L’ infiltrazione di anidride carbonica per via sottocutanea o intradermica, oggi nota come carbossiterapia, è conosciuta dagli anni ’30, quando a Royat in Francia si osservarono i benefici effetti di trattamenti termali con somministrazione transdermica di CO2 su pazienti affetti da arteriopatie periferiche. L’utilizzo in medicina estetica viene sviluppato in Italia intorno agli anni ’90 e sempre italiano è lo sviluppo delle prime apparecchiature per le applicazioni in sede sottocutanea. Clelia Cassano, medico di medicina estetica a Lecce ed a Taranto si è diplomata presso la Scuola internazionale di medicina estetica Fondazione Fatebenefratelli di Roma, ci offre una disamina delle indicazioni e risultati della carbossiterapia in medicina estetica e dermatologia.
La carbossiterapia è nota per essere particolarmente indicata nel trattamento della cellulite: quale è il razionale di efficacia?
Nella PEFS esiste una indubbia diminuzione della vasomotion, flowmotion e del letto vascolare, con ipossia e alterazione della regolazione del flusso ematico al tessuto adiposo. L’infiltrazione di CO2 provoca un rilascio massivo di ossigeno, con benefici immediati. Gli effetti a lungo termine sono determinati da un aumento della vasomotion, vasocostrizione alternata a vasodilatazione, con onde che da 15/min passano a 50/min dopo appena 150 cc di anidride carbonica iniettata, attestato dalla videocapillaroscopia a sonda ottica. L’aumento della disponibilità di O2 , determinato dalla vasomotion, viene esaltato dall’accresciuta velocità del flusso ematico ai tessuti, flowmotion, determinata dall’aumentata deformabilità eritrocitaria che diminuisce la viscosità ematica. La CO2 provoca in aggiunta apertura e canalizzazione di capillari preesistenti ed AVA, con conseguente maggiore quantità di flusso ematico tissutale
Quali risultati ha riscontrato sulla cellulite?
Eccellenti. Oltre alla sensazione di benessere e leggerezza che segue la seduta nell’immediato, si riscontra, nel prosieguo, un benessere più stabile e protratto nel tempo (pesantezza, crampi, formicolii) nonché un miglioramento dell’aspetto estetico con riduzione dei volumi, aumentata tonicità e una chiara attenuazione delle caratteristiche ondulazioni.
La cellulite è una condizione cronica come il diabete, che regredisce e va in remissione grazie a terapie, alimentazione e corretto stile di vita, ma è difficile pensare a una vera guarigione senza che tali condizioni sussistano; pertanto il richiamo terapeutico a fine ciclo risulta indispensabile, seppure personalizzabile. Più tardi si instaura il trattamento, più risulta difficile, naturalmente, ottenere risultati ottimali a causa di aggravamenti anatomofunzionali irreversibili. La risposta alla carbossiterapia c’è sempre, ma l’entità, la velocità e la durata del risultato dipendono, oltre che dallo stadio evolutivo – edema, fibrosi e sclerosi – da fattori individuali. Ho notato che il persistere nel trattamento, con più cicli terapeutici, migliora la qualità e la durata del risultato.
Come si pone la carbossiterapia rispetto alla liposuzione?
È una questione di indicazioni terapeutiche. L’atto chirurgico andrebbe riservato elettivamente all’adiposità localizzata, tessuto adiposo in eccesso, ma normale dal punto di vista anatomo-funzionale. Nel caso di liposuzioni effettuate su pannicolopatia non è infrequente, infatti, osservare, effetti collaterali legati al traumatismo tissutale, in un ambiente già compromesso dal punto di vista vascolare e microcircolatorio. La CO2 si affianca alla chirurgia per ridurre l’incidenza degli antiestetici dimpling post-lipo, accelerare il post-operatorio e nel trattamento della lipomatosi multipla simmetrica. Per quei pazienti che non possono/vogliono affrontare una liposuzione, accontentandosi di un risultato meno eclatante, l’utilizzo della CO2 potrebbe costituire un’alternativa. L’azione riduttiva della CO2 sul grasso, infatti, è dovuta sia a un’azione sia clasica che litica sugli adipociti. Studi istologici hanno dimostrato la clasi di membrana e la totale indennità a carico del connettivo, delle strutture vascolari e nervose. Il meccanismo lipolitico, invece, riconosce l’attivazione del recettore beta adrenergico adipocitario, con attivazione successiva dell’adenilatociclasi, che catalizza la trasformazione dell’ATP in AMPc, responsabile dell’attivazione della PKA, che stimola la lipasi intradipocitaria, quest’ultima responsabile dell’idrolisi dei trigliceridi a glicerolo e acidi grassi. L’aumentato apporto di ossigeno e flusso ematico poi, favorisce i processi ossidativi degli acidi grassi con un incremento metabolico del tessuto adiposo.
