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Tra gli arrestati figurano il catanese Francesco Corallo, 56 anni principale imprenditore internazionale delle slot machine e re dei casinò, che è stato rintracciato ed arrestato nella sua lussuosa villa di Saint Marteen, nelle Antille Olandesi ai Caraibi, figlio di Gaetano Corallo, ritenuto legato alla famiglia mafiosa del clan Santapaola.
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Un sistema di scatole cinesi, società costituite e sparse in giro per il mondo, in prevalenza nei più noti paradisi fiscali, con, un fiume di di denaro che sfiora i 300 milioni di euro, passato dalle società del gioco gestite da Francesco Corallo e finito all’estero. Tutto per sottrarlo al fisco e alle casse dello Stato.
L’indagine, coordinata dal procuratore Giuseppe Pignatone, (a sinistra nella foto) dall’aggiunto Michele Prestipino e dal pm Barbara Sargenti, grazie al prezioso e certosino lavoro di indagine dello Scico, è arrivata al primo giro di boa davanti al gip del tribunale di Roma Simonetta D’Alessandro, nasce da un filone investigativo della Procura di Milano, sulla Banca Popolare di Milano sotto la presidenza di Massimo Ponzellini, anche lui in affari con Corallo insieme al quale avrebbe messo in piedi una vera e propria associazione dedita alla corruzione di chiunque potesse in qualche modo influire sugli affari del ‘re Mida’ del gioco.
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Avendo una solida “protezione” politica nel centrodestra (quando governava) in Parlamento e nella illusione che i suoi messaggi inviati sul Blackberry non venissero intercettati, Corallo dava direttive e impartiva spostamenti estero su estero per milioni di euro. Decisivo (ma di fatto neutralizzato) anche lo sbarramento messo in piedi da una gruppo di avvocati, uno di questi Carmelo Barreca, nella chat segreta veniva soprannominato come “peripoccu“, cioè piede di porco, probabilmente in quanto in grado di scardinare i vincoli legali e giudiziari che Corallo viveva scomodamente.
A partire dal 2004 ed il 2007, e poi fino al 2014, 50 degli 85 milioni di evasione fiscale, sarebbero finiti su conti correnti esteri di banche olandesi, ed inglesi intestati altre società del gruppo Corallo e dopodichè trasferiti su un conto corrente di società offshore aperto nel paradiso fiscale delle Antille Olandesi a Saint Maarten , sempre nel totale utilizzo di Francesco Corallo. Successivamente sarebbero poi spariti dall’Atlantis altri 150 milioni, attraverso uno scambio di liquidità, transitati da conti accesi in Gran Bretagna ed Shanghai e destinati ad altri conti bancari ubicati Saint Maarten, Curaçao, Santa Lucia e successivamente reinvestiti in attività immobiliari a Saint Maarten. I soldi venivano trasferiti dalla società Atlantis, alla Global Starnet e poi ancora alla GPlus.
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L’organizzazione che aveva messo in piedi anche una serie di società “cartiere”, cioè predisposte e specializzate nell’emissione di fatture false, che aveva base a Roma, al quartiere Parioli, e della quale facevano parte anche alcuni pregiudicati, Alle oltre 100 società “cartiere” aperte e chiuse in pochissimo tempo, come hanno accertato i finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria , si è rivolto nel tempo anche un numero molto elevato di società distribuite e presenti in tutt’Italia, dal Piemonte alla Sicilia, tutte interessate ad ottenere illegalmente dei risparmi fiscali e per accumulare “fondi neri”. Società che operano prevalentemente nei settori dell’edilizia, della logistica e del facchinaggio; alcune persino cooperative di servizi.
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Il denaro sottratto al fisco da Corallo attraverso i conti di Giancarlo e anche di Sergio Tulliani sarebbe passati 2 milioni e 400 mila euro, come hanno ricostruito i magistrati e i finanzieri. Il terzo invio era indicato come “liquidation foreign assets – decree 78/2009, 2.4M Euro”. Ovvero, per gli investigatori, un preciso riferimento al decreto che ancora una volta andava incontro alle esigenze di Corallo, capace, come scrive il giudice di mettere insieme un castello per la gestione dei videoterminali per il gioco praticamente “a costo zero”.
La norma che consentiva di utilizzare l’autorizzazione ai videoterminali come garanzia per ottenerne di nuove o dipoter cedere a terzi anche soltanto la stessa autorizzazione aveva di fatto spalancato a Corallo le porte del grande business. E di tutto questo il “re delle slot machine” era evidentemente grato a Tulliani. Il Gip scrive che ” la possibilità di offrire in pegno i diritti sulle VLT è stata ottenuta da CORALLO con il decreto legge 78/2009, in relazione al quale Sergio TULLIANI viene beneficiato per 2,4 milioni di euro“.
Nel 2007 una Commissione Parlamentare prima ed il GAT, il Gruppo Antifrodi Tecnologiche della Guardia di Finanza comandato all’epoca dei fatti dal Col. Umberto Repetto, comunicarono alla Corte dei Conti l’esito di una lunghissima inchiesta: le dieci maggiori società che gestiscono per i Monopoli di Stato le slot machine sarebbero state colpevoli di un’evasione fiscale negli anni tra il 2004 ed il 2007 pari a 98 miliardi di euro. A seguito di quell’inchiesta il Col. Repetto venne rimosso dal suo incarico, e per reazione lasciò la Guardia di Finanza.
In pratica quindi,Tulliani secondo l’accusa, ha potuto acquisire l’appartamento a Montecarlo senza versare un soldo. I nuovi documenti scoperti dalla Guardia di Finanza, che ha potuto per la prima volta perquisire anche il quartier generale di Corallo nell’isola di Saint Marteen, documentano inoltre che lo stesso appartamento è stato poi rivenduto a una cifra molto maggiore: 1 milione e 360 mila euro.