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22 Novembre 2024 08:29

Arrestato un 37enne per il volo del pr barese Francesco Vitale dal quinto piano di un palazzo alla Magliana a Roma

La morte di Vitale si sarebbe consumata nell'ambito di una vicenda legata alla criminalità organizzata. Il sospetto sempre più fondato è che il quarantenne avesse raggiunto Roma proprio per incontrare i suoi "creditori" a cui doveva restituire mezzo milione di euro

Per la morte di Francesco  Vitale, il pr barese precipitato da un palazzo lo scorso  22 febbraio in via Pescaglia, nel quartiere Magliana,  è stato arrestato  un uomo 37enne italiano, che i Carabinieri hanno fermato, dando esecuzione ad un decreto del pm della Procura della Repubblica di Roma, perché gravemente indiziato del reato di sequestro di persona a scopo di estorsione con l’aggravante del decesso della vittima.

Le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dell’uomo in ordine al sequestro di persona che sarebbe avvenuto per dissidi probabilmente di natura economica, conducendo gli inquirenti all’arresto del fermato, che non è il proprietario dell’appartamento.

Sulla morte del pr barese noto come “Ciccio Barbuto” sono al lavoro i pm della DDA di Roma a conferma che la morte di Vitale si sarebbe consumata nell’ambito di una vicenda legata alla criminalità organizzata. Il sospetto sempre più fondato è che il quarantenne avesse raggiunto Roma proprio per incontrare i suoi “creditori” a cui doveva restituire mezzo milione di euro.

Vitale aveva a che fare da sempre con la droga: era un affare di famiglia, visto che era finito a processo proprio insieme al padre. Vent’anni fa il primo arresto: nel 2002, gli avevano trovato in casa 250 dosi di hashish e marijuana, 10 pasticche di metanfetamina e qualche grammo di cocaina. Si era giustificato così: “Avevo organizzato una mezza festicciola per Halloween“, visto che era il 31 ottobre. Poco dopo era stato condannato a nove mesi di detenzione. In seguito era finito di nuovo nei guai e sempre per droga, che gli costò nel 2015 l’ultima condanna in secondo grado a sei anni.

Le verifiche puntano al gruppo italo-albanese che gestisce il narcotraffico tra la Spagna e la Capitale, un’organizzazione finita al centro di tante inchieste. Vitale avrebbe fatto affari con Andrea Buonomo detto “Il profeta”, un grossista che trattava partite di centinaia di chili di droga. In una chat riportata dall’ordinanza che lo ha spedito in carcere nel 202 diceva: “Compriamo una macchina… facciamo il doppio fondo per 100 chili e iniziamo a portare 25 chili per uno“.

Nel 2021 vi era stata un’ operazione dei Carabinieri della capitale con sequestri di cocaina, hascisc e marijuana, scoprendo un legame fra le piazze di spaccio romane e la Puglia, con 11 arrestati tutti di Roma. Sette di loro vennero sottoposti a misura cautelare in carcere. Si trattava proprio di: Andrea Buonomo, Alessandro Corvesi, Daniele Carlomosti, Simone Ciotoli, Riccardo Curti, Roberta Fittirillo e Massimiliano Rasori. Altri quattro vennero arrestati in regime di domiciliari: Emiliano Alesi, Roberto Giampà, Alessandro Morelli e Tomas Notari.

Il potere di Buonomo era cresciuto dopo la morte di Fabrizio Piscitelli, noto come “Diabolik“il narcoas-ultras laziale ucciso nell’agosto del 2019. Già “inserito all’interno del sodalizio capeggiato dal più noto soggetto albanese Arben Zogu, detto Riccardino o Ricky“, referente di Diabolik a Ponte Milvio, successivamente Buonomo avrebbe esteso la sua “piazza” di spaccio stringendo alleanze con l’albanese Elvis Demce e l’ex calciatore Alessio Corvesi. E sembra che quel debito di 500mila euro, che è costata la vita a Francesco Vitale lo avesse contratto molto probabilmente proprio con questo gruppo criminale. 

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