Nell’invecchiamento cutaneo, a chi riservare questo trattamento?
A tutti i casi in cui l’apporto vascolare risulta insufficiente per estrogeni in calo, tabagismo o per terapie mediche che comportino una battuta d’arresto inevitabile sul supporto vascolare come i farmaci target in oncologia. Utile nell’aging fisiologico di viso, collo, décolletè, dorso delle mani e interno coscia, come pure nel trattamento di occhiaie, ptosi della palpebra superiore e borse, quando l’atto chirurgico è ancora sconsigliabile, ma l’inestetismo comincia a comparire; inoltre, la carbossiterapia, potenzia i risultati di trattamenti come biostimolazione, fattori di crescita piastrinici, luci pulsate, laser, peeling e filler. Gli impieghi più recenti sono il trattamento dell’invecchiamento dei genitali femminili e l’alopecia.
In ambito dermatologico quali sono le indicazioni?
Nella patologia dermatologica, si fa strada per il trattamento della psoriasi. In poche sedute si assiste a un netto miglioramento e a volte persino alla scomparsa delle lesioni. Il meccanismo non è del tutto chiaro, ma sembra coinvolgere la stimolazione recettoriale beta, la cui diminuita sensibilità è dichiarata nella psoriasi. L’attivazione recettoriale supererebbe l’inibizione della fosfodiesterasi che attiva la PKA, capace di fosforilare svariati enzimi intracellulari preposti alla biosintesi. La psoriasi è caratterizzata dal punto di vista istopatologico da una situazione microangiopatica e dal punto di vista fisiopatologico microcircolatorio da una situazione di stasi microcircolatoria, condizioni su cui la carbossiterapia svolge funzione riabilitativa.
E le controindicazioni?
Insufficienza respiratoria, cardiaca, renale, epatica gravi; terapia con acetazolamide, diclofenamide o altri inibitori dell’anidrasi carbonica; ipertensione arteriosa grave; pregresso ictus cerebrale; tachiaritmie cardiache; trombosi arteriose; tromboflebiti; flebotrombosi; embolie; gangrena gassosa. Inoltre è da evitare in gravidanza.
Lei utilizza la carbossiterapia per ridurre l’impatto sulla cute delle terapie oncologiche…
Gli agenti chemioterapici sono farmaci citotossici a scarsa selettività, inducono morte o arresto della crescita cellulare bloccando il DNA con legami stabili e colpiscono soprattutto le cellule in rapido ricambio come la cute e gli annessi. La tossicità quindi non si limita solo alle strutture cosiddette “vitali”, come il midollo, tanto da provocare una senescenza dell’aspetto nella sua globalità. L’introduzione dei farmaci target, poi, se da un lato ha rappresentato una nuova vincente frontiera terapeutica, dall’altro ha causato un nuovo fronte di complicanze, prevalentemente cutanee, con una percentuale più elevata rispetto al passato, spesso con grado di tossicità tale da alterare la QDV o da richiedere la sospensione della terapia stessa. Infatti tali farmaci agiscono come inibitori dei fattori di crescita (EGF, FGF, VEGF, PDGF, IGF…), dalla cui integrità funzionale dipendono crescita, proliferazione, mobilità, differenziazione, difese e vascolarizzazione.
