 o 5 … nn possono fermarsi vicino a nessuna cella … Lavoranti chiusi … Neanche le salette … Solo passeggio … chiusura sempre …. Nessuno parla …. Solo grazie scusate ex favore … non vola una mosca …. Cmq S.Maria un casino e mo si fa peggio che non hanno trasferito quelli della rivolta che ieri so stati presi di forza”;
– A partire dal 10 aprile, momento dell’acquisizione delle immagini delle video-riprese relative alla perquisizione (“sarà un terremoto“… “La vedo nera”… “temo che domani sarà una carneficina” “ci andranno pesante” … “Volevano protestare fuori al carcere e consegnarsi in caserma” … “mo succede il terremoto” , “Pagheremo tutti@… 300 agenti e una decina di funzionari … Tutti quelli di Santa Maria .. Eravamo tutti presenti …Troppe persone coinvolte …. decapiteranno mezza regione …. oltre a chiudere Santa Maria Capua Vetere“; “Travolgerà tutti“… ” , “è stata gestita male e sta finendo peggio”… ‘‘finirà come la cella zero“, “Non vorrei pagare per tutti@” “sta cosa del nilo … Travolgerà tutti” , “Siamo ai piedi di pilato“, “mi arrivano brutte notizie da la, accussi nn ci ritiriamo proprio te piglio Na bella stanzulella a Secondigliano assieme a me e cifacimm Pasqua e Pasquetta assieme”, “Io sono in cerca di lavoro“),
Dialoghi e commenti questi che secondo la Procura di di Santa Maria Capua Vetere risultavano chiari nel dimostrare ulteriormente l’estensione dell’azione violenta e delle torture (per numero di autori e vittime), la programmazione dell’azione, la causale, nonché la consapevolezza delle conseguenze sanzionatorie correlate.
Secondo le indagini fu proprio il provveditore Regionale DAP per la Campania Fullone a disporre verbalmente quella perquisizione , che invece soltanto il direttore avrebbe potuto ordinare, perché, come ha poi scritto in alcune chat finita agli atti dell’inchiesta, “era il minimo segnale per riprendersi l’istituto” e perché “il personale aveva bisogno di un segnale forte“. Per la Procura ed il Gip come si legge nell’ordinanza, è “rappresaglia la perquisizione generale straordinaria” disposta senza alcun documento, altro non era quindi che “un motivo illegale, mera copertura fittizia per consumazione di condotte violente, contrarie alla dignità e al pudore delle persone recluse“.
La giornata seguente la “perquisizione straordinaria generale“ partivano i primi messaggi anche fra i dirigenti “Quattro ore di inferno per loro“, dice in una intercettazione telefonica Pasquale Colucci, comandante del Nucleo operativo traduzioni e piantonamenti del carcere di Secondigliano e comandante del Gruppo di Supporto agli Interventi – al telefono con Gaetano Manganelli, comandante della polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere. Intorno alle 20 Colucci annuncia che è stata “ristabilita la legalità a Santa Maria“, e aggiunge “4 ore di inferno per loro: l’operazione ha interessato 8 sezioni del Reparto Nilo. Non si è salvato nessuno“.
Lo scorso 6 aprile 2020 questi detenuti erano diventati “carne da macello” per la polizia penitenziaria che governa sezioni e reparti. La protesta del giorno prima dei detenuti del reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere , per avere le mascherine anti-covid durata poche ore e rientrata senza episodi violenti né danni alle strutture, viene invece valutata come un “segnale pericoloso”, e così non solo si mobilita il personale interno del carcere, ma a Santa Maria arrivano anche i rinforzi del Gruppo di supporto agli interventi, una struttura che comprende agenti di vari istituti di pena e che dipende direttamente dal provveditore regionale del Dap, Antonio Fullone, tarantino, ex direttore del carcere di Poggiorale, ed arrivano 300 agenti della Penitenziaria.
Successivamente al 6 aprile, in considerazione del modesto esito della perquisizione generale operata in quella data e delle notizie apparse sui media relative ai presunti pestaggi, venivano consumate una pluralità di condotte di falsificazione e di depistaggio volte a simulare il rinvenimento di strumenti atti ad offendere, così da attribuirne il possesso ai detenuti nella giornata del 6 aprile e sostenere la falsa rappresentazione del loro utilizzo per azioni violente nel corso della perquisizione. Tale dinamica documentale fraudolenta era inoltre diretta ad assecondare le false relazioni redatte in tempi di poco successivi allo stesso 6 aprile.
