ROMA – Ancora una volta Michele Emiliano si presenta al cospetto del CSM in udienza pubblica, e chiede che non siano autorizzate riprese televisive, proprio lui che vive più davanti alle telecamere che nel suo ufficio di Presidente della Regione Puglia. L’accusa mossa nei suoi confronti dal sostituto procuratore generale della Cassazione Carmelo Sgroi, è stata proprio quella di essere iscritto a un partito e di aver quindi violato le norme che vietano ai magistrati, anche se fuori ruolo, di svolgere in modo continuativo attività politica.
Ad Emiliano viene contestata la partecipazione continuativa a partire dal 2004, mentre la legge che sanziona il comportamento è del 2006, ma – ha precisato il pg Sgroi – “non è vero che il divieto nasca nel 2006, anche prima l’appartenenza a un `centro di potere partitico´ era sanzionabile secondo le Sezioni Unite”, anzi “dal 1946 la vicenda sarebbe stata sottoponibile a procedimento disciplinare”.
Gli incarichi rivestiti nel Pd da Emiliano secondo l’accusa “non sono coessenziali all’espletamento dei mandati” per cui Emiliano è stato eletto. Alla iniziale contestazione di partecipazione continuativa alla vita del Partito Democratico , in occasione dell’ udienza dello scorso aprile il procuratore generale della Cassazione aveva aggiunto con ulteriore procedimento anche quella di essersi candidato alla segreteria nel congresso di quest’anno.
Un punto sul quale il difensore di Emiliano, il magistrato Armando Spataro, ha sollevato una questione preliminare, contestando l’accusa aggiunta in apertura del prima udienza, per un “fatto nuovo”, limiterebbe il diritto di difesa. Ma dopo una breve camera di consiglio, anche questa volta la sezione disciplinare del CSM ha respinto l’obiezione e quindi dato corso al dibattimento.
“La sezione disciplinare è chiamata oggi a definire un caso non comune, definito nel gergo giornalistico dei `magistrati in politica´. Le definizioni sintetiche hanno un peso, e se invertiamo la frase e diciamo politici nella magistratura o partiti nella magistratura abbiamo una visione diversa che è quella che dobbiamo guardare“. Questa premessa la premessa di partenza sostenuta dal sostituto procuratore generale della Cassazione, Carmelo Sgroi, nel processo disciplinare al presidente della Puglia, Michele Emiliano, per il quale ha chiesto l’ammonimento. “L’obiettivo della sanzione disciplinare è preservare il magistrato, in ruolo o fuori ruolo, da un pregiudizio da appartenenza partito-politica“, ha spiegato Sgroi, e “come è possibile pensare di tornare, senza soluzione di continuità, in ruolo dopo una partecipazione partita così lunga e importante, senza appannare l’immagine di imparzialità e indipendenza“
Sgroi ha ricordato inoltre che “Emiliano nell’interrogatorio ha prospettato la sua buona fede, per assenza di precedenti. Ma mi pare difficile – ha precisato – sostenere una sorta di inconsapevolezza di incorre nella violazione, alla luce della sentenza» sul caso Bobbio, magistrato e senatore, sul quale venne chiamata a esprimersi anche la Corte Costituzionale .
Alla base delle tesi difensiva di Emiliano sostenuta dal magistrato Armando Spataro, procuratore capo di Torino, vi è il fatto che il Csm ha approvato l’aspettativa di Emiliano per consentirgli di svolgere il proprio mandato elettivo e che tali incarichi non possono essere sdoppiati dalla vita del partito. Spataro ha chiesto alla sezione disciplinare di dichiarare esclusa la contestazione disciplinare o di sollevare nuovamente la questione davanti alla Corte Costituzionale riguardo al divieto iscrizione e partecipazione ai partiti politici.
Il tribunale delle toghe è stato riconvocato per il prossimo 27 luglio alle ore 14 per le repliche ed, a seguire, si svolgerà la camera di consiglio per la decisione.