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21 Dicembre 2024 17:07

Arrestati i “venditori” di notizie riservate della Procura di Roma al servizio della malavita

Le indagini sono in corso e la “talpa” corrotta della Procura è in via identificazione. L’unica circostanza sicura è che per ogni controllo pretendeva ed incassava 200 euro. I due fidanzati Camilla e Jacopo, una sorta di “Bonnie & Clyde” alla romana , a loro volta, chiedevano ai loro “clienti”, somme che spaziavano intorno ai 700 euro ad informazione, che l’indagata Camilla Marianera chiama “modalità alternativa”, per scoprire le posizioni giudiziarie degli indagati.

Lei, Camilla Marianera, svolgeva la pratica legale presso lo studio legale Condoleo di Roma fino allo scorso dicembre, è la figlia di Luciano Marianera, pluripregiudicato, da anni inserito in contesti associativi, anche connessi al traffico di sostanze stupefacenti. Lui, Jacopo De Vivo, classe ‘92, è il figlio di “Peppone”, l’ ex capo ultrà della Roma, deceduto, che aveva precedenti di polizia, per porto abusivo e detenzione di armi, danneggiamento, associazione per delinquere, stupefacenti estorsione, rapina, violenza privata e favoreggiamento personale. Grande amico di Fabrizio Piscitelli noto come “Diabolik” l’ex capo ultras della Lazio, deceduto ucciso da un colpo di pistola alla nuca, in una guerra fra bande dedite allo spaccio di cocaina a Roma, in un agguato che per gli inquirenti ha rappresentato un evento spartiacque nei precari equilibri della criminalità organizzata della Capitale.

Jacopo De Vivo e suo padre “Peppone” De Vivo

Camilla Marianera e Jacopo De Vivo sono fidanzati ed sono finiti entrambi in carcere con l’ipotesi di corruzione. I due insieme avevano messo in piedi, dal 2021 fino a dicembre, quello che i pubblici ministeri della procura di Roma Francesco Cascini e Giulia Guccione su indagini dei Carabinieri del Nucleo investigativo coordinate dall’aggiunto Paolo Ielo hanno definito un “protocollo criminale”, controllando su commissione e pagamento degli indagati, grazie ad una “talpa” dell’ufficio intercettazioni della Procura di Roma, se vi fossero pedinamenti in corso da parte delle forze dell’ ordine (comprese anche le vie dove si verificavano) intercettazioni telefoniche, ambientali, l’eventuale avvenuta installazione di Gps nelle auto o inoculazione dei temuti “trojan” nei telefoni cellulari. La giovane praticante avvocato si muoveva “in un ambito operativo assai pericolosamente diffusivo e delicatissimo quale la violazione di segreti assoluti legati all’esistenza di intercettazioni, la loro tipologia, in quali procedimenti, nei confronti di quali indagati“. Ma non solo. La Marianera abusava del credito derivatole dalla frequentazione dello studio Condoleo e si sostituiva anche ai legittimi difensori di fiducia nell’avere informazioni sui loro clienti tramite canali illeciti. 

la praticante avvocato Camila Marianera

Le indagini sono in corso e la “talpa” corrotta della Procura è in via identificazione. L’unica circostanza sicura è che per ogni controllo pretendeva ed incassava 200 euro. I due fidanzati Camilla e Jacopo, una sorta di “Bonnie & Clyde” alla romana , a loro volta, chiedevano ai loro “clienti”, somme che spaziavano intorno ai 700 euro ad informazione, che l’indagata Camilla Marianera chiama “modalità alternativa”, per scoprire le posizioni giudiziarie degli indagati.

Il Gip Gaspare Sturzo nella ordinanza di arresto della coppia fa riferimento a “un modello sistemico che ha dato luogo a regole di condotta ben precise: De Vivo che procaccia i clienti interessati e Marianera che funge da canale di collegamento con il pubblico ufficiale appartenente ai servizi giudiziari della Procura di Roma, con cui ha concluso un patto di corruttela generalizzato dietro la promessa o consegna di non meno di 200euro“. Come i capi della ‘ndrangheta operante nella Capitale e la banda della Magliana si incontravano quarant’anni fa al bar-ristorante “Il Fungo“, anche i due “spioni” che vendevano segreti istruttori incontravano e ricevevano i loro “clienti” nel noto bar-ristorante dell’Eur.

