di REDAZIONE CRONACHE
I dati dei contagi in Sicilia negli ultimi cinque mesi sarebbero aumentati in modo preoccupante più volte, ma nessuno l’ha mai saputo. Quei dati allarmanti, alterando i numeri dei positivi e dei tamponi, per mantenere l’indice sotto i livelli di guardia sarebbero stati nascosti dai vertici dell’Assessorato alla Salute. Un’accusa sicuramente pesante quella mossa dalla Procura di Trapani.
Dal mese di novembre appena trascorso sono circa 40 gli episodi di falso documentati dagli investigatori dell’Arma, l’ultimo dei quali risalente al 19 Marzo 2021. Effettuate perquisizioni domiciliari nei confronti di altri sette indagati alla ricerca di materiale informatico e non, utile alle indagini, ed è stata effettuata anche un’acquisizione informatica selettiva (in particolare, flusso e.mail e dati relativi all’indagine) presso i server dell’assessorato Regionale alla Salute e del citato Dipartimento.
Questa mattina, i Carabinieri del comando provinciale e del Nas hanno notificato tre provvedimenti di arresti domiciliari richiesti dal procuratore facente funzione di Trapani Maurizio Agnello e dalle sostitute Sara Morri e Francesca Urbani, ed accolti del gip di Trapani Caterina Brignone che ha riconosciuto la fondatezza della ricostruzione dei pm e la necessità di intervenire d’urgenza, ma subito dopo si dichiarata incompetente per territorio – così come segnalato dalla procura di Trapani- trasmettendo gli atti ai colleghi della procura di Palermo.
L’inchiesta incredibilmente è nata casualmente l’anno scorso, quando i Carabinieri indagavano su un laboratorio di Alcamo che avrebbe rilasciato centinaia di tamponi errati: tutti negativi quando invece erano positivi. A quel punto i magistrati di Trapani hanno deciso di fare un approfondimento all’assessorato regionale alla Sanità, attivando alcune intercettazioni da cui sono emerse le prime conversazioni sospette in cui si parlava di modificare i dati giornalieri dei contagi e dei tamponi.
Conversazioni che si sarebbero ripetute con cadenza allarmante. A gestire i dati era Maria Letizia Di Liberti, 59 anni, uno dei “personaggi” storici della burocrazia regionale siciliana , in servizio dal 1992, venendo stimata ed apprezzata dalle varie maggioranze e opposizioni che si sono succedute nel tempo per il suo ruolo di “tecnico”, nonostantea la sua carriera si fosse macchiata di un’inchiesta per peculato nel 2018, per alcune indennità non dovute.
Maria Letizia Di Liberti la dirigente generale del Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico della Regione Sicilia, è stata arrestata e posta ai domiciliari, unitamente ad Emilio Madonia, 38 anni dipendente della società “Pricewaterhousecoopers Public Sector srl” che gestisce i flussi informatici dell’assessorato, ed il nipote della Di Liberti, Salvatore Cusimano, 35 anni, funzionario regionale, braccio destro dell’ assessore Ruggero Razza il quale invece è attualmente solo indagato, al quale è stato notificato un invito a comparire e gli sono stati sequestrati i telefoni cellulari. Sul suo conto però, specificano gli investigatori non emerge “compendio investigativo grave“, ma “è emerso il parziale coinvolgimento nelle attività delittuose del DASOE”. Contro di loro i pubblici ministeri hanno indicato ben 36 capi di imputazione.
Secondo la Procura c’è stata piena consapevolezza dell’assessore alla Sanità Razza anche lui “incastrato” dalle intercettazioni, sulla condotta della dirigente Di Liberti la dirigente regionale che avrebbe dovuto comunicare i dati dei decessi per Covid in Sicilia all’Istituto Superiore di Sanità. Razza nelle intercettazioni viene sentito dire di “Spalmiamoli un poco…” registrati il 4 novembre nella zona di Biancavilla (Catania), nei giorni a seguire, o ancora di “I deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?”, chiede lei non sapendo di essere intercettata. “Ma sono veri?“, chiede Razza. “Si, solo che sono di 3 giorni fa”, risponde. La dirigente prosegue: “Ah, ok allora oggi gliene do uno e gli altri li spalmo in questi giorni, va bene, ok. Mentre quelli del San Marco, i 6 sono veri e pure gli altri 5 sono tutti di ieri… quelli di Ragusa, Ragusa 5! E questi 6 al San Marco sono di ieri.. perché ieri il San Marco ne aveva avuti ieri altri 5 del giorno prima, in pratica. Va bene?” “Ok”–
“Letizia è inutile che facciamo stare in piedi sacchi vuoti… c’è stata una gravissima sottovalutazione e il dato finale di questa sottovalutazione di questa gravissima sottovalutazione è scritto in quegli indicatori, poi secondo me sono sbagliati perché mettono sullo stesso piano indicazioni diverse, però come avrai visto ci sono dei dati dove noi comunichiamo zero! … E chissà da quanto! “. Così parlava l’assessore regionale alla Sanità siciliana Ruggero Razza, non sapendo di essere intercettato, con la dirigente regionale Letizia Di Liberti dei dati sulla pandemia comunicati all’Iss. La conversazione telefonica è del novembre scorso dopo la decisione del Governo di mettere la Sicilia in “zona arancione“.
