Arrestato Michele Lavopa 21anni di Bari l’omicida reo confesso fermato per l’omicidio di Antonella Lopez e per il ferimento di quattro giovani tra 20 e 25 anni, tra cui l’aspirante boss Eugenio Palermiti nipote dell’omonimo capoclan. Era proprio il giovane Palermiti, 20enne con un padre ergastolano cresciuto con suo nonno capoclan del quartiere Japigia di Bari , l’obiettivo del risentimento del Lavopa, oltre sei anni fa era stato vittima di un brutale pestaggio puntualmente ripreso e fatto girare tra le chat.
“Quell’episodio mi ha cambiato” ha detto il giovane agli inquirenti, che lo hanno rintracciato poche ore dopo il delitto. Quando i carabinieri sono arrivati a casa sua nel quartiere San Paolo, Michele Lavopa non c’era. Nell’appartamento c’era solo la madre, 40 anni, che ha convinto il figlio a rientrare e a costituirsi. “Sono stato io, voglio liberarmi di questo enorme fardello”, ha detto, confermando come Antonella Lopez non c’entrasse nulla.
Gli investigatori dell’ Arma dei Carabinieri hanno avviato immediatamente le indagini, partendo dalle dei testimonianze dei presenti ed analizzando le immagini contenute nei filmati delle telecamere di sorveglianza della discoteca. L’obiettivo della sparatoria non era la giovane ma un ragazzo che era con lei, Eugenio Palermiti, 20enne, rampollo emergente del clan Palermiti, nipote del boss egemone nel quartiere di Japigia, molto popoloso sul litorale barese.
Lavopa ha ammesso davanti agli inquirenti l’omicidio della Lopez, raccontando di essersi disfatto della pistola calibro 7.65, dichiarando di averla gettata in mare nei pressi del locale. Su questa ammissione si è più volte contraddetto, sostenendo di non ricordare con precisione il luogo in cui l’avrebbe abbandonata rendendosi disponibile a farla trovare. I carabinieri nel corso della notte, si sono recati insieme a lui nelle campagne di Bitonto ma ogni ricerca si è rivelata infruttuosa e quindi le operazioni di ricerca sono state sospese dopo due ore. Oggi i carabinieri sono riusciti a ritrovare la pistola dell’omicidio che era finita nelle mani di un 17enne e ritrovata oggi dai carabinieri, messi sulle tracce del “custode” dallo stesso assassino. La pistola calibro 7,65, adesso sarà sottoposta ad accertamenti tecnici per estrarre gli elementi utili alle indagini e stabilirne la provenienza. Analogo discorso per i sette bossoli recuperati all’interno della discoteca assieme a un proiettile inesploso e danneggiato, probabilmente per l’imperizia del killer nell’utilizzo dell’arma.
È stato quindi condotto nel carcere di Bari in attesa della convalida del fermo. Stando a quanto emerge dai verbali del fermo , il 21enne potrebbe “portare a compimento quanto intrapreso nella nottata precedente, avendo ancora la disponibilità dell’arma già utilizzata”. Nel corso dell’interrogatorio di Lavopa, è emerso “ l’ulteriore acredine mai sopito e manifestato anche in questa fase nei riguardi di Eugenio Palermiti” e di un suo amico. Quel che ora si teme dalle parti investigative è che questa sparatoria, questa spedizione punitiva nata da una lite, possa aver riacceso le braci della criminalità organizzata pugliese, riattivando le braci di vecchie guerre fra clan che hanno insanguinato la Puglia negli anni precedenti. Le indagini delle forze dell’ordine sono ancora in corso: il gruppo di fuoco pare fosse composto da tre uomini, tutti sui vent’anni.
Nella ricostruzione dei fatti fornita da Michele Lavopa, la lite all’interno del Bahia sarebbe legata a delle presunte minacce subite da Palermiti e dal suo amico Ceglie. L’omicida non ha spiegato il motivo perché aveva con sé l’arma, ma il fatto che fosse armato lascia dedurre che si aspettasse una situazione pericolosa o che avesse motivi per avercela con qualcuno. Ha detto di essere uscito armato “per difendersi da eventuali aggressioni, come spesso accade oramai nei locali notturni baresi”.
Oltre all’arrestato Michele Lavopa ci sono ancora due persone a piede libero che devono essere rintracciate. Difficilmente il 21enne, cresciuto in una certa cultura, parlerà e rivelerà dettagli di quella notte, in nome del voto di omertà che protegge da secoli le famiglie criminali.