ROMA– Questa mattina il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi hanno chiuso le indagini per i tre filoni dell’inchiesta giudiziaria sul “caso Consip” , all’interno del quale Tiziano Renzi, padre dell’ex presidente del Consiglio (all’epoca dei fatti) , che veniva accusato di traffico d’influenze in uno dei filoni dell’inchiesta .
Rischiano invece di finire invece sotto processo l’ex ministro dello Sport Luca Lotti (favoreggiamento), l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette (rivelazione del segreto d’ufficio) e il generale dell’Arma Emanuele Saltalamacchia comandante della Legione Toscana dei Carabinieri,(favoreggiamento), l’imprenditore Carlo Russo (millantato credito), Filippo Vannoni (favoreggiamento).
Il generale Del Sette viene accusato di “rivelazione del segreto istruttorio”. L’ex presidente Consip, Luigi Ferrara, è accusato di “false informazioni ai pm” per aver dichiarato il falso durante un’audizione reato per il quale però i pm hanno chiesto l’archiviazione. Ad incastrarli i due, secondo i magistrati della Procura romana , sarebbe stata la testimonianza di Luigi Marroni, ex ad della centrale acquisti della pubblica amministrazione il quale ha ammesso di aver fatto rimuovere le cimici dagli uffici della Consip “perché ho appreso in quattro differenti occasioni da Vannoni, dal generale Saltalamacchia, dal presidente di Consip Ferrara e da Lotti di essere intercettato“.
Marroni fa i nomi e cognomi e mette in ordine date e circostanze: “A luglio 2016 durante un incontro Luca Lotti mi informò che si trattava di un’indagine che era nata sul mio predecessore Domenico Casalino (sul quale i pm hanno anche chiuso l’inchiesta) e che riguardava anche l’imprenditore campano Romeo. Delle intercettazioni ambientali nel mio ufficio l’ho saputo non ricordo se da Lotti o da un suo stretto collaboratore”.
I magistrati hanno valutato credibili le parole di Marroni motivo per cui tutti i citati rischiano di finire a processo. Nell’ultimo capitolo chiuso dai magistrati romani figurano i Carabinieri ex Noe, Gianpaolo Scafarto e Alessandro Sessa. Altre persone per le quali la procura ha chiesto l’archiviazione sono l’ex parlamentare di An, Italo Bocchino e l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo accusati di “millantato credito” .
Gian Paolo Scafarto l’ex maggiore del Noe, ed attualmente assessore alla Sicurezza di Castellammare di Stabia, risponde di “rivelazione del segreto” e di “falso” e “depistaggio” venendo accusato di aver “truccato e depistato l’inchiesta per incastrare Tiziano Renzi” papà dell’ex segretario del Pd, Matteo Renzi. All’ ex colonnello dell’Arma colonnello Sessa invece il solo “depistaggio“.
Secondo i magistrati della Procura di Roma il maggiore Scafarto avrebbe redatto un’informativa “alterata” con l’obbiettivo di “arrestare” Tiziano Renzi a cui fu attribuita una telefonata con Romeo nella quale, in realtà, parlava Bocchino. Ma non solo. Lo stesso maggiore avrebbe sostenuto e parlato di una presunta ma inesistente intromissione dei Servizi Segreti nell’indagine, rimasta senza riscontro e prova alcuna. Anche in questo caso il motivo era sempre lo stesso: provare il coinvolgimento nell’indagine della famiglia Renzi (all’epoca dei fatti Matteo Renzi era Presidente nel Consiglio n.d.r.) .
Nella stessa inchiesta erano stati indagati con l’accusa di violazione del segreto istruttorio anche il pm napoletano Henry John Woodcock e la sua compagna, la giornalista Rai, Federica Sciarelli, le cui rispettive posizioni sono state stralciate ed archiviate.
In attesa della decisione del gip, che dovrà decidere accogliere o respingere le richieste di archiviazioni della Procura di Roma, l’ex premier Matteo Renzi scrive su Facebook: “Sono mesi che ripeto: il tempo è galantuomo. Sui finti scandali, sulle vere diffamazioni, sui numeri dell’economia: il tempo è galantuomo. Oggi lo dico e lo ribadisco con ancora più forza: nessun risarcimento potrà compensare ciò che persone innocenti hanno dovuto subire. Ma il tempo è galantuomo, oggi più che mai”.
Valutazioni condivise dal difensore di Tiziano Renzi, l’ avvocato Federico Bagattini:”Questi ultimi giorni hanno dimostrato che il tempo è galantuomo, prima il riconoscimento del risarcimento nel danno a titolo di diffamazione, ora la richiesta di archiviazione del procedimento così detto Consip. Alla soddisfazione professionale per l’esito, del resto ancora da confermare trattandosi solo di richiesta di archiviazione – aggiunge Bagattini -, si unisce quella personale da parte del dottor Tiziano Renzi, che risulta, tuttavia, menomata dalla considerazione che la campagna subita negli ultimi due anni abbia prodotto gravi e irreversibili danni sul piano personale, familiare ed economico”.