ROMA – Il collegio dei giudici della nona sezione penale del Tribunale di Roma presieduto da Zaira Secchi ha inflitto 10 anni di reclusione (più una multa di 50mila euro a testa) ai carabinieri Nicola Testini e Carlo Tagliente, 6 anni e mezzo a Luciano Simeone e 3 anni a Antonio Tamburrino in relazione al tentativo di ricatto ordito ai danni dell’allora governatore del Lazio, Piero Marrazzo, 60 anni, che è stato presidente della Regione Lazio dal 2005 al 2009, che venne sorpreso nell’abitazione della transessuale Natali in via Gradoli il 3 luglio 2009.
La sentenza di condanna prevede nei confronti di Testini, Tagliente e Simeone l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con l’estinzione del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione. I tre quindi non appartengono più all’ Arma dei Carabinieri. Nei confronti del Tamburrino è stata disposta l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
La vicenda risale al luglio del 2009 quando i carabinieri entrarono in un appartamento di via Gradoli 96, nella Capitale, iIn uno dei palazzoni, che ricordano le favelas brasiliane, dove trovarono Marrazzo in camicia e mutande in compagnia della transessuale brasiliana Natali e iniziarono a girare un video che successivamente venne a scopo di ricatto. I militari dell’Arma avevano sempre negato questa ricostruzione spiegando che il video era in realtà stato girato per “documentare l’operazione di polizia” ed evitare future problematiche. Ma non sono stati ritenuti credibili.
In realtà i 4 carabinieri infedeli effettuarono il loro video con un telefono cellulare, nel quale erano visibili sia Marrazzo che Natali. filmato che divenne lo strumento per ricattare Marrazzo. Nel capo di imputazione si legge che Testini, Simeone e Tagliente “con la minaccia di gravi conseguenze hanno costretto” l’allora presidente della Regione, “a compilare e a consegnare loro tre assegni dell’importo complessivo di 20 mila euro”. E non solo, infetti in quell’occasione i tre si sarebbero “impossessati di 5000 euro in parte di Marrazzo in parte di Natali“. Attraverso Tamburrino il gruppo ha tentato di commercializzare, per una cifra che sfiorava i 100 mila euro, il video rivolgendosi anche ad una agenzia fotografica di Milano. Ad avvisare Marrazzo del tentativo di vendere il video fu l’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che a sua volta lo aveva appresso dal giornalista Alfonso Signorini direttore del settimanale CHI, edito dal gruppo Mondadori che aveva visionato il filmato. Il direttore di Chi molto correttamente e professionalmente si rese conto che si trattava di immagini non pubblicabili perché violavano la privacy, e comunque avvertì ed informò Marina Berlusconi. presidente della casa editrice Mondadori.
I tre ormai ex-carabinieri Testini, Simeone e Tagliente, che controllavano l’area di Roma Nord, Cassia-Trionfale all’epoca dei fatti , sono stati assolti, tra l’altro, dall’accusa di associazione per delinquere “perche’ il fatto non sussiste” ma ritenuti colpevoli di concorso in concussione ai danni di Marrazzo, per averlo costretto a consegnare loro tre assegni per un importo complessivo di 20mila euro, e di quello in rapina per essersi impossessati di 5mila euro, in parte dell’allora esponente politico e in parte della transessuale Natali. Ai tre è stata contestata anche una rapina (del 31 luglio 2009) ai danni di un altro trans, privato di un cellulare, di un Ipod e di un orologio, oggetti che gli sarebbero stati sottratti durante una perquisizione in casa “effettuata con modalità intimidatorie“
Testini e Tagliente, inoltre , sono stati condannati per una violazione della legge sugli stupefacenti per aver indotto un loro informatore a procurarsi 6 grammi di cocaina e a collocarla nell’auto di un’altra persona, del tutto inconsapevole, nell’agosto del 2004. Al Tamburrino è stato attribuito il reato di ricettazione di un video, girato con un telefonino il giorno del blitz in via Gradoli dagli ex-colleghi Tagliente e Simeone i quali entrarono nell’appartamento di via Gradoli senza il Testini che si trovava in ferie a Bari, filmando Marrazzo in casa della trans e che nelle intenzioni degli ex- militari dell’Arma, che speravano di guadagnarci sopra tra gli 80 e i 100mila euro, doveva essere commercializzato.
Testini, Simeone, Tagliente e il ministero dell’Interno, nella veste di responsabile civile, dovranno risarcire i danni in separata sede a Marrazzo e a Natali la quale ha peraltro beneficiato della prescrizione, per due episodi di spaccio di droga, commessi tra il gennaio ed il giugno 2009. I tre carabinieri sono stati dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale per la durata della pena. Il loro rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione è da considerare estinto e quindi sono stati espulsi dall’ Arma dei Carabinieri. Il tribunale ha deciso , per quanto di competenza del Tamburrino anch’egli chiamato a risarcire i danni in sede civile alle principali vittime di questa vicenda, è stato dichiarato interdetto dai pubblici uffici per cinque anni, con trasmidsione degli atti alla Corte dei Conti . Tutti e quattro gli imputati dovranno infine risarcire i danni da calcolare in separato giudizio al Ministero dell’Interno (stavolta come parte civile) ed al Ministero della Difesa.
Nel corso del processo l’ex presidente della Regione, che oggi fa il corrispondente Rai all’estero. sentito dal tribunale di Roma come testimone, ha spiegato che questa vicenda ha colpito la sua famiglia e la sua “dignità personale e professionale“. “Mi sono separato da mia moglie – aggiunse Marrazzo davanti ai giudici – “mi sono dimesso dall’incarico di Governatore del Lazio ed era giusto fare cosi“. “Piero Marrazzo ha atteso nove anni questa pronuncia che accogliamo con soddisfazione“, ha commentato l’avvocato Luca Petrucci legale dell’ex governatore, che ha aggiunto: “La sentenza riconosce in pieno la colpevolezza degli imputati che, disonorando la propria divisa, si sono resi responsabili di un ignobile sopruso e di un vile ricatto criminale“. “Anche in questo momento – ha precisato Petrucci – da uomo delle Istituzioni, da giornalista del servizio pubblico e, soprattutto, da cittadino perbene, Marrazzo tiene a ribadire la propria massima considerazione nell’Arma dei Carabinieri che è, insieme a lui, la vittima principale dei crimini commessi da questo manipolo di “mele marce”“.