Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia, dinnanzi alle commissioni Bilancio e Attività produttive della Regione Puglia, riunite per la sua audizione nell’aula del Consiglio regionale, ha spiegato la trasformazione che attende l’ex stabilimento Ilva di Taranto definendolo “il progetto più ambizioso che si sta realizzando in Italia. È complesso, lungo e richiede risorse importanti” ed in merito alla decarbonizzazione ha anticipato l’intenzione di far diventare Taranto il polo dell’idrogeno verde anche perchè in Italia “non c’è un altro piano così ambizioso“.
Bernabè nel suo intervento ha chiarito alle commissioni riunite come questo piano unisca quattro complessità: strategica, industriale, finanziaria e realizzativa . “La società non avendo accesso al credito bancario se non in misura limitata, deve lavorare in condizioni di emergenza e questo ne rende ancora più complicata la vita. Bisogna lavorare sul finanziamento del circolante per mantenere in vita la società e continuare a produrre” ha detto Bernabè, ma anche “sul finanziamento da un miliardo del Pnrr per quest’ambizioso piano di investimenti. Ci sono poi altre fonti di finanziamento che dovranno essere attivate, ma tutte le altre risorse dovranno venire dal lavoro delle acciaierie“.
Un fattore che spiega un percorso in salita è quello temporale. Infatti anche la durata prevista per il completamento del piano è di dieci anni, ci vorrà un anno solo per il finanziamento di un impianto in semiscala . E qui Bernabè ha fatto un esempio esplicativo: “È stato varato un progetto che ha lo scopo di realizzare un impianto che copre tutto il ciclo completo del processo di decarbonizzazione: produzione di idrogeno verde, elettrolizzatori, energie rinnovabili, produzione di DRI e impianto finale di acciaio verde. Quest’impianto in semiscala serve per testare tutto il processo e le tecnologie. Il progetto ad oggi, non è stato ancora autorizzato” in pratica “sono necessari dai 9 ai 12 mesi solo per un impianto in semiscala, dopodichè dobbiamo chiedere le autorizzazioni, i finanziamenti, e questo rende meglio l’idea dei tempi”.
Prima di passare a delineare il futuro della nuova Acciaiere d’ Italia, il presidente Bernabè ha illustrato l’attuale situazione informando che “sono stati investiti negli ultimi tre anni 1,1-1,2 miliardi di euro, di cui 700 milioni spesi per la sola parte ambientale. La quasi totalità degli investimenti ambientali è stata realizzata e a maggio 2023 gli interventi ambientali verranno completati, e su questo non c’è alcun dubbio“. Tra i vari lavori realizzati, Bernabè ha ricordato la copertura del parco minerale e del parco fossile, che è “la più grande copertura di uno stabilimento al mondo“, ma anche la copertura del parco agglomerato e del parco Omo, la realizzazione di barriere frangivento del parco loppa, la chiusura delle torri e dei nastri in esercizio.
“Basta fare una ricerca per vedere la differenza delle infrastrutture di protezione ambientale tra Taranto e gli altri grandi stabilimenti siderurgici europei” ha aggiunto Bernabè “altri 150 milioni sono stati destinati per la bonifica del sottosuolo e indipendentemente da tutte le polemiche che ci sono state sul dirottamento, sono risorse che da tempo Ilva in amministrazione straordinaria ha dedicato ad Acciaierie d’Italia perché spetta ad Acciaierie lavorare per la decontaminazione“. A Taranto spiega Bernabè, è stata potenziata “l’infrastruttura di ricerca e sviluppo che ha lo scopo di dare un supporto metodologico e scientifico alla transizione. È stato costituito ex novo un centro di sviluppo che occupa un’area di 2300 metri quadrati con 15 laboratori. Assunti decine di ricercatori che lavorano su questo progetto di transizione. Il centro ha avviato importanti collaborazioni con aziende primarie e Università che raccolgono tutto il meglio che c’è in Italia sulla questione. Abbiamo in atto con Snam un progetto su decarbonizzazione e idrogeno verde, con Paul Wurth e Fincantieri per la riconversione del ciclo siderurgico integrale, con Eni e Maire Tecnimont per la cattura, lo stoccaggio e la riduzione della CO2“. E ci sono rapporti con le Università di Bari, di Napoli-Federico II e con il Politecnico di Torino e sono in atto delle interlocuzioni con altre Università per allargare il campo delle collaborazioni.
Passando a parlare del futuro industriale dello stabilimento di Taranto il presidente di Acciaierie d’Italia ha reso toto che il piano di decarbonizzazione si sviluppa in un decennio (2022-2032) con un investimento previsto di oltre circa 5 miliardi e mezzo di euro. Bernabè ha spiegato che, “800 milioni circa ( degli oltre 5 miliardi n.d.r.) ,sono destinati alla produzione di energie rinnovabili e idrogeno verde. Nel dettaglio del piano, il primo step, che è l’ottimizzazione della sostenibilità ambientale dell’area a caldo, riguarda il periodo 22-24 con la trasformazione del processo produttivo tradizionale verso la sostenibilità ambientale che consenta di attraversare questa fase verso lo sviluppo dell’introduzione del DRI senza soluzione di continuità“.
“Per questo è previsto un investimento molto importante, in questa prima fase 2022-2024, di 1 miliardo e 42 milioni di euro. Il secondo step – ha aggiunto Bernabè – è l’elettrificazione dell’area a caldo e l’utilizzo di idrogeno come vettore energetico. Questa fase copre il periodo 2024-2027, prevede già la minimizzazione della CO2 attraverso il processo della cattura e soprattutto prevede l’introduzione del primo forno elettrico. L’investimento qui è molto rilevante. Si tratta di 2 miliardi e 338 milioni di euro“.
“Il terzo step è l’estensione dell’elettrificazione dell’area a caldo nel periodo 2027-2029 e verrà realizzato il secondo forno elettrico con un investimento, non solo per il forno elettrico ma per tutto il contesto delle utilities e del DRI, di oltre un miliardo e 220 milioni” ha evidenziato il presidente di Acciaierie d’Italia, mentre “il quarto step è il completamento dell’elettrificazione dell’area a caldo che copre il periodo 2029-2032 col passaggio, alla fine del 2023, a soli forni elettrici alimentati in una prima fase a gas naturale e in prospettiva a idrogeno. Ovviamente dipenderà delle condizioni di economicità dell’utilizzo dell’idrogeno ma l’Unione Europea è molto determinata nel proseguire sulla strada dell’idrogeno e quindi fra dieci anni è verosimile che la competitività dell’idrogeno sia tale da poter essere utilizzata. Oggi invece non è così perché abbiamo costi dell’idrogeno che sono dieci volte quelli del gas, che nell’ultimo anno è quintuplicato“.