L’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, 71 anni, magistrato in pensione, è stato mandato a processo dal Gup di Brescia, Federica Brugnara, imputato per rivelazione di segreto di ufficio per la vicenda della diffusione dei verbali coperti da segreto istruttorio resi dall’avvocato siciliano Piero Amara sulla presunta esistenza della loggia “Ungheria”. Il rinvio a giudizio nei confronti del magistrato in pensione e noto per essere stato il ‘Dottor Sottile‘ del pool milanese ‘Mani Pulite‘ coincide casualmente con il giorno del trentennale dell’arresto di Mario Chiesa a quell’epoca presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano , da cui scaturì l’inchiesta Tangentopoli.
La giudice per le udienze preliminari dr.ssa Brugnara ha quindi accolto la tesi accusatoria sostenuta dal procuratore di Brescia Francesco Prete e dai pm Donato Greco e Francesco Milanesi e cioè che la consegna dal pm Storari all’ex consigliere del Csm Davigo nell’aprile 2020 delle copie in formato di testo (word) dei verbali privi di firma, resi tra dicembre 2019 e gennaio 2020 da Amara, non potesse venire giustificata né dal fatto che fosse stato Davigo a rassicurare Storari sulla liceità della consegna e sulla non opponibilità del segreto investigativo a un consigliere Csm; né tantomeno dal movente del pm Storari di lamentare i contrasti con i vertici della Procura sui ritardi (a suo avviso) nell’avviare concrete indagini.
Tra le successive varie rivelazioni di segreto a suo carico, Davigo verrà processato non per quelle al procuratore generale Giovanni Salvi e al primo presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio, che non gli sono mai state contestate dall’accusa, ma bensì per quella al vicepresidente del Csm David Ermini, il quale compone il Comitato di Presidenza del Csm insieme a Salvi e Curzio . Ermini ricevette da Davigo anche la copia dei verbali, che si affrettò poi a distruggere ritenendoli irricevibili, pur parlando della vicenda con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che è anche il presidente del Csm.
Come rivelazioni di segreto sono state contestate le rivelazioni di Davigo ai consiglieri togati del Csm Giuseppe Marra, Giuseppe Cascini, Ilaria Pepe, ed ai laici Fulvio Gigliotti e Stefano Cavanna; alle sue due segretarie al Csm Giulia Befera e Marcella Contraffatto , al presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, il senatore Nicola Morra (in quel momento esponente del Movimento 5 Stelle), in un colloquio privato, secondo i magistrati della procura di Brescia al di fuori da qualsiasi regola, con l’intento di motivare i contrasti insanabili con il consigliere Csm Sebastiano Ardita che si è costituito assistito dall’avvocato Fabio Repici, quale parte civile nel procedimento contro Piercamillo Davigo, lamentando che la disponibilità dei verbali segreti di Amara sia stata strumentalizzata da Davigo per screditare al Csm la figura dell’ex collega di Csm ed ex compagno di corrente Ardita, con il quale aveva anche scritto il libro “Giustizialisti” ma successivamente si erano scontrati insanabilmente.
“È evidente che qualunque cittadino ha il diritto che il proprio nome non venga fatto oggetto di divulgazione pubblica di notizie relative a una indagine finché quella indagine non trovi discovery e conclusione – ha spiegato nei giorni scorsi al Corriere della Sera l’avv. Repici difensore di Sebastiano Ardita, – Nel caso di specie, senza le condotte illecite compiute dai due imputati Ardita non avrebbe subìto la massiva infamante divulgazione di quelle informazioni riservate. E il fatto che Amara avesse indicato Ardita quale componente della presunta loggia Ungheria sarebbe diventato di pubblica conoscibilità solo al momento in cui i magistrati avessero attestato l’infondatezza di quelle dichiarazioni e avessero proceduto per calunnia a carico di Amara“.
Davigo comparirà il prossimo 20 aprile davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Brescia per l’inizio del processo con rito ordinario per aver fatto circolare nella primavera 2020 all’interno ed all’esterno del Consiglio Superiore della Magistratura di cui è stato componente sino all’ottobre 2020, i verbali sulla fantomatica presunta associazione segreta “loggia Ungheria” resi a Milano dall’ex avvocato esterno Eni Piero Amara, che vennero consegnati a Piercamillo Davigo dal pm milanese Paolo Storari il quale lamentava lo scarso tempismo del procuratore Francesco Greco e dell’aggiunto Laura Pedio nell’indagare per accertare in fretta e distinguere tra verità e calunnie di Amara.
“Ho semplicemente ribadito le contraddizioni del capo di imputazione“, ha spiegato l’avvocato Francesco Borasi, difensore di Davigo, sintetizzando ai cronisti il suo intervento durato un’ora e culminato con la sua richiesta di ‘non luogo a procedere‘ per l’ex consigliere del Csm, sostenendo che “Davigo ha agito secondo la legge“.
Il pm milanese Paolo Storari durante l’udienza preliminare bresciana a differenza di Davigo ha scelto di non aspettare l’esito di un dibattimento ordinario e di giocarsi invece subito il tutto per tutto in un rito abbreviato dunque con una sentenza penale di primo grado, conoscerà il verdetto nella prossima udienza, rinviata al prossimo 7 marzo, dopo che ieri il suo legale Paolo Della Sala ha replicato con la sua arringa alla richiesta della Procura di condannarlo al minimo della pena, cioè a 6 mesi.