Nell’inchiesta risultano indagati anche il vice capo di gabinetto dell’assessore Razza,Ferdinando Croce e Mario Palermo, direttore del Servizio 4 del Dipartimento diretto da Maria Letizia Di Liberti. In tutto gli indagati sono 7, e sono tutti accusati di vari episodi di falso materiale e ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico.
Una gestione dei numeri preordinata, le direttive in certe giornate della Di Liberti imposte ai suoi collaboratori, erano quelle di non superare determinate soglie numeriche. Quello sinora emerso dagli atti dell”indagine in sintesi è che probabilmente la Sicilia avrebbe avuto bisogno di misure di contenimento maggiormente restrittive e che quindi lo svilupparsi dell’emergenza pandemica sia da collegarsi a ciò che è stato comunicato, per nulla corrispondenti alla reale situazione.
Dalle carte dell’inchiesta emerge che in una prima fase i dati comunicati dalle singole aziende venivano scritti su fogli exel e trasmessi dalla Regione al sistema integrato di sorveglianza dell’Istituto superiore di sanità e della Protezione civile nazionale. Poi si è iniziato a caricarli su due distinte piattaforme informatiche, una per la Protezione civile nazionale che elabora il bollettino giornaliero e un’altra dell’Istituto superiore di sanità che invece elabora il report settimanale sulla base del quale il ministero alla Salute classifica le regioni nelle varie fasce di rischio.
Proprio la tempestività con cui vengono comunicati i dati dei nuovi casi è tra i criteri di valutazione della cabina di regia dell’Istituto superiore di sanità. Tra i 21 parametri presi in considerazione infatti ci sono ben quattro indicatori di qualità sulla capacità di monitoraggio che valutano appunto il rapporto tra la scoperta dei nuovi casi e il tempo di trasmissione alle piattaforme informatiche. Le Regioni vengono inoltre valutate anche su sette indicatori di risultato relativi alla stabilità di trasmissione dei dati.
La dirigente generale Di Liberti aveva avviato una battaglia nei mesi più intensi della pandemia, per mettere ordine al caos imperante nella raccolta dei dati su contagi e tamponi. A novembre, aveva scritto una nota dai toni perentori a tutte le aziende sanitarie. Iniziava così: “L’omissione o l’incompleta registrazione dei dati sulla piattaforma informatica da parte dei soggetti coinvolti nel processo di esecuzione e/o analisi dei tamponi, costituisce una grave inadempienza che rischia di compromettere la qualità delle analisi e delle valutazioni sull’andamento dell’epidemia e, conseguentemente, di indurre i decisori ad attuare misure di contenimento non proporzionate al quadro reale epidemiologico“. Adesso, è lei ad essere accusata di avere omesso e alterato quei dati. Normale chiedersi perché l’avrebbe fatto, se per un qualche interesse personale o solo, per fare carriera. Forse per compiacere il suo assessore o per coprire alcune inadeguate criticità nell’organizzazione della sanità siciliana?
La giudice per le indagini preliminari Caterina Brignone, nella sua ordinanza evidenzia che ci si trova di fronte a “un disegno politico scellerato a cui sembra estraneo il presidente della Regione Musumeci, che anzi – scrive il Gip – pare tratto in inganno dalle false informazioni che gli vengono riferite“. “Emerge un quadro a di poco sconcertante e sconfortante del modo in cui sono stati gestiti i dati pandemici regionali, in un contesto in cui alla diffusa disorganizzazione ed alla lentezza da parte degli uffici periferici incaricati della raccolta dei dati si è sommato il dolo di organi amministrativi e politici ai vertici dell’organizzazione regionale” è quanto si legge nell’ordinanza del gip.
L’inchiesta è appena all’inizio. Nella telefonata l’assessore si dice amareggiato, deluso – scrive il gip – “per non essere riusciti ad assicurare la buona gestione dell’emergenza sanitaria”. “Razza – scrive il giudice – riferisce che il 90% della situazione creatasi è attribuibile alla loro piena responsabilità, ma la Di Liberti sostiene che i dati sono quelli estrapolati dalle piattaforme informatiche, al che l’assessore le fa notare, con rammarico, che nessuno lo ha mai informato della grave criticità emersa, a suo dire, da un raffronto dei dati della Regione Siciliana con quelli comunicati dalle altre Regioni”.
L’assessore Razza ha chiesto al presidente Musumeci di accettare le sue dimissioni. Il governatore Nello Musumeci ha accettato le dimissioni. Il presidente terrà l’interim. “Ho letto le agenzie, inutile dire che in questi casi si resta sorpresi. Noi le zone rosse le abbiamo anticipate non nascoste: è storia. Ma bisogna avere rispetto per la magistratura, ho fiducia nell’assessore Ruggero Razza, se fosse responsabile da solo adotterebbe le decisioni consequenziali. Bisogna essere sereni e fiduciosi, sono convinto che la verità emergerà prestissimo“. Così ha commentato il governatore della Sicilia, Nello Musumeci che ha aggiunto: “Quello che abbiamo fatto in un anno è stato improntato alla massima trasparenza, abbiamo sempre seguito la linea del rigore e della fermezza“. “Fino alla scorsa settimana – ha proseguito – abbiamo chiesto noi a Roma la zona rossa perché noi guardavamo al numero dei morti. Facciamo andare avanti le indagini, gli avvisi di garanzia servono a fare chiarezza, lasciamo lavorare e alla fine ne trarremo le conclusioni”.