Le condotte venivano chiaramente accertate mediante le comunicazioni rinvenute sui dispositivi smartphone in sequestro, sia quanto al mandato illecito originario (le chat erano inequivoche: “Con discrezione e con qualcuno fidato fai delle foto a qualche spranga di ferro” … “In qualche cella in assenza di detenuti fotografa qualche pentolino su fornellino anche con acqua”), sia quanto alla concreta esecuzione della condotta, prima in modo esteso – essendosi proceduto a fotografare numerosi oggetti mai rinvenuti e predisposti ad hoc – poi nei limiti posti da uno dei partecipi (‘‘Abbiamo fatto delle foto eccellenti. ma il comandante ci ha stoppati …. Ha detto che non bisogna esagerare …. C’era anche l’ispettore ….. al quale ho detto che si andasse a controllare le foto …. Fatene giusto qualcuna …. Il comandante poi ha aggiunto chi ha esagerato deve assumersi la responsabilità … Si adesso che entro fotografo poche cose …. Dobbiamo ancora temporeggiare ancora qualche giorno cosi non avranno più segni …. L’ispettore e molto spaventato …. Ha detto dovete fotografare solo quello che avete trovato .. . Allora non ha fatto fare come ha detto il commissario … Cosa state facendo con queste foto.. Le vuole far andare avanti oppure no … il comandante… Vuole fare fotografare poche cose .. .I piedi dei tavoli …. Devo rifare tutto .. . Io avevo fotografato un arsenale … Devo rifare le foto … Solo quello che ti avevo detto …. Ho fatto anche la relazione su ciò che abbiamo rinvenuto durate la perquisizione straordinaria dei luoghi comuni“), venendo conseguentemente redatto un verbale di perquisizione straordinaria del 8 aprile 2020, falsamente rappresentativo di una avvenuta perquisizione di locali della Casa Circondariale e del rinvenimento e sequestro di oggetti atti all’offesa, in quella data, laddove nessuna perquisizione era stata realmente eseguita e gli strumenti d’offesa risultavano essere rinvenuti in circostanze di luogo e di tempo totalmente diverse, nella serata del 5 aprile 2020, dopo il barricamento dei detenuti, senza che all’epoca fosse disposto alcun sequestro.
All’esito ed in conseguenza della falsificazione documentale, venivano poi redatte una relazione ed una ulteriore informativa di reato, atti mendacemente espositivi dell’effettuazione di una perquisizione straordinaria in data 8 aprile e del sequestro degli ulteriori oggetti atti ad offendere – mai realmente rinvenuti in quella data ma soltanto nella sera del 5 aprile -, ricondotti alla data del 6 aprile al fine di sostenere ulteriormente la falsa accusa di resistenza e lesioni a Pubblici Ufficiali ed occultare le violenze commesse dalle Unità di Polizia Penitenziaria.
Conseguentemente alla predisposizione di false fotografie rappresentative del rinvenimento di un arsenale di strumenti atti ad offendere (eccedente di gran lunga quello poi oggetto di sequestro del 8 aprile) nonché di olio e liquidi bollenti, preparati all’interno di pentole e padelle, poste su fornelli per essere utilizzati ai danni degli Agenti di Polizia Penitenziaria (fotografie queste ultime scattate abusivamente ed artatamente all’interno di celle vuote, sfruttando l’assenza dei detenuti), veniva attuata una messa in scena finalizzata ad accreditare la tesi secondo cui le lesioni subite dai detenuti fossero causate dalla necessità di vincere la loro resistenza, fotografie inviate attraverso l’applicativo whatsapp ed acquisite a seguito del sequestro degli smartphone degli indagati.
All’esito della ricezione, le fotografie erano state oggetto dell’alterazione della data e dell’ora di creazione in modo da renderla coerente con quanto riportato in una falsa relazione redatta precedentemente dal Comandante del Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti del Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano, ritenuto uno dei principali responsabili della organizzazione della perquisizione del 6 aprile e delle conseguenti violenze, proprio afferente al rinvenimento di tali oggetti.
