Il 2015 si chiude con un bilancio dal preoccupante profondo rosso per il commercio nella città di Bari e per tutta la provincia. I numeri in discesa che uniti a quelli sull’occupazione in Puglia,resi noti ieri dall’Istat , che nel 2014 ha registrato il calo peggiore fra le regioni italiane con un -2,1 per cento. A ragionare un po’ sui numeri è Benny Campobasso presidente di Confesercenti Bari e Bat . I dati analizzati sono il risultato di una comparazione fra i rilevamenti effettuati nel corso dell’anno da Confesercenti e dalla Camera di commercio da gennaio a settembre 2015, confrontati a quelli dello stesso periodo nell’anno precedente. “I dati, purtroppo non sono positivi e sono fortemente peggiorativi rispetto al 2014 – dice Campobasso – nonostante si cominci a sentire una leggera brezza di ripresa”.
Nel capoluogo regionale pugliese il risultato fra aperture e chiusure degli esercizi commerciali da gennaio a settembre 2014 è stato di -108. Nello stesso periodo del 2015 si arriva a -180. Praticamente quasi il doppio del rapporto che indica una pesante chiusura di esercizi commerciali.Nel 2014, per la provincia di Bari (escluso il capoluogo) e Bat siamo ad un -541 per il 2014 ed a -593 per il 2015. Comprendendo anche la città di Bari il saldo totale raggiunge un dato di – 773 per il 2015. Il 25% delle saracinesche abbassate definitivamente è a carico di Bari rispetto all’intero territorio della Città metropolitana e persino della Bat. “E la tendenza va verso un peggioramento”, segnala Campobasso. Per le vendite, si registra invece una ripresa ma solo per la grande distribuzione con un +1,8 per cento nei primi nove mesi dell’anno, mentre il commercio al dettaglio (cioè i negozianti) il dato cala di un – 1,2 per cento a Bari città rispetto all’anno precedente. I settori che soffrono più la crisi a Bari sono: giornalai, abbigliamento e calzature, fruttivendoli e la ristorazione e spettacolo (soprattutto i cinema), nonostante qualche sforbiciata.
“Continua questo divario fra la grande distribuzione ed i piccoli esercizi – continua Campobasso – non hanno aiutato la politica di liberalizzazione degli orari, le facili autorizzazioni, i megastore che mettono il piccolo commerciante nella condizione di uscirne sempre con le ossa rotte. Qualche giorno fa sono stato in un noto ipermercato alle porte di Bari e ho visto un’offerta di sconto per l’acquisto di elettrodomestici di 250 euro ogni mille euro di spesa. E’ ovvio che il piccolo esercizio non può reggere questa concorrenza“. Rimedi ? “C’è un ritorno all’acquisto a chilometro zero che ha ripreso un bel ritmo di vendita a patto che si specializzi. Nel piccolo supermercato è sempre più frequente trovare prodotti specifici per chi segue determinate diete o per chi ha intolleranze. Per i vegani o i vegetariani. Per chi cerca monopasti come i single. C’è stato nel nostro mondo un’offerta più precisa, specializzata per contrastare la grande distribuzione”, continua Campobasso che aggiunge “sarebbero incentivanti politiche di sostegno ai consumi a partire dalle detassazioni e a tutto ciò che aiuta il consumatore a spendere”. Secondo il rappresentante della Confesecenti ci sono anche le nuove forme di commercio. “L’altro giorno abbiamo presentato un nuovo modo di intendere l’e-commerce che viene visto come il fumo negli occhi dai commercianti tradizionali e percepito come concorrenza sleale e primo accusato per la crisi di settore. Abbiamo dimostrato che attraverso lo stesso sistema si possono attirare clienti negli esercizi commerciali con il progetto Pitshop, un portale geolocalizzato che aiuta la vendita diretta“.
Altra direzione, secondo Campobasso potrebbe essere quella di avviare una politica “a tasse zero” per chi apre locali nelle aree più degradate o più lontane dal centro delle città, per incentivare nuovi insediamenti commerciali come è avvenuto in Germania a Berlino. In breve tempo quei quartieri sono diventati i più trendy della capitale europea perchè abitati da giovani e da tanta creatività. “Una politica nuova fatta di sgravi fiscali per un determinato periodo di tempo in aree degradate per incentivare la ripresa nelle vie meno centrali o decadute nel corso negli anni sarebbe più che utile”. Campobasso ricorda che “al momento dell’insediamento, l’ amministrazione comunale di Bari, ha tenuto una grande manifestazione in via Manzoni cui non c’è stato alcun seguito. Eppure ci sono molti giovani che potrebbero essere interessati. Talvolta sembra mancare una visione d’insieme della città, un’idea caratterizzante, riconoscibile anche se ultimamente qualche segnale c’è a partire dalle pedonalizzazioni, dal recupero del waterfront”.
Altra leva, secondo Confesercenti, è l’implementazione di una politica turistica cittadina a partire dal recupero del porto vecchio per aiutare la ripresa del commercio. “Il terzo polo del turismo che dovrebbe corrispondere a quello della provincia di Bari, dopo il Salento e il Gargano, non decolla. Dobbiamo cercare di intercettare questi flussi turistici che a Bari passano rapidamente e non si fermano. Esiste solo una politica turistica regionale, ma manca la sintonia sulla singola città. Per fortuna arriva Natale”.
Dati che vanno letti con attenzione. A Bari ha sede lo “storico” quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno, i cui giornalisti lavorano da oltre un anno con i contratti di solidarietà, la cui società editrice ha prima chiuso la redazione e ceduto il canale televisivo, e poi venduto la sede in via Scipione l’ Africano dove veniva stampato anche il giornale, che ha dovuto fronteggiare l’apertura delle sedi ed edizioni regionali del quotidiano La Repubblica ed il Corriere della Sera. Così come ha chiuso dopo 16 anni l’edizione stampata di Bari Sera. Telenorba, dai 198 lavoratori attuali, dei quali 20 in cassa integrazione, dovrà passare a 125 unità, e nel piano industriale queste sono le direttive dell’azienda: “Riduzione delle ore di diretta tv del Tgnorba 24; eliminazione del tg grande salento; accorpamento di tutte le risorse dell’area tecnica; accorpamento delle funzioni relative alla programmazione pubblicitaria e palinsesto; unificazione degli uffici commerciali presso la sede di Bari; riduzione delle produzioni televisive interne; eliminazione dei servizi non strategici; accorpamento di redazioni; eliminazione di apporti professionali esterni; razionalizzazione delle utenze; automazione dei sistemi di messa in onda, con riduzione dell’apporto manuale“. Ecco spiegata la crisi dell’informazione e quindi quella dei giornalai !
Se poi uno entra nei ristoranti di Bari dai prezzi (elevati) richiesti dai ristoratori alla clientela, si capisce il perchè la gente non frequenta più come prima i ristoranti. I commercianti dovrebbero un bel “mea culpa” per aver straguadagnato in passato, non aver diversificato le proprie attività e quindi il rischio di impresa. E sopratutto i commercianti baresi, non possono lamentarsi se il consumatore si è fatto più intelligente e si rifugia nei centri commerciali, dove parcheggia senza pagare e senza rischi di essere scippato, e trova a miglior prezzo, gli stessi prodotti venduti nel centro cittadino. Per non parlare poi delle “folli” pretese per gli affitti degli esercizi commerciali. Sono questi secondo noi gli argomenti su cui riflettere con attenzione.