di REDAZIONE CRONACHE
Mentre alcuni cronisti pugliesi pendevano dalle labbra e millanterie dell’ avvocato-faccendiere Pietro Amara, originario di Augusta (Siracusa), amplificando le sue millanterie e strategie con le quali ha preso in giro non pochi magistrati compreso il procuratore di Potenza Francesco Curcio ed il Gip Antonello Amodio, ma per fortuna in Italia ci sono ancora dei magistrati seri che in silenzio applicano le norme di Legge, come è accaduto alcune settimane fa (per la precisione il 21 luglio scorso) nel tribunale di Sorveglianza di Roma.
L’ avvocato siciliano corruttore di magistrati ed investigatori di mezza Italia dopo aver illuso il gip ed il procuratore di Potenza, non è riuscito a trovare credito dinnanzi al tribunale di Sorveglianza che rigettato la sua richiesta di affidamento ai servizi sociali e quindi ad Amara non è restata altra scelta che quella di costituirsi direttamente in carcere.
Amara prima di finire in carcere a Potenza un mese fa ( poi scarcerato dal gip Amodio dopo un lungo interrogatorio e due interrogatori investigativi con i pm guidati dal procuratore capo Curcio ), si occupava di assistenza ai disabili per la cooperativa il Melograno, dove era già stato affidato in prova (ai giudici ha spiegato di non svolgere più il lavoro di avvocato ma solo quello di imprenditore, titolare di una società che si occupa di energie rinnovabili).
Lo scorso giugno l’avvocato Amara, era riuscito ad uscire per l’ennesima volta dal carcere, in quel caso su decisione del giudice potentino Antonello Amodeo. che insieme al procuratore Curcio sono cascati nel solito “teatrino” dal solito copione: Amara parla dicendo quello che gli fa comodo, inventando di tutto e di più, accontentando alcuni magistrati creduloni, alla ricerca di visibilità mediatica, che lo ritengono attendibile e cosi esce di prigione, o in ogni caso ottiene maggiore libertà.
Ma il teatrino di Amara questa volta non ha convinto i giudici della Sorveglianza del Tribunale di Roma, ed è finito nella casa circondariale Orvieto. Secondo fonti vicine alla sua difesa legale, l’avvocato siciliano avrebbe preferito costituirsi in questo quel carcere onde evitare di essere trasferito da Roma in un secondo momento , in quanto un problema di sovraffollamento spesso i detenuti della casa circondariale di Roma vengono trasferiti in luoghi scelti dell’autorità giudiziaria.
Adesso Pietro Amara, salvo nuove successive decisioni del Tribunale, dovrà scontare tutte condanne accumulate in questi anni ed il cumulo dei patteggiamenti per corruzione in atti giudiziari, che sono arrivati a 3 anni e 9 mesi di carcere. Inutile è stato il parere del procuratore capo di Potenza Francesco Curcio, o alcune obsolete archiviazioni sparse per l’Italia, che i suoi difensori hanno presentato al tribunale di Sorveglianza di Roma per ottenere l’affidamento ai servizi sociali. A nulla sono servite le svariate mendaci e fantasiose dichiarazioni spontanee con le quali Amara evidenziava e contestava la carenza di coordinamento investigativo tra le varie procure che si erano occupate delle sue attività illegali.
Inutile il controverso discutibile parere della procura di Milano che definiva Amara “collaborativo ed estraneo al contesto criminale” che lui stesso aveva messo ai piedi. Infatti anche secondo i pm milanesi l’avvocato siciliano si sarebbe “pentito”. Per ottenere l’affidamento ai servizi sociali l’ avvocato Amara aveva depositato una dichiarazione dei pm milanesi Laura Pedio e Paolo Storari che attestavano la sua collaborazione sui racconti dell’esistenza di una presunta loggia massonica coperta denominata “Ungheria“. “Dopo una prima fase nella quale egli ha reso dichiarazioni parziali”, è scritto nel documento dei sue magistrati della procura di Milano , ” ha intrapreso un percorso di collaborazione che ha consentito a questo Ufficio di acquisire elementi importanti al patrimonio conoscitivo dell’indagine“, ma non solo ! “L’atteggiamento collaborativo ad oggi tenuto dall’indagato e la rilevanza del contenuto delle sue ampie dichiarazioni consentono fondatamente di ritenere che egli abbia rescisso i legami con l’ambiente criminale nel quale sono maturate le condotte illecite per le quali è indagato e che egli si sia effettivamente ravveduto rispetto a scelte devianti.
Tutto ciò è stato inutile dinnanzi al giusto e dovuto rigore giudiziario del Tribunale di Sorveglianza di Roma, chiamato a valutare e decidere sulle sue pendenze giudiziarie, che non l’ha accordata sia per l’entità della pena, sia per i procedimenti tuttora aperti (potrebbero portare ad altre condanne), sia perché la collaborazione di Amara, piuttosto che da un vero pentimento, potrebbe derivare solo da scelte di “opportunismo” processuale. Il provvedimento è impugnabile in Cassazione. L’avvocato Francesco Montali difensore di Amara dichiara: “È un’iniziativa che stiamo ancora valutando“.
Per i momento quindi addio servizi sociali per Amara . Una decisione pesante arrivata sulla testa dell’avvocato proprio mentre il Tribunale di Siracusa aveva accolto la sua richiesta di patteggiamento a 9 mesi di carcere per Amara, proposta dalla procura siracusana nell’ambito dell’inchiesta per il fallimento della società che gestiva il servizio idrico a Siracusa.