Le falsificazioni dei documenti e delle relazioni
Dopo la manomissione della documentazione, le fotografie erano state acquisite dal Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, Nucleo Regionale di Napoli e dunque trasmesse alla Polizia Giudiziaria procedente nelle indagini, facendole falsamente apparire come allegate alla relazione redatta dal Comandante del NOPT del Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano. Ancora, a seguire, le stesse fotografie manomesse venivano prodotte dal dr. Fullone, Provveditore Regionale per la Campania, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, produzione operata allo scopo di giustificare postumamente la perquisizione del 6 aprile 2020 e le violenze avvenute nella medesima data.
Secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere si trattava di un’artificiosa alterazione di una pluralità di documenti, utilizzati e da impiegare come elemento di prova, azione diretta ad occultare e conseguire l’impunità dei delitti oggetto delle indagini. Ulteriori condotte di depistaggio e frode processuale venivano attuate dagli indagati, sempre al fine di tentare di fornire una giustificazione, in tempi postumi, la perquisizione del 6 aprile 2020 e le violenze avvenute durante la giornata stessa. Dalle chat acquisite sui dispositivi smartphone di alcuni degli indagati, si appurava che il 9 aprile 2020, erano stati acquisiti indebitamente 5 spezzoni delle video-registrazioni operate in data 5 aprile 2020– relative alla protesta per barricamento – spezzoni che erano stati alterati mediante eliminazione dell’audio e della data ed orario di creazione, in modo da renderla coerente con quanto riportato nella falsa relazione del Comandante del NOTP di Napoli Secondigliano del 6 aprile 2020 in cui simulava di aver visionato, in tempo reale, ed acquisito gli spezzoni del video il medesimo 5 aprile, così artefacendo, con autonoma prova documentale, la dinamica degli eventi e in modo da tentare di giustificare, ex post, le violenze avvenute durante lo svolgimento della perquisizione del 6 aprile.
Dopo la manomissione di tale documentazione, gli spezzoni erano trasmessi dalla comandante del NIC, Nucleo Regionale di Napoli – servizio di Polizia Giudiziaria – ai Carabinieri procedenti nelle indagini, facendole apparire falsamente come allegati alla precedente relazione redatta dal Comandante del NOTP di Napoli Secondigliano, simulando dunque una dinamica totalmente inesistente. Ancora, a seguire, gli stessi spezzoni di video venivano prodotti dal Provveditore Regionale per la Campania allo scopo di giustificare le violenze avvenute nella medesima data, facendole apparire come volte a vincere la resistenza dei detenuti.
Dal sequestro di diversi dispositivi smartphone emergevano, infatti, le rivelazioni di atti segreti o riservati nonché informazioni sullo svolgimento delle indagini preliminari (informazioni sull’accesso, in data 1 O aprile, dei Carabinieri presso la Casa Circondariale di SMCV dirette all’acquisizione, su delega del P.M, delle video-registrazioni interne; informazioni sulle iniziative dei Carabinieri delegati all’acquisizione delle immagini registrate dal sistema di video-sorveglianza; informazioni sullo sviluppo delle indagini, segnatamente l’iniziativa della prossima richiesta di acquisizione tabulati dei cellulari sequestrati in data 6 aprile 2020 e della successiva richiesta inoltrata al Pubblico Ministero; informazioni sullo sviluppo delle indagini riguardanti la completezza della registrazioni delle video riprese relative alle violenze del 6 aprile; informazioni sul contenuto di una delega d’indagine ricevuta dal P.M, segnatamente quanto all’estensione dell’indagine rispetto agli elenchi del personale della Polizia Penitenziaria da identificare quale partecipe della perquisizione del 6 aprile 2020; informazioni sullo sviluppo delle indagini relative all’assunzione della deposizione di un detenuto e sulla personalità della persona interrogata)
Tali indebite rivelazioni, intenzionalmente sollecitate, venivano utilizzate per cogliere abusivamente dati rilevanti dello svolgimento di attività istruttoria, al fine di favorire gli indagati per i fatti del 6 aprile. Per i reati di favoreggiamento personale venivano disposte n. 2 ordinanze di misura cautelare della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio, eseguite nei confronti della comandante del nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria, Nucleo Regionale di Napoli e del Provveditore Regionale per la Campania.
Le operazioni illegittime della Penitenziaria
Quindici detenuti vennero costretti a trascorrere alcuni giorni in isolamento, sebbene non vi fossero motivi che giustificassero tale provvedimento. Un detenuto algerino affetto da schizofrenia, venne lasciato durante l’isolamento senza la terapia cui doveva sottoporsi regolarmente, assunse della droga (che non si sa come riuscì a procurarsi) e morì.
