ROMA – E’ durata oltre quattro ore la camera di consiglio degli ermellini della Cassazione, per arrivare alla pronuncia sul processo della truffa per i rimborsi elettorali della Lega ai danni dello Stato, con cui hanno prescritto il reato di truffa per Umberto Bossi e Francesco Belsito il quale però rimane responsabile del reato di appropriazione indebita: per lui quindi vi sarà in questo caso la rideterminazione della pena in secondo grado.
I giudici hanno anche confermato la confisca dei 49 milioni alla Lega, mentre decadono le confische personali. Il Pg, Marco Dall’Olio, nella sua requisitoria aveva richiesto la conferma delle condanne per Belsito e Bossi, parlando di “indubbie spese per la famiglia Bossi“.
Secondo l’avv. Angelo Alessandro Sammarco, difensore dell’ex tesoriere Belsito, la decisione dei giudici “non è così tremenda rispetto all’orrore che inizialmente si profilava. Adesso aspettiamo di leggere le motivazioni“, ha commentato, ricordando che per Belsito è rimasta in piedi l’accusa di appropriazione indebita, per la quale la pena dovrà essere rideterminata dalla Corte d’Appello di Genova. ” Un’imputazione che noi contestiamo perché Belsito non ha commesso alcuna appropriazione indebita. Dopo aver letto le motivazioni, valuteremo se fare delle impugnazioni straordinarie sulla decisione”. ha concluso Sammarco.
Il processo d’appello per l’ipotizzata truffa aggravata ai danni dello Stato da parte dei due esponenti dell’allora Lega Nord, si era concluso con la sostanziale conferma del verdetto di primo grado: i giudici avevano inflitto 1 anno e 10 mesi a Bossi e 3 anni e 9 mesi a Belsito. Ben più basse le pene per i tre revisori . Diego Sanavio, ed Antonio Turci condannati a otto mesi e Stefano Aldovisi: a quattro mesi, tutti accusati di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
Secondo l’accusa il partito aveva ottenuto i rimborsi elettorali ai danni del Parlamento, tra il 2008 e il 2010, falsificando rendiconti e il bilancio. Durante l’udienza in Cassazione, Belsito dopo che il suo avvocato aveva avanzato istanza di “rinvio per integrazione documentale“, rilevando che in cancelleria mancava il fascicolo relativo al dibattimento di primo grado e la “documentazione sui conti correnti del partito Lega“, aveva richiesto la ricusazione dei giudici del collegio della sezione feriale chiamato a decidere sulle condanne .
Nel 2014 la Lega, da alcuni mesi guidata da Matteo Salvini come segretario, incassò parte dei 49 milioni di rimborsi elettorali ai quali ora la procura di Genova sta dando la caccia perché oggetto di una truffa. Secondo la sentenza del tribunale che in primo grado aveva condannato Umberto Bossi e il tesoriere Francesco Belsito – oggi è arrivata la prescrizione – sono soldi che devono tornare nelle casse dello Stato.
Richiesta che è stata bocciata dai giudici del collegio deputato a decidere e che ha quindi dato semaforo verde alla Camera di consiglio che emetterà la sentenza, anche perchè l’istanza dell’ex tesoriere Belsito non avrebbe potuto comunque far scattare la prescrizione.
“Non è vero che i rendiconti erano solo generici. Erano anche falsi: si diceva ‘rimborso autisti’. – ha sottolineato Dall’Olio – Ma in realtà si finanziava la famiglia Bossi, un aspetto secondario e “sotto questo profilo che si configura il reato di truffa”. Le condanne in Appello per truffa aggravata allo Stato e la confisca di oltre 49 milioni di euro erano arrivate a seguito delle inchieste della Procure di Milano e Genova da cui erano venute alla luce una serie di spese per la famiglia Bossi a carico del partito .
Queste ultime erano contenute in una cartella dalla scritta The Family che conteneva anche i pagamenti per i corsi della laurea in Albania di Renzo Bossi, figlio del senatur. Ad essere certificata è stata dunque la violazione delle leggi per l’erogazione di quelli che vengono chiamati rimborsi elettorali.
Resta aperta invece la questione della conferma della sentenza di secondo grado al processo gemello di Milano. Il prossimo 11 settembre la Suprema Corte di Cassazione sarà chiamata a decidere sul ricorso della procura generale di Milano, che chiede di estendere la querela presenta dal leader delle Lega Salvini nei confronti del solo Belsito, anche ai due Bossi.
Belsito ha ricusato il collegio anche in quel caso e quindi se la richiesta dovesse essere accolta si dovrebbe costituire un nuovo collegio giudicante. Mentre, invece, se fosse respinta, si avrebbe poi a sentenza.