La Procura della Repubblica di Bari, si è dotata di un ufficio stampa, utilizzata a diventare la “voce” dei pubblici ministeri nella diffusione delle informazioni relative alle indagini. La giustizia e i media si incontrano, si scontrano e purtroppo molto spesso nel mezzo finiscono i cosiddetti “terzi non indagati”. Infatti, come accaduto nell’ultimo comunicato, datato 28 giugno emesso nell’ambito dell’indagine su Vito Longo, l’ ex direttore amministrativo della Fondazione del Teatro Petruzzelli. viene dato risalto all’esecuzione di un decreto di sequestro alla disponibilità di Longo, sui suoi conti bancari, un immobile a lui intestato e la sua auto. Ma nel comunicato stampa si legge ben altro: “Quanto a Longo Silvia viene sequestrata l’autovettura marca Audi A1 Sportback, per un valore di euro 19.500“.
In questa ennesima vicenda pugliese di corruzione e appalti truccati – su cui è bene ricordare che il giudice di merito deve ancora esprimersi – “Longo Silvia” è soltanto la figlia diciannovenne di Vito Longo, al quale il padre indagato aveva regalato e intestato un’auto. Solo che Silvia è persona estranea ai fatti contestati, ed il cui nome è stato arbitrariamente inserito in una informazione da dare in pasto alla stampa, con tanto di specifica di prezzo e modello dell’auto sequestrata. Un bell’esempio di privacy…
Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria, il procedimento si trova attualmente ancora nella fase delle indagini preliminari e Vito Longo risulta indagato per corruzione, mentre il comunicato stampa della procura definisce “accertato” l’operato corruttivo che viene ipotizzato nelle accuse dalla Procura di Bari che oltre a dar conto della “complessa attività d’indagine, articolatasi anche con operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale” puntualmente finite sui quotidiani baresi inoltre viene indicato al centesimo il valore dell’Audi A1 e l’ammontare delle somme sequestrate a Longo e alla moglie, oltre all’auto intestata alla figlia. Il sequestro effettuato è previsto dall’articolo 12 sexies della legge 356 del 1992 che disciplina la cosiddetta “confisca allargata” e che prevede “la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo”. In poche parole, il sequestro può essere effettuato anche su beni non di proprietà diretta dell’indagato, ma è sufficiente che lui ne possa disporne.
Il direttivo della Camera penale barese giustamente si chiede se “lo scopo è quello di perpetuare il principio secondo cui le colpe dei padri ricadono sui loro figli?” . Appare arduo, in realtà, capire quale possa essere l’interesse pubblico a conoscere questa specifica informazione, all’interno del contesto dell’ipotesi accusatoria. Molto più facile invece capire quale possa essere il reale interesse giornalistico: la gente chiacchiera e conoscere il valore ma soprattutto il fatto che quell’auto nuova fiammante sia stata sequestrata è notizia da gossip, quindi attrae i lettori. C’è da sperare che, quando Giovanni Legnini il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura ha auspicato che ogni ufficio giudiziario si doti di un ufficio stampa, non intendesse questo.