Pubblichiamo la lettera che il segretario generale del Sap, Sindacato autonomo di polizia, ha scritto al premier Matteo Renzi.
Caro Presidente del Consiglio,
come poliziotto e come servitore dello Stato sento di essere stato tradito.
Ogni giorno e ogni notte poliziotti, carabinieri, penitenziari, forestali, vigili del fuoco e militari escono di casa per andare a lavorare e non sanno se potranno far ritorno dalle loro famiglie. La nostra è una professione difficile, non un semplice “lavoro”, ma una vera e propria missione.
Pur con tutti i nostri limiti personali e umani, nonostante i tagli che la classe politica e di Governo non ci ha risparmiato negli ultimi dieci anni, noi garantiamo la sicurezza dei cittadini e della nazione. Assicuriamo anche la sua sicurezza, caro Presidente. E la garantiamo pure a tutti quei ministri che dovrebbero occuparsi dei nostri problemi e che invece, mi pare, sono spesso ben attenti a mantenere intatta la propria ben pagata poltrona.
Ho parlato più volte col ministro Alfano e ho sentito spesso le dichiarazioni anche della sua collega Pinotti. Da loro sono giunti sempre grandi apprezzamenti per il lavoro delle forze dell’ordine, grandi lodi per operazioni e arresti eccellenti, grandi promesse per evitare tagli al comparto sicurezza, fare una vera riforma del settore e dare un po’ di sollievo a stipendi fermi da cinque anni. Tutte parole al vento, tutte belle intenzioni, tutte vane fole perché il blocco stipendiale 2015 colpirà in misura doppia le donne e gli uomini in divisa: il danno derivante dal combinato disposto blocco contrattuale / tetto salariale ammonta a 400 / 500 euro netti per un operatore con 20 anni di servizio e qualifica intermedia.
Caro Renzi, una cosa deve essere chiara: io comprendo bene l’esigenza riformista che sta muovendo la sua azione e debbo dire di aver anche apprezzato certe proposte per rilanciare l’economia del nostro Paese, per ridisegnare le istituzioni. Personalmente, non vengo dalla montagna con la piena e non sono uno di quei poliziotti – sindacalisti che chiede la Luna senza sapere come arrivarci.
Da mesi, attraverso chi nel suo partito si occupa di sicurezza, chiedo di essere ricevuto – e non ho mai avuto risposte! – per portare alla sua attenzione una semplice, ma innovativa proposta: riformiamolo insieme questo carrozzone con sette forze di polizia, cinque nazionali e due locali, più vigili del fuoco e guardia costiera. Riduciamo i corpi, gli apparati, i dipartimenti. Stronchiamo le burocrazie, le dirigenze, i vertici che guadagnano in un mese lo stipendio di 30 agenti. Tutto questo porterebbe risparmi strutturali da 2 a 4 miliardi annui. Più o meno le cifre che lei conta di incassare con questo ennesimo blocco stipendiale, esteso a tutto il pubblico impiego.
Mi sento tradito dal mio Ministro e dal mio Capo ai quali domando adesso, con coraggio, di unirsi ai loro poliziotti che chiedono solo dignità e rispetto oppure di dimettersi senza ulteriore indugio. Ma non posso, ad oggi, non sentirmi tradito anche da lei, stimatissimo Presidente del Consiglio, che ho sentito spesso parlare di scuola e insegnanti, poco o nulla di sicurezza e forze dell’ordine.
Cambiamo verso anche in questo settore, abbia la bontà di ricevermi, assieme agli amici della Consulta Sicurezza, per parlare di cose serie e di riforme vere. Non se ne pentirà. Altrimenti, caro Renzi, lei sarà ricordato nei libri di storia come colui che, in un solo colpo, è riuscito a scontentare e soprattutto a deludere tutti i professionisti della sicurezza del nostro strano Paese, capace di preoccuparsi dei tanti migranti disperati che affollano le nostre coste e capace, allo stesso modo, di dimenticarsi in India due straordinari servitori di questa nazione.
di Gianni Tonelli- Sindacato autonomo di Polizia