La perquisizione delle celle si è trasformata un pretesto per portare tutti i detenuti fuori, dove li aspetta un corridoio formato da agenti armati di manganelli e alcuni anche di scudi, in mezzo ai quali i detenuti sono costretti a passare venendo colpiti da una raffica di colpi alla testa, al tronco, alle gambe. Solo che nessuno si è preoccupato di spegnere le telecamere della videosorveglianza interna, probabilmente non temendo che quello che stava accadendo potesse essere denunciato all’esterno del carcere.
Ed invece quelle riprese filmate dalle videocamere sono diventate delle pesanti prove di responsabilità a carico degli indagati dell’inchiesta condotta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere. E vengono tutte descritte nell’ordinanza del giudice delle indagini preliminari del tribunale locale, dr. Sergio Enea.
Un detenuto Gennaro Cocozza viene prelevato dalla sua cella da tre agenti: “Lo trascinavano lungo il corridoio della sezione, lo costringevano a posizionarsi con le braccia alzate appoggiate al muro, a denudarsi e a fare le flessioni” dopodichè “lo conducevano fino all’ingresso delle scale“, dove “soggetti disposti su ambo i lati lo aggredivano con schiaffi al volto, pugni e calci, gli sputavano addosso e lo insultavano“. Sceso al piano sottostante, altri agenti nel corridoio “lo percuotevano alla testa con i manganelli, con ginocchiate, calci e pugni, provocando la fuoriuscita di sangue dal naso e dalla bocca“.
Un detenuto Antonio Flosco, veniva costretto a spogliarsi alla presenza anche di tre poliziotte per essere perquisito, ed un agente gli urla: “Oggi appartieni a me” e quando lui dopo il pestaggio torna in cella e sviene e il suo compagno chiede un po’ d’acqua per aiutarlo a riprendersi, ma lo stesso agente gliela rifiuta e gli dice “Beviti l’acqua del cesso“. Un altro detenuto Marco Ranieri, viene buttato a terra e picchiato “con colpi alla testa, alla schiena, alle costole, al bacino e al volto, sferrati con il manganello e con una sedia di legno” e “nei pressi del cancello d’ingresso del reparto Danubio (dove sono ubicate le celle di isolamento, ndr) lo afferravano con forza, gli facevano sbattere più volte la testa contro il muro e gli sferravano, con il manganello, un violento colpo al volto causandogli la rottura di un dente e la perdita dei sensi“. è stato diagnosticato un grave “disturbo da stress acuto derivante dalle condotte violente” subite.
Incredibilmente dopo lo scempio e la violenza compare persino l’autoesaltazione . All’interno degli smartphone sequestrati agli agenti della Penitenziaria c’erano ancora le chat con le quali si commentava quello che era successo in carcere. Ma viene fuori qualcos’altro di ancora più grave e cioè che che era tutto programmato già dal giorno prima di intervenire, come emerge da uno scambio di messaggi : “Allora apposto, domani chiave e piccone in mano”, scrive un agente della Penitenziari. Ed un collega gli risponde: “Li abbattiamo come vitelli“. Il giorno dopo addirittura fanno il conto dei detenuti picchiati: “Ci siamo rifatti. 350 passati e ripassati”.
Gli agenti della penitenziaria citano tra di loro il “sistema Poggioreale”, che per gli inquirenti appartiene al gergo degli operatori carcerari e fa riferimento al pestaggio dei detenuti. In un’altra chat trovata nel telefono un poliziotto che non ha partecipato scrive: “Oggi si sono divertiti al Nilo“. Al contrario di chi certamente ha avuto una partecipazione diretta alle violenze e se ne vanta: “Ho fatto tagliare la barba a tutti i barbutos“.
Si è trattata di un’ indagine che ha consentito di svelare, in ogni suo aspetto, quello che è stato definito dal Giudice delle indagini preliminari “senza tema di smentita, uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrato ai danni dei detenuti in uno dei più importanti Istituti penitenziari della Campania“. Numerose anche le accuse di falso, per i tentativi degli indagati di depistare le indagini e procurarsi alibi costruendo false prove contro i detenuti.
