Quattro albanesi, da anni residenti in Italia, sono stati arrestati dalla Polizia, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari con l’accusa di finanziamento di condotte con finalità di terrorismo in concorso e istigazione a delinquere aggravata. Avrebbero raccolto e messo a disposizione di un imam loro connazionale condannato per terrorismo internazionale. Agli arresti domiciliari sono stati posti Roland Belba, 37 anni, Roland Leshi, 37 anni, Yljan Muca, 31 anni, Elsio Ramku, 33 anni, residenti tra Bari, e nei comuni limitrofi di Adelfia e Rutigliano. Questi i rispettivi ruoli ricostruiti dagli investigatori: Muca sarebbe stato il “promotore” dell’iniziativa di raccolta del denaro, Leshi e Ramku avrebbero avuto il ruolo di intermediari e Belba, cognato di Muca, avrebbe materialmente trasferito i soldi con la complicità di altre due persone in Albania, attraverso canali non tracciabili ed in un caso persino trasportando il denaro in un borsone nascosto in un camion a bordo di un traghetto.
Uno dei quattro arrestati, Elsio Ramku, ha ottenuto la cittadinanza italiana e dopo aver superato anni fa un concorso pubblico, è attualmente dipendente comunale e lavora nell’ufficio tecnico del Comune di Bari.
I provvedimenti hanno radici in una indagine della Digos di Bari, avviata nell’aprile 2020, anche sulla base d’informative dell’ AISI l’Agenzia informazioni e sicurezza interna del Governo e che sono state sviluppate con il coordinamento operativo della Direzione centrale della polizia di prevenzione – Servizio contrasto al terrorismo esterno.
L’attività consisteva, in particolare, nel promuovere nella comunità islamica di Bari, una raccolta fondi destinata a offrire assistenza a un imam albanese Genci Abdurrahim Balla, già arrestato nel 2014 nel suo Paese con l’accusa di aver guidato una cellula di reclutamento dell’Isis, attiva nell’area balcanica, che operava nelle moschee. L’imam, ritenuto responsabile dell’invio di decine di combattenti in Siria, è stato condannato, in via definitiva, a 17 anni di reclusione.
Le indagini coordinate dal pm Domenico Minardi, svolte anche attraverso il monitoraggio delle comunicazioni via web, hanno consentito di raccogliere gravi indizi in merito alle condotte di condivisione ideologica con la propaganda filojihadista, la detenzione di documenti e comunicati riconducibili all’Isis/Daesh (come ad esempio comunicati degli ex leader dello Stato Islamico Abu Bakr Al Baghdadi e del suo successore Ebu Ibrahim El Hashimi El Kureshi), tutti tradotti in albanese, oltre a video e audio di propaganda dell’Isis/Daesh, comunicati e proclami redatti dallo stesso imam, di chiaro contenuto jihadista.
Nell’indagine sono emerse diverse conversazioni in cui si fanno analisi di vicende internazionali. “C’è una conversazione intercettata nel 2020 – ha detto il coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella – nella quale si parla dei Balcani, si parla dell’Ucraina, in una visione di contrapposizione estrema tra Occidente e Oriente. Si parla di una appropriazione dell’Ucraina da parte degli occidentali, finalizzata alla produzione di gas“.
“Non e’ che serve a dare una lettura delle vicende attuali, questo e’ chiaro – ha precisato Giannella -, pero’ fa capire qual e’ il substrato culturale, di convinzioni, che serpeggia in certi ambienti, che vedono ogni evento internazionale come un evento di contrapposizione estrema tra Occidente e Oriente“. Bari, secondo il magistrato “si conferma un ponte naturale per l’Est, quindi il fatto che ci siano presenze legate in qualche modo all’attivita’ dell’Isis e’ nella logica delle cose”.
Per i quattro arrestati persino il Covid – secondo quanto emerso dalle indagini – in perfetta linea con alcune teorie di matrice jihadista, doveva essere considerato “un minuscolo soldato di Allah, inviato sulla Terra per punire la miscredenza degli occidentali”.