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22 Novembre 2024 04:43

Caso Consip, giornali e tv faranno mea culpa?

I processi-spettacolo deformano la giustizia e creano un cortocircuito nella democrazia. La fragilità e la superficialità del nostro sistema di informazione sta diventando un problema molto serio, anche se nessuno ha il fegato per affrontarlo di petto

 di Piero Sansonetti

Ecco cosa può succedere quando pezzi di apparati dello Stato si mescolano al sistema dei media per condurre delle campagne politiche. Un vero e proprio cortocircuito: nell’informazione e nel funzionamento della democrazia.

Per tre mesi il caso Consip ha tenuto banco sui giornali e in Tv, danneggiando in modo robusto l’ex premier Renzi e il partito democratico. Ieri si è scoperto che le intercettazioni che accusavano ( seppure in modo molto indiretto) il padre di Renzi sono state manipolate da un ufficiale dei carabinieri. L’imprenditore Romeo – principale indagato in questa vicenda – in realtà non ha mai detto di avere incontrato Tiziano Renzi. E il teorema “Renzi- è- coinvolto” va a gambe all’aria. Caso Consip: chissà se giornali e tv reciteranno il “mea culpa

Questa notizia, da una parte ci porta a rallegrarci, perché ci fa capire che poi, spesso, la giustizia italiana non funziona neanche tanto male. Se è vero che alla fine gli investigatori si sono accorti che il principale indizio a carico di un indagato era falso e contraffatto. Dall’altra parte invece ci spinge al pessimismo, perché dimostra in modo plateale come basta un ufficiale poco corretto per creare un vero e proprio terremoto politico, dal momento che esiste un sistema dell’informazione pronto ad amplificare clamorosamente qualunque errore, o qualunque falsità ( o comunque qualunque sospetto flebile flebile, come erano i sospetti su Tiziano Renzi, prima ancora che la Procura scoprisse l’imbroglio). La fragilità e la superficialità del nostro sistema di informazione sta diventando un problema molto serio, anche se nessuno ha il fegato per affrontarlo di petto e per dire come stanno le cose.

Ora siamo abbastanza curiosi di vedere come si comporteranno i giornali italiani di fronte a questa svolta clamorosa. Giustamente spero – osserveranno che fu giustissima, circa un mese fa, la mossa del dottor Pignatone, che tolse al Noe ( il nucleo ecologico dei Carabinieri) la responsabilità delle indagini sul caso Consip.

Ma prenderanno anche atto della figuraccia che hanno rimediato, nel riferire allegramente il falso senza esprimere neppure un dubbio, senza un’esitazione, un’incertezza, e del ruolo decisivo che hanno avuto ( prestandosi alla fuga di notizie e alla pubblicazione di intercettazioni vaghe e non verificate) nel confezionare questa bufala di notevoli dimensioni e di lunga durata che ha avvelenato la politica italiana?

Ecco, su questo ci permettiamo di avere alcuni dubbi. Già quando Pignatone tolse l’inchiesta al Noe, qualche giornale – per esempio “Il Fatto” – protestò, perché disse che la Procura di Roma invece di prendersela coi colpevoli se la prendeva con gli investigatori. Non siamo affatto sicuri che ora, di fronte all’evidenza delle cose, i giornali e le televisioni reciteranno il mea culpa. Non lo fanno spesso.

La questione, evidentemente, non è quella di difendere Renzi e criticare i suoi nemici o viceversa. La malattia sta nel “metodo”, e provoca i suoi danni ferendo alternativamente e costantemente ora a destra e ora a sinistra. E la malattia è l’uso giornalistico delle inchieste giudiziarie, anche quando queste si trovano ancora allo stato nascente.

Questa malattia si chiama “processo spettacolo”, e negli ultimi venti o trent’anni ha assunto un carattere epidemico. Si allarga sempre di più, dilaga. Sicuramente una parte della colpa ricade sugli investigatori, che divulgano notizie che devono restare segrete, e lo fanno o per acquisire meriti e fama, o perché immaginano di rendere più semplici le indagini usando un metodo illegale, o addirittura perché pensano che la gogna sia il modo migliore per punire certi reati, e che si possa facilmente applicare senza aspettare il processo.

In parte, però – in parte maggiore – la colpa non è della magistratura né dei carabinieri e della polizia, ma è del sistema dell’informazione. I giornalisti sono i responsabili principali di questa deformazione della giustizia. Se si rifiutassero di prestarsi alla fuga di notizie, ovviamente, la fuga di notizie, e il processo mediatico, e la gogna, non funzionerebbero più.

Chiedere una riflessione su questi temi, e cioè sul fatto che in campo giudiziario l’informazione italiana non risponde più al criterio di “verità” ma solo ai criteri delle selvagge campagne politiche – per ragioni di appartenenza a uno schieramento, o per ragioni di mercato – è una bestemmia, e cioè equivale a mettere in discussione la sacrosanta libertà dell’informazione? La grande maggioranza dei giornalisti pensa di sì. E siccome quella dei giornalisti è la casta più potente che ci sia in Italia, la speranza di aprire questa discussione è piccola come una formica. Però le formiche son testarde.

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