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29 Novembre 2024 14:17

Blitz antimafia interforze nel Gargano: 39 arresti e sequestro di beni per 10milioni di euro

Un duro colpo è stato inferto dalla Direzione Distrettuale e da quella Nazionale Antimafia a quella che viene ritenuta la "quarta mafia" del Paese che nel corso degli anni si è diffusa nel Gargano e nel foggiano.

Poco prima dell’alba i carabinieri del Ros (Raggruppamento Operativo Speciale), i poliziotti dello Sco, il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato ed i finanzieri dello Scico, il servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di Finanza, operativi nell’inchiesta “Mari e Monti”, hanno eseguito 39 ordinanze di custodia cautelare (37 in carcere, tra i quali anche una donna) e due ai domiciliari, e sequestrato beni per un valore di oltre 10 milioni di euro. È la prima volta, infatti, che una indagine antimafia della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari vede il concomitante coinvolgimento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, dei Servizi Centrali e Interprovinciali di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza e dei loro organismi territoriali.

Un duro colpo è stato inferto dalla Direzione Distrettuale e da quella Nazionale Antimafia a quella che viene ritenuta la “quarta mafia” del Paese che nel corso degli anni si è diffusa nel Gargano e nel foggiano. Decapitata l’organizzazione criminale mafiosa della potente famiglia dei Li Bergolis di Monte Sant’Angelo del Gargano, ritenuta negli ambienti della malavita come la “leggenda”, annientata dall’a capillare ‘ efficace ed imponente operazione condotta dall’intelligence antimafia che partendo da lontano, cioè da quando nel 2009 le due maggior organizzazioni mafiose foggiane, dei Romito-Ricucci-Lombardi e dei Li Bergolis, strinsero di fatto, tra loro, un accordo di “fratellanza” cioè di non belligeranza ed interferenza nelle rispettive attività criminali dei clan foggiani.

Da quel momento i clan della malavita foggiana si è resa responsabile di 21 omicidi, 18 tentati omicidi, decine di estorsioni, rapine, molteplici furti aggravati, ricettazioni e trasferimenti fraudolenti di valori per autofinanziare, insieme alle attività di spaccio, le proprie attività criminali molte delle quali in fase di pianificazione. Venticinque sono gli indagati per associazione mafiosa, due le associazioni a delinquere (una composta da 11 indagati e l’altra di 10). L’estensione della zona di influenza verso Vieste e l’acquisito controllo del litorale, avrebbe consentito anche “di occupare uno spazio significativo nella rete del narcotraffico internazionale”, ponendo i LI Bergolis quali interlocutori affidabili dei trafficanti albanesi, della camorra e delle cosche della ‘ndrangheta reggina. Gli ingenti capitali derivanti dal narcotraffico, sarebbero stati reinvestiti in varie attività, “favorendo il percorso di infiltrazione nel tessuto imprenditoriale” così creando una concorrenza sleale nei confronti dell’economia sana.

L’operazione è stata preparata a seguito di 134 intercettazioni ambientali e 16 telefoniche, di 22 luoghi sottoposti a videosorveglianza, e grazie alle preziose rivelazioni fornite dai collaboratori di giustizia, che in passato si erano resi latitanti. A scovare all’estero, in Francia e Spagna, i due “boss” della mala garganica, prima che diventassero collaboratori di giustizia, furono, grazie a una operazione internazionale di polizia i Carabinieri del Ros guidati dal generale Vincenzo Molinese che attraverso un’azione coordinata dal tenente colonnello Massimiliano Corradetti responsabile anticrimine del Ros di Bari, riuscirono a catturare i due super latitanti.

3580 pagine contenute nelle 33 deposizioni verbalizzate raccolte da investigatori e inquirenti nel corso degli anni a tracciare la mappa delle alleanze e delle attività della criminalità mafiosa dauna. Una attività, quella della mafia foggiana che, nel corso degli anni, oltre a diventare sempre più recrudescente, si è evoluta passando dalle attività legate alla ruralità fino alla gestione di attività economiche intestate a prestanomi, aziende di ricettività turistiche e di spaccio di sostanze stupefacenti provenienti dall’Olanda e dall’Albania. Una criminalità che riscuoteva anche il rispetto di ndrangheta e camorra, si legge negli atti.