Imbarazzante per non definirla “vergognosa” la difesa d’ufficio del SAPPE sindacato della Polizia Penitenziaria, il cui segretario nazionale Donato Capece da noi contattato telefonicamente, giustificava l’operato degli agenti della penitenziaria indagati ed arrestati, accusandoci di voler fare un “processo mediatico” dimenticando che vi era stata un conferenza stampa tenuta dalla dr.ssa Maria Antonietta Troncone, Procuratore Capo della Procura di Santa Maria Capua Vetere e l’emissione di un comunicato stampa della Procura di ben 13 pagine , il quale forse ignora che esiste la cronaca giudiziaria, ed il diritto da parte dei cittadini e lettori di sapere cosa accade nel Paese, comprese le carceri.
Con un comunicato stampa il SAPPE afferma: “Prendiamo atto dell’iniziativa adottata dai magistrati. La presunzione di innocenza è uno dei capisaldi della nostra Carta costituzionale e quindi credo si debbano evitare illazioni e gogne mediatiche. A noi sembrano provvedimenti abnormi considerato che dopo un anno di indagini mancano i presupposti per tali provvedimenti, ossia l’inquinamento delle prove, la reiterazione del reato ed il pericolo di fuga. Confidiamo nella Magistratura perché la Polizia penitenziaria, a S. Maria Capua Vetere come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere” aggiungendo ““Siamo amareggiati perché in quei giorni il carcere fu messo a ferro e fuoco e furono momenti davvero drammatici ma siamo sereni perché confidiamo nell’operato della magistratura”. Ma evidentemente come gli atti giudiziari confermano, la Procura ed un Gip non la pensano come Capece. Come sinteticamente valutato dal Gip, sono emerse “violenze, intimidazioni ed umiliazioni di indicibili gravità, senz’altro indegne per un paese civile, che annovera fra i propri principi costituzionali quelli del rifiuto del trattamento inumano dei detenuti e della finalità rieducativa della pena“.
Il Ministero della Giustizia segue con “preoccupazione” gli sviluppi dell’inchiesta di Santa Maria Capua Vetere, che ha portato a numerose misure cautelari. “La Ministra Marta Cartabia, e i vertici del Dap – sottolinea una nota di via Arenula – rinnovano la fiducia nel corpo della Polizia Penitenziaria, restando in attesa di un pronto accertamento dei gravi fatti contestati“
Prende posizione anche il garante dei detenuti della Regione Campania, Samuele Ciambriello: “Le mele marce vanno individuate e messe in condizione di non screditare più il corpo cui appartengono e di non alimentare tensioni nelle carceri. Va fatta giustizia senza ma e senza se“.
Le misure
Disposte 8 misure cautelari applicative della custodia in carcere nei riguardi di un Ispettore Coordinatore del Reparto Nilo e n. 7 assistenti/agenti della polizia penitenziaria, tutti in servizio presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere. Questi i loro nomi: Salvatore Mezzarano, Oreste Salerno, Pasquale De Filippo, Michele Vinciguerra, Angelo Bruno, Felice Savastano, Gennaro Loffredo, Antonio De Domenico.
Sono 18 le misure cautelari applicative degli arresti domiciliari nei confronti del Comandante del Nucleo Operativo Traduzioni e Piantonamenti del Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano/Comandante del “Gruppo di Supporto agli interventi”, del Comandante Dirigente pro tempore della Polizia Penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, della Commissaria Capo Responsabile del Reparto Nilo del medesimo istituto, di un sostituto commissario, di tre ispettori Coordinatori Sorveglianza Generale presso l’istituto e di n. 11 assistenti/agenti della polizia penitenziaria, sempre in servizio presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere. Questi i nomi delle persone sottoposte ai domiciliari: Pasquale Colucci, Gaetano Manganelli, Anna Rita Costanzo, Salvatore Piccolo, Giuseppe Conforti, Alessandro Biondi, Angelo Iadicicco, Vincenzo Lombardi, Francesco Vitale, Gabriele Pancaro, Fabio Ascione, Rosario Merola, Raffaele Piccolo, Andrea Pascarella, Giuliano Zullo, Giacomo Goluccio, Claudio De Siero, Clemente Mauro Candiello.
Applicate 3 misure cautelari coercitive dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza nei riguardi di tre ispettori della Polizia Penitenziaria, tutti in servizio presso la casa circondariale di S.M.C.V.;
23 misure cautelari interdittive della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio rispettivamente rivestito, per un periodo diversificato, tra i 5 ai 9 mesi, nei confronti della comandante del Nucleo Investigativo Centrale della polizia penitenziaria, Nucleo Regionale di Napoli, del dr. Antonio Fullone Provveditore Regionale per la Campania, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nonché n. 21 +Assistenti/Agenti della polizia penitenziaria per la quasi totalità in servizio presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere.
