“Siamo, io, l’Arma dei Carabinieri e tutti i carabinieri – assicura il comandante generale Del Sette – accanto alla magistratura con forza e convinzione, come sempre, per arrivare fino in fondo alla verità, per poi poter adottare con tempestività, con giustizia trasparente, equanime e rigorosa, i dovuti provvedimenti, giacché è gravissimo, inaccettabile per un carabiniere, rendersi responsabile di comportamenti illegittimi e violenti“. Del Sette ribadisce di essere “accanto alla magistratura con forza e convinzione, come sempre, per arrivare fino in fondo alla verità“.
Accanto alla magistratura per la verità. Il Generale Del Sette lo aveva dichiarato sin dal dicembre 2015, allorquando era stata aperta l’inchiesta sui carabinieri Di Bernardo, D’Alessandro e Tedesco accusati dell’omicidio di Stefano Chucchi. E la magistratura ha fatto il suo lavoro. “Se tutto questo sarà accertato, è grave – dichiara il comandante generale – il fatto che alcuni carabinieri abbiano potuto perdere il controllo e picchiare una persona arrestata secondo legge per aver commesso un reato. Grave che non l’abbiano poi riferito, che alcuni altri abbiano potuto sapere e non lo abbiano segnalato a chi doveva fare e risulta aver fatto le dovute verifiche. Grave anche che queste cose possano emergere soltanto a partire da oltre sei anni dopo, nonostante un processo penale celebrato in tutti i suoi gradi“.
I tre carabinieri che procedettero all’arresto di Stefano Cucchi sono stati formalmente accusati dell’omicidio del giovane, deceduto il 22 ottobre del 2009 in un letto del reparto di medicina protetta dell’ospedale Pertini di Roma. L’ accusa mossa contro i carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e dal pm Giovanni Musarò al termine dell’indagine bis condotta dopo la riapertura del fascicolo, nel novembre del 2014 , è di “omicidio preterintenzionale“. Dopo l’arresto effettuato nella notte tra il 15 e il 16 ottobre Cucchi secondo gli inquirenti sarebbe stato malmenato dai tre carabinieri subendo le grave lesioni che ne hanno causato la morte.
Quanto accaduto stende un’ombra velenosa sull’ importante operato degli uomini dell’Arma al chiuso delle loro caserme al servizio dei cittadini in tutt’ Italia. Una macchia che il Gen.Tullio Del Sette, comandante generale dei Carabinieri, prova ad allontanare dopo la formalizzazione della gravissima accusa, per allontanare il destino giudiziario dei tre militari gravemente accusati da ogni possibile tentativo di delegittimare il prezioso ed importante operato dei Carabinieri.
Il Generale Del Sette a nome di tutti i carabinieri, si dice inoltre “rattristato e commosso dalla triste vicenda umana di Stefano Cucchi, prima e dopo quel 15 ottobre 2009” andando oltre l’umana vicinanza, esprimendo anche a nome dell’ Arma dei Carabinieri le sensazioni che tutti hanno provato nel vedere le foto del cadavere di Cucchi, coraggiosamente impugnate dalla sorella Ilaria nel momento in cui sembrava proprio che i responsabili della sua morte non ne avrebbero mai risposto fino in fondo., ha aggiunto che tutti i Carabinieri sono “addolorati delle sue sofferenze, della sua morte, quali che siano le cause che hanno concorso a determinarla, vicini ai suoi familiari“.
“Non può lasciare nessuno indifferente quel suo corpo sottile, quel suo volto tumefatto, che abbiamo visto nelle fotografie mostrateci con quei segni profondi delle vicissitudini e delle sofferenze patite – dice il comandante generale dei Carabinieri -. Quindi, rispetto per tutto questo e determinazione nel ricercare la verità, nel perseguire quelli che dovessero risultare responsabili di reati, di condotte censurabili sotto ogni profilo”.
Ma il generale Del Sette non dimentica di difendere l’operato dei Carabinieri, che non meritano di essere coinvolti dalla vicenda Cucchi, dichiarando che “l’accertamento della verità e delle responsabilità comporterà, se vi sarà, dolore e amarezza” ammettendo l’alta probabilità di giorni “pesanti” in arrivo, per l’ immagine dell’ Arma. Ma il Generale Del Sette pone anche un confine, nel giudizio su quella verità accertata, che si vorrebbe invalicabile: “Nessuna delegittimazione può derivare da notizie e iniziative mediatiche, legittime e comprensibili“.
Del Sette conclude ricordando che “non sfugge a nessuno, credo, che decine di migliaia di carabinieri assolvono quotidianamente, in Italia e apprezzatissimi anche all’estero, la loro missione a tutela della legge e della gente, con professionalità, impegno, abnegazione, rischio continuo per la loro incolumità, come attestato dalle decine di infortunati, contusi e feriti di ogni giorno, e profonda umanità nelle migliaia di servizi, interventi, investigazioni di ogni giorno, nelle decine di migliaia di arresti ogni anno, dei quali tutti i cittadini possono avere conoscenza grazie ai mezzi di informazione“.