Nella mattinata odierna, i finanzieri del Comando Provinciale di Bari stanno dando esecuzione, nelle province di Bari, Torino, Cremona e Lodi, a un decreto di sequestro preventivo di beni, per un valore complessivo di circa 400.000 euro, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari dr.ssa Antonella Cafagna del locale Tribunale, su richiesta del pm barese Baldo Pisani della locale Procura della Repubblica. Le persone destinatarie del provvedimento cautelare sono indagate in concorso tra loro e a vario titolo, per le ipotesi delittuose di peculato, falso ideologico, ricettazione, riciclaggio, reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio.
L’odierna operazione costituisce l’epilogo di un’articolata attività di indagine, coordinata dalla Procura di Bari e delegata al gruppo Anticorruzione del Nucleo PEF ( Polizia Economico-Finanziaria) guidato dal tenente colonnello Pasquale Pepe della Guardia di Finanza di Bari, che ha permesso di disvelare un rilevante utilizzo di denaro pubblico per fini esclusivamente personali da parte del Dirigente Generale ad interim e Dirigente Amministrativo pro-tempore poi deceduto dell’ Aret (Agenzia Regionale del Turismo) della Regione Puglia. Gli attuali vertici dell’agenzia Pugliapromozione sono assolutamente estranei all’indagine, essendo tra l’altro entrati in carica dopo che le persone indagate erano andate via
I complessivi e minuziosi approfondimenti condotti dai finanzieri, consistiti nell’acquisizione ed esame di copiosa documentazione, accertamenti bancari, assunzione di sommarie informazioni da persone in grado di riferire circostanze utili, acquisizioni di dati e notizie mediante la consultazione delle banche dati e fonti aperte, avrebbero consentito di acquisire rilevanti ed univoci elementi di riscontro in merito al massivo e anomalo utilizzo di una carta di credito ricaricabile assegnata, per ragioni di ufficio, al dirigente pubblico Matteo Minchillo successivamente deceduto.
In particolare, la ricostruzione delle operazioni finanziarie, supportata dal raffronto con la documentazione amministrativa e contabile del predetto ente pubblico, ha consentito di accertare le modalità con le quali il denaro pubblico, con il concorso dell’allora Responsabile dell’Ufficio Pagamenti, sarebbe stato “dirottato” da un conto di tesoreria per eseguire ricariche su una carta di credito e, successivamente, utilizzato per effettuare innumerevoli prelevamenti di denaro contante e sostenere spese di qualsiasi natura (dai viaggi all’acquisto di attrezzature per la ristorazione o il confezionamento degli alimenti a favore della ditta intestata al figlio del citato ex Direttore Generale), disattendendo quanto previsto dal Regolamento di contabilità e amministrativo dell’Agenzia e senza osservare alcuna procedura di verifica o rendicontazione della spesa.
Nel dettaglio, l’esame degli estratti conto della carta di credito ha consentito di rilevare che le causali non facevano riferimento a Determinazioni del Direttore Generale di liquidazione, come previsto, bensì a Determine di impegno, che non avrebbero dato titolo per disporre pagamenti di somme e il cui richiamo, quindi, avrebbe rappresentato solo un espediente per dare una parvenza di regolarità al trasferimento dei fondi dal conto di tesoreria. Inoltre, gli oltre 160 mandati di pagamento oggetto d’indagine recavano le causali più varie (quali, ad esempio: fondo cassa, rimborso spese, compenso al Direttore, premi assicurativi, traslochi, contributi a carico del personale, versamento per conto terzi, ecc…) ma, una volta accreditate, le relative provviste sarebbero state destinate ad altri utilizzi, evidenziando una palese mancanza di collegamento tra le varie prestazioni oggetto di pagamento e le funzioni pubbliche istituzionali.
Sul punto, è emersa l’inesistenza di qualsivoglia documento giustificativo delle spese sostenute e l’assenza, negli archivi informatici dell’Ente, dei necessari riscontri attestanti gli avvenuti pagamenti in conformità ai mandati in argomento. Le citate condotte illecite sarebbero quindi da inquadrare in un vero e proprio “metodo” adottato per anni (dal 2017 al 2021) dai due citati dipendenti pubblici, attraverso cui gli stessi avrebbero sistematicamente distratto denaro pubblico – di cui avevano il possesso per motivi inerenti al proprio ufficio – appropriandosene per finalità di natura esclusivamente personale. I riscontri investigativi hanno anche individuato molteplici trasferimenti di fondi a favore dei familiari del principale indagato (come detto poi deceduto), i quali, nella consapevolezza della provenienza illecita del denaro, avrebbero contribuito a “ripulire” le somme a loro accreditate, nonché a “reimpiegare” i beni strumentali acquistati con i soldi pubblici nell’attività di ristorazione.
Considerato l’elevato valore indiziario degli elementi acquisiti dal Nucleo PEF Bari, il G.I.P., su richiesta di questa Procura, ha quindi emesso l’odierno decreto di sequestro preventivo, da eseguirsi anche per equivalente, per un valore complessivo di circa 400.000 euro quale profitto dei reati contestati.
I destinatari del provvedimento cautelare sono i figli dell’ex dirigente Matteo Minchillo e la moglie Sandra Garau, 65 anni, residente a Romanengo (Crema) , Michele, 31 anni, e Laura, 34 anni, entrambi di Foggia e residenti rispettivamente Crema e Torino, oltre all’altro ex dirigente dell’ufficio pagamenti Vito Mastrorosa, 71 anni, di Polignano (Bari). Matteo Minchillo, e sjo il figlio Michele proprietario di un ristorante a Crema ed il Mastrorosa, rispondono di peculato e falso ideologico, mentre i familiari di Minchillo anche di ricettazione, riciclaggio, reimpiego di beni di provenienza illecita e autoriciclaggio.