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22 Novembre 2024 04:12

Casaleggio contro il premier: “Non invitato da Conte, ecco il mio piano”

"Dieci finanziarie in un anno". Il presidente di Rousseau al Corriere. "Il nuovo capo politico sia votato. I parlamentari che ho sentito sono contrari a una deroga al tetto dei due mandati"

ROMA – Nel giorno degli Stati generali del premier, Davide Casaleggio lancia il suo piano “Niente sarà più come prima” per far ripartire l’Italia con un intervista al Corriere della Sera. Il presidente di Rousseau, “non invitato” da Conte a Villa Pamphili, illustra i suoi dieci punti. Non sarà un piano da contrapporre al ‘piano Colao’, spiega.

Questa l’intervista:

Davide Casaleggio, lei ha realizzato un documento dal titolo «Niente sarà più come prima» dal quale emerge un piano di rilancio per l’Italia in dieci punti.

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”, diceva Seneca. Lo spirito dell’Associazione Gianroberto Casaleggio che ha realizzato questo lavoro, utilizzando il metodo Delphi, è stato di evidenziare possibili direzioni dove dirigere l’intervento dello Stato quest’anno, per raggiungere risultati importanti tra un lustro. È necessario scegliere la destinazione che vogliamo per questo Paese prima di scegliere le vele. Nella ricerca sono stati coinvolti 36 esperti di vari settori: imprenditori, sociologi, professionisti e professori

Senta, ma il suo è «il piano Casaleggio» da contrapporre magari al piano Colao?
No. Dobbiamo pensare agli obiettivi, non alle contrapposizioni. Il 2020 è l’anno in cui è necessario investire nell’economia oltre il 15% del Pil per sostenerla e rilanciarla. Dieci anni di finanziarie tutte concentrate in un solo anno che devono creare valore da redistribuire in futuro. Lo studio ha dimostrato che occorre digitalizzare il Paese, efficientare le risorse, sostenere la liquidità per il reddito e le aziende, investire in ricerca e sviluppo, nuova energia, sanità. Il territorio deve essere resiliente e va rivisto l’approccio sulle infrastrutture puntando sulla manutenzione e non su nuove grandi opere. L’approccio al lavoro sta cambiando e così anche la formazione».

Rispetto al piano Colao ci sono differenze sensibili: non si parla di compensazioni fiscali, di scudi penali su Covid, di accesso al credito. Lei cosa ne pensa?
«I sostegni all’economia potranno essere utili nell’immediato e infatti sono emersi nella ricerca come uno dei dieci punti su cui gli Stati devono impegnarsi. Ma occorre avere il coraggio di guardare al futuro. Serve investire con obiettivi a lungo termine. Le aziende che oggi sopravvivono grazie ai sussidi il prossimo anno devono poter competere ad armi pari con i concorrenti esteri grazie a una digitalizzazione del Paese e forti investimenti in ricerca e sviluppo».

A suo avviso quale è la priorità per il Paese? Lo Stato deve tornare al centro?
«Negli ultimi mesi lo Stato è sicuramente tornato centrale. Il governo ha preso le redini, stringendo le maglie, invitando all’unità e guidando l’incertezza. Se fino a oggi il primo obiettivo doveva essere il sostegno al reddito, ora è necessario prevedere gli investimenti per garantire che un’economia ci sia ancora nei prossimi anni».

Come primi punti parla di formazione dei nuovi lavori e creazione di un territorio resiliente: non teme che siano progetti a lungo termine quando la crisi potrebbe mettere in ginocchio milioni di famiglie nell’immediato?
«Sono progetti su cui siamo già in ritardo. Già oggi non ci sono lavoratori formati per i nuovi lavori disponibili. La fragilità del nostro territorio l’abbiamo già sentita con terremoti, alluvioni che non possiamo più permetterci in futuro, metterebbe in ginocchio qualunque speranza di rilancio di un territorio. E nell’immediato permetterebbe di avere anche un grande impatto sull’occupazione».

Lei è stato invitato agli Stati generali?
«No».

È soddisfatto di come si è mosso il governo in questa fase?
«Il governo ha fatto un grande sforzo per sostenere l’economia e il reddito in questi ultimi tre mesi. Ora arriva la parte più difficile per prevenire l’impatto sistemico che avremo su alcuni settori anche in ottica di competizione internazionale».

E il Movimento? C’è bisogno di un nuovo leader
«A condurre il Movimento sono da sempre stati gli iscritti. Se parla del capo politico l’ultimo si è dimesso e quindi per legge dovrà esserne votato il successore».

Intanto ha fatto capire di essere contrario a una deroga al tetto dei due mandati.
«Ho detto che se ci siamo dati delle regole all’inizio di questo percorso bisogna fare in modo che le stesse vengano rispettate. Anche tutti i parlamentari con cui ho parlato mi hanno detto di essere d’accordo nel vedersi come cittadini prestati alla politica e non di carriera».

Alcune indiscrezioni la vogliono più isolato, con una parte del Movimento che spinge per rendere Rousseau solo un fornitore di servizi. È così?
«Ho imparato a diffidare delle indiscrezioni che vengono costantemente smentite dai fatti

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