Tutto ciò gioca a svantaggio della cute, le cui complicanze ‒ follicoliti, nasovestiboliti, rush, secchezza, desquamazione, ragadi, sindrome mano piede, alterazioni ungueali ‒ sono una conseguenza dell’alterato equilibrio nella fisiologia cutanea. Tali farmaci vengono spesso utilizzati in associazione con chemioterapici classici e radioterapia, che incrementano la tossicità cutanea in modo esponenziale al punto tale da costringere l’oncologo a sospendere temporaneamente il trattamento per gradi 3 e 4 di tossicità. Utilizzando la carbossiterapia prima e durante la terapia oncologica in questi pazienti, ho potuto osservare come gli effetti collaterali a carico della pelle risultino fortemente attenuati o addirittura assenti, in virtù del miglioramento della circolazione e del più rapido allontanamento del farmaco dal distretto cutaneo trattato.
Vede uno sviluppo dell’uso della carbossiterapia contestualmente alla terapia oncologica?
Nell’immaginario collettivo e individuale il cancro continua ad associarsi a significati di sofferenza fisica e psichica, morte ineluttabile, stigma, diversità, colpa e vergogna. La paura della sofferenza indotta dai trattamenti può prevalere sulla paura della malattia stessa, impedendo al paziente di raggiungere quell’adattamento psicologico necessario per combattere e sopravvivere. La medicina estetica, con i suoi trattamenti come la carbossiterapia, può impedire al malato di vedere alterata la sua immagine corporea, espressione profonda del nostro esistere, del modo personale di essere al mondo, la nostra espressione sociale e professionale. Tutelare l’immagine di un paziente oncologico permette di tutelare il dialogo con se stesso e la sua qualità di vita.
Da qui l’importanza di disporre di una terapia veramente efficace e innocua, accettata dall’oncologo perché completamente scevra da effetti deleteri sulla malattia di fondo, facilmente praticabile e con elevatissima tollerabilità. Inoltre, per tutte quelle malattie in cui potrebbe essere dubbioso agire con soluzioni di medicina estetica a elevato impatto sul sistema immunitario o patologie a elevato carico farmacologico per il paziente, vedo certamente ampie possibilità di ricorrere alla carbossiterapia con enorme soddisfazione. L’anidride carbonica, iniettata nei tessuti in dosi largamente al di sotto di quelle prodotte dal nostro corpo, viene dismessa pressocché immediatamente, impedendo reattività dovute alla permanenza tissutale di materiali, tutti potenzialmente non scevri da effetti collaterali legati a reattività immunitarie imprevedibili e proprie, sostanze chimiche utilizzate per la loro preparazione/estrazione o contaminanti.
La cute fragile del paziente che effettua terapie di questo tipo mal tollera poi l’aggressione di laser, luci pulsate e peeling e, accanto alla carbossiterapia, solo le luci LED potrebbero dare un grande contributo nel trattamento riparativo-rigenerativoantiaging di queste condizioni. Va considerato che accanto alla regolazione del flusso ematico, la CO2 apporta nutrienti, ioni, ormoni, drena le tossine e incrementa il metabolismo locale, cosa ottimale per una cute bersagliata da polichemioterapia e radioterapia.
Chi è Clelia Cassano. Laureata in medicina e chirurgia presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1990, ha avviato nel 1991 il proprio ambulatorio di medicina estetica a Martina Franca (TA) .
Consegue il Diploma di formazione in medicina estetica presso la Scuola internazionale Fatebenefratelli di Roma e il Diploma di formazione specifica in medicina generale.
E’ responsabile dal 2005 dell’Ambulatorio di medicina estetica presso la Casa di Cura Prof. Petrucciani di Lecce. si interessa di molteplici tecniche di medicina estetica ai fini del ringiovanimento, in particolare filler a base di acido ialuronico, utilizzo di fattori di crescita piastrinici e carbossiterapia, quest’ultima anche a fini terapeutici. Tra i suoi interessi clinici e scientifici lo studio della genesi della cellulite. Si occupa inoltre di prevenzione e cura dell’invecchiamento cutaneo conseguente alle terapie nei malati oncologici, che tratta nel proprio ambulatorio a titolo gratuito.
Relatrice in workshop e convegni organizzati da diverse società scientifiche, è referente per la Scuola internazionale di medicina estetica Fondazione Fatebenefratelli di Roma e del Master di secondo livello in medicina estetica e del benessere dell’Università di Pavia