L’Indagine sui due ha avuto origine da un’altra inchiesta per droga dei Carabinieri del nucleo Investigativo di Roma. Il 20 settembre scorso Luca Giampà, finito in manette dieci giorni dopo e intercettato, incontrava Jacopo e Camilla, all’epoca ancora non identificati. Camilla Marianera diceva:”Io tramite il mio studio (che è risultato essere completamente estraneo ai fatti ndr) così diciamo che conosciamo una persona che sta in procura nell’ufficio dove sbobinano le intercettazioni e tutto. E a me mi fa tanti favori, tipo che se gli metto il nome con la data di nascita…” ed aggiungeva: “Davanti a me scrive sul computer – spiegava – lui mi dice praticamente: inserito gps sotto la macchina, oppure predisposto ocp (osservazione controllo e pedinamento ndr) su via.. o sotto casa“, arrivando a dire persino “Là dentro trovi la gente con le cuffie“.

I controlli, Camilla Marianera li effettuava anche sulla posizione giudiziaria del padre. “Se po’ fa’ per chiunque, cioè nel senso chiunque me dici te”, diceva Jacopo a Giampà, il quale ogni 3 mesi faceva controllare la propria posizione in Procura, e riferiva all’indagato per traffico di stupefacenti, che si lamentava di avere dovuto pagare 500 euro per la bonifica di un’auto, di potere usufruire di un trattamento privilegiato: “A te manco te l’ho detto perché te sei te, capito Lu’?“, Giampà a sua volta garantisce che porterà altri clienti. “Se me dici lo vojo fa’ a dieci persone, però calcola che gli chiediamo qualcosa. Questo non è che lo fa lei”. Luca Giampà chiede il costo del “servizio”. E la praticante avvocato Camilla Marianera gli risponde “Sui 300” aggiungendo che non può andare continuamente negli uffici e che ha un accordo con il funzionario . “Io so’ rimasta con lui che se me arrivano tre chiamate col privato vuoi dire che è lui e ci vado”.  La 27enne praticante avvocato avrebbe tratto per sè, grazie alla segnalazione di un funzionario del Comune di Roma Capitale, amico di Jacopo De Vivo, persino l’opportunità di una assunzione (avvenuta a dicembre 2022) nello staff dell’assessore alla sicurezza Monica Lucarelli . Anche in questo suo ruolo, venendo a contatto con ambienti istituzionali, cercava di carpire informazioni utili a De Vivo e al suo amico Giampà: “Ho conosciuto il capo della Polizia (più facile che si trattasse un funzionario, ndr) che sono andata a fare la riunione… – racconta al telefono la ragazza intercettata – Dice che ci stanno le indagini sui Casamonica… Quale indagini? Eh…boh!“.

Il risultato delle verifiche in Procura arriva due giorni dopo quando Jacopo De Vivo e Camilla Marianera incontrano al “Fungo” Luca Giampà. È sottoposto a intercettazioni, come egli stesso riferisce alla moglie, Mafalda Casamonica per la quale controllava le piazze di spaccio di Spinaceto, Tor De’ Cenci e Trigoria. Ma la talpa della Procura ha anche spifferato che le operazioni sono cominciate da poco. Il 30 settembre Giampà finisce in manette venendo arrestato il 20 settembre . Con un altro “cliente” Jacopo De Vivo non avrà la stessa cortesia. Per lo stesso servizio di trafugamento di informazioni giudiziarie riservate a Leonardo Sommaro la cifra aumento: “Io gli ho detto che quello per la consulenza si prende sette piotte va bene?”, chiede Jacopo in una videochiamata alla fidanzata Camilla, ed aggiunge: “Poi male che va, a quello gli regali 2 piotte” cioè duecento euro.

Da quella telefonata emerge il  “protocollo criminale” dei due fidanzati, come scrive il giudice Gaspare Sturzo , “un modello sistemico che ha dato luogo a regole di condotta ben precise: De Vivo che procaccia i clienti interessati e  Marianera che funge da canale di collegamento con il pubblico ufficiale appartenente ai servizi giudiziari della Procura di Roma, con cui ha concluso un patto di corruttela generalizzato dietro la promessa o consegna di non meno di 200euro”.

Le indagini sono ancora in corso per individuare la “talpa” corrotta della Procura, che lavorando nell’ufficio intercettazioni, ha preso tutti gli accorgimenti: “È ovvio – si legge nell’ordinanza – che questi sia perfettamente informato e capace di comprendere come “vendere” le informazioni segrete, soprattutto senza farsi tracciare quanto ai suoi contatti illeciti con gli altri correi, come del modo in cui entrare nei registri informatici senza lasciare alcuna traccia, magari utilizzando le chiavi di accesso di altri colleghi o approfittando di momenti in cui le finestre di archiviazione su quel procedimento siano aperte per aggiornamenti delle richieste del pm o dei decreti del giudice” e procedono giorno dopo giorno.

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