ROMA – Il Procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, ha presentato domanda di pensione , innanzitutto per le sue note precarie condizioni di salute ma sopratutto “per tutelare l’immagine della Procura di Taranto”. Lo ha ha reso noto il suo legale, avvocato Angela Pignatari, al termine dell’interrogatorio di garanzia durato circa un’ora svoltosi nel Palazzo di Giustizia di Potenza. “Capristo ha fornito ogni spiegazione – ha aggiunto l’avvocato Pignatari – ai fatti che gli venivano contestati“.
Il Procuratore di Taranto si trova agli arresti domiciliari dallo scorso 19 maggio nell’ambito di una discutibile se non imbarazzante inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Potenza, competente sui magistrati jonici, rispondendo delle fantasiose accuse di induzione indebita a dare o promettere utilità, che peraltro non sono mai state provate dal magistrato inquirente Francesco Curcio, attualmente facente funzione di procuratore capo di Potenza, che lo scorso 10 gennaio il Consiglio di Stato si è visto revocare la sua nomina dal massimo organo della giustizia amministrativa, che ha accolto le contestazioni presentate dal noto magistrato Laura Triassi anch’ essa in servizio presso la Procura di Potenza.
Il procuratore di Taranto Capristo è entrato nel Palazzo di Giustizia su una sedia a rotelle e “nonostante le compromesse condizioni di salute il procuratore Capristo ha deciso di non differire l’interrogatorio di garanzia e di renderlo: questo era importante per la sua difesa e per i suoi 40 anni di servizio. Ha fatto ogni sforzo per affrontare l’interrogatorio e per rendere – ha dichiarato il suo legale avv. Pignatari – ogni risposta adeguata alle domande“.
Il legale del procuratore Capristo ha chiesto la revoca dei domiciliari, decisione questa in capo al Gip dr. Antonello Amodeo del Tribunale di Potenza che adesso dovrà decidere entro i prossimi 5 giorni.
La scorsa settimana si erano svolti gli interrogatori di garanzia delle altre quattro persone ai domiciliari, l’ispettore di polizia Michele Scivittaro, e gli imprenditori baresi Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo: secondo quanto si è appreso, i quattro avrebbero detto di aver agito autonomamente, escludendo fermamente il coinvolgimento di Capristo, ma non per indurre la magistrata Curione a portare avanti una denuncia per usura ma esclusivamente per sapere a che punto fosse il procedimento.
Adesso la “palla” passa alla Quinta Commissione del Csm, il Consiglio Superiore della Magistratura che dovrà mettere a bando l’incarico di procuratore capo a Taranto, dove sarà difficile per l’attuale aggiunto Maurizio Carbone (esponente della corrente “sinistrorsa” di Area) candidarsi, considerato la presenza di un procedimento a suo carico dinnanzi alla Prima commissione, insieme al procuratore capo di Matera Pietro Argentino considerato notoriamente “vicino” a Forza Italia, che nel plenum del Csm conta poco o nulla.