Gli indagati
Gli indagati sono residenti a Camposano, Nola, Santa Maria Capua Vetere, Marcianise, Cassino, Caserta, Capua, Galluccio, Curti, Piedimonte Matese, Recale, Aversa, Napoli, Francolise, Cervino, Telese Terme, San Felice a Cancello, Macerata Campania, Teano, Sant’Agata de’ Goti, Valle Agricola, Capodrise, Mugnano, Portico, Pozzuoli, Calvi Risorta, Pietravairano, Carinaro, Aversa. Per gran parte di loro non è scattata alcuna misura e sono quindi indagati a piede libero trattandosi di posizioni marginali, finite sotto la lente degli inquirenti solo perchè in servizio in reparti coinvolti nelle tensioni del primo lockdown per l’emergenza Covid. Ecco tutti i nomi degli indagati:
Enrico Abategiovanni 1969, Vincenzo Abbate 1968, Bruno Acaluso 1969, Bruno Acamapora 1964, Giuseppe Acquaro 1964, Fabio Ascione 1974, Alessandro Biondi 1965, Biagio Braccio 1965, Giuseppe Bortone 1972, Angelo Bruno 1966, Paolo Buro 1969, Eugenio Calcagno 1971, Tommaso Calmo 1962, Stefano Campagnano 1966, Clemente Mauro Candiello, Crescenzo Carputo 1969, Salvatore Cecere 1962, Pasquale Cernicchiaro 1963, Massimo Ciccone 1962, Pasquale Colucci 1968, Giuseppe Conforti 1961, Giovanni Corrado 1976, Anna Rita Costanzo 1977, Giuseppe Crocco 1969, Mario D’Ovidio 1965, Antonio De Domenico 1965, Pasquale De Filippo 1971, Alessio De Simone 1971, Attilio Della Ratta 1965, Giovanni Di Benedetto 1968, Luigi Di Caprio 1963, Nunzia Di Donato 1974, Giuseppe Di Monaco 1964, Claudio Di Siero 1964, Salvatore Di Stasio 1972, Guido Esposito 1977, Nicola Falluto 1984, Flavio Fattore 1970, Giuseppe Frattolillo 1991, Stanislao Fusco 1969, Giacomo Galluccio 1976, Eduardo Gammella 1962, Domenico Garofalo 1972, Giuseppe Gaudiano 1969, Gianni Greco 1964, Giovanni Guardiano 1995, Angelo Iadicicco 1974, Alfredo Iannotta 1970, Marcello Iovino 1964, Antonio Italiano 1970, Silvio Leonardi 1995, Gennaro Loffreda 1968, Vincenzo Lombardi 1989, Nicola Macallè 1964, Roberta Maietta 1980, Gaetano Manganelli 1976, Domenico Mastroianni 1968, Francesco Merola 1966, Rosario Merola 1971, Pasquale Merola 1974, Salvatore Mezzarano 1981, Francesco Mirra 1967, Salvatore Monteforte 1974, Nicola Nuzzo 1972, Massimo Oliva 1970, Gennaro Ottaviano 1972, Gabriele Pancaro 1967, Sandro Parente 1970, Salvatore Parisi 1971, Andrea Pascarella 1987, Domenico Pascariello 1990, Salvatore Pellegrino 1969, Tiziana Perillo 1975, Marcello Pezzullo 1966, Raffaele Piccolo 1964, Raffaele Piccolo 1973, Nicola Picone 1969, Giulio Pisano 1964, Michele Piscitelli 1970, Gennaro Quisillo 1966, Angelo Racioppoli 1965, Luigi Reccia 1967, Angelo Ricciardi 1967, Mario Rigido 1968, Giuseppe Rossi 1963, Arturo Rubino 1968, Pasquale Rullo 1962, Gennaro Saiano 1973, Antonio Saldamarco 1975, Oreste Salerno 1967, Michele Sanges 1964 Felice Savastano 1967, Maurizio Soma 1961, Lazzaro Varone 1966, Michele Vinciguerra 1964, Vittorio Vinciguerra 1973, Francesco Vitale 1972, Carmine Antonio Zampella 1976, Giuliano Zullo.