Nella notte tra lunedì e martedì sono stati firmati dal ministro di Grazie e Giustizia, Carlo Nordio tre ordini di detenzione in carcere ai sensi dell’articolo 41bis che prevede le restrizioni di massima sicurezza, nei confronti del presunto boss reggente Enzo Miucci, del suo braccio destro, Matteo Pettinicchio e del referente sul territorio di Vieste, Claudio Iannoli, quest’ultima misura si è resa necessaria dopo che le lunghe indagini hanno fatto emergere come molti elementi di spicco della malavita foggiana, nonostante fossero ristretti nelle carceri riuscissero a a dare istruzioni e comandare all’interno dei rispettivi sodalizi criminali di provenienza, imponendo loro le operazioni da effettuare e relative strategie operative.

A presentare l’operazione è arrivato in Puglia il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo che insieme ai vari magistrati pugliesi impegnati nell’inchiesta, riferendosi ai clan colpiti dalle inchieste della giustizia li ha indicati come “una realtà di straordinaria pericolosità nella quale, alla dimensione violenta, vessatoria e intimidatoria del gruppo, si associa una capacità di operare nella modernità, dal traffico di stupefacenti al riciclaggio“. “L’operazione Mari e Monti – ha continuato – colpisce una delle organizzazioni più potenti della mafia della provincia di Foggia, colmando un deficit di intervento repressivo che, per il clan Li Bergolis, durava da 15 anni. Non si cessa di essere mafiosi una volta che si viene arrestati“.

I nomi degli arrestati

Le persone finite in carcere sono :

Armillotta Matteo,

Bisceglia Donato,

Carpano Davide,

Caterino Giovanni,

Ciccone Marino Arturo Pio ,

Ciliberti Nicola,

Ciuffreda Gianmichele,

Colangelo Libero,

Ferri Luigi,

Gallo Francesco,

Guerra Michele Libero,

Iannoli Claudio,

Iannoli Giovanni,

La Torre Orazio Pio ,

Lauriola Matteo,

Mazzamurro Luigi,

Miucci Antonio, Enzo, Leonardo e Raffaele,

Palena Raffaele,

Pettinicchio Matteo,

Prencipe Giorgio Raffaele,

Primavera Marco,

Quitadamo Piergiorgio,

Ricucci Lorenzo,

Romano Carmine,

Santoro Maria Gaetana,

Scarabino Lorenzo,

Stramacchia Giuseppe,

Tomaiuolo Tommaso,

Totaro Pasquale,

Totta Mario,

Troiano Gianluigi.

Agli arresti domiciliari sino finiti:

Maria Francesca Palumbo e il “boss” di Vieste, diventato collaboratore di giustizia, Marco Raduano.

Questi numeri dell’indagine:

33 interrogatori resi da 18 differenti collaboratori di giustizia, per totali 3580 pagine;

75 intercettazioni di differenti utenze telefoniche;

53 ambienti oggetto di intercettazione tra presenti;

16 apparati telefonici oggetto di intercettazione telematica con captatore informatico;

22 siti sottoposti a videosorveglianza;

16 intercettazioni di colloqui carcerari (con 43 colloqui utilizzati)

160 pronunce giudiziarie acquisite e versate in atti;

26 procedimenti penali collegati, analizzati;

3 provvedimenti di scioglimento comunale (Monte S. Angelo, Mattinata e Manfredonia)

14 interdittive antimafia esaminate;

▪ un elevato numero di verbali di arresto e di annotazioni di p.g.

▪ sequestri, nel tempo, di 11 fucili, 9 pistole, 3 ordigni esplosivi, 10 kg di materiale esplosivo, 636 munizioni.

▪ sequestri, nel tempo, di 1674 Kg di marijuana; 1, 3 Kg di cocaina; 1 kg. di eroina; 3 kg di hashish.

120 soggetti analizzati per le misure patrimoniali

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