“La pubblicazione delle intercettazioni può svelare i cosiddetti “arcana imperii” ed è proprio questo che il potere, per legittima difesa, non gradisce“. Parla così Gian Carlo Caselli, magistrato oggi in pensione che non ha bisogno di essere presentato per via della sua storia, dalle indagini su terrorismo e mafia alla direzione di procure come Palermo e Torino. Lo dice al quotidiano La Repubblica nelle stesse ore in cui dallo staff del premier Renzi trapela che tra la soluzione Bruti-Pignatone (pubblicabile solo ordinanza e richiesta, segreto il resto fino al processo) e quella di Gratteri (niente intercettazioni neppure nelle ordinanze e carcere per i giornalisti che le pubblicano), è per la seconda.
Bruti-Pignatone, che gliene pare?
“Mi sembra evidente la preoccupazione che possa intervenire un qualche giro di vite ancora più stretto e quindi la volontà di provare a ridurre i danni. Ma sono pur sempre proposte che si prestano a critiche“.
Così si sposterebbe molto avanti la possibilità di apprendere dettagli importanti delle intercettazioni e dell’impianto stesso delle inchieste…
“L’esperienza ci dice che da alcuni anni l’informazione ha avuto un ruolo decisivo per far conoscere, e quindi contrastare meglio, alcuni gravi problemi che il nostro Paese ha avuto. L’elenco è lunghissimo. Per usare il linguaggio giornalistico, parliamo di Tangentopoli, Bancopoli, Furbettopoli, Calciopoli, Vallettopoli, Crac Cirio, Crac Parmalat, e via via i nuovi scandali, Expo, Mose, Mafia Capitale. Se non ci fosse stata un’informazione attenta, come per fortuna c’è stata, la qualità della nostra democrazia avrebbe potuto peggiorare. Se questo ruolo fosse cancellato o pesantemente limitato sarebbero guai“.
Spostare in avanti la pubblicità dei materiali del processo, non è in contraddizione con l’ansia dirompente di sapere dell’opinione pubblica?
“Comprimere più di tanto la libertà di informazione mi sembra molto pericoloso perché rischieremmo di non sapere più nulla degli scandali della cui gravità abbiamo detto. Tanto più se si tiene conto dei tempi del nostro processo che, se si aspettano le udienze pubbliche, campa cavallo… E attenzione che così anche le autorità di controllo e il potere politico, che in un sistema ben funzionante dovrebbero conoscere tempestivamente quel che succede di storto per poter intervenire, rischierebbero di non sapere più nulla per anni. I danni prodotti dalle storture potrebbero diventare irrimediabili“.