Lo rivela il quotidiano Sole24Ore da Milano. C’è una grosso problema, pronto a deflagrare, nella complicata vicenda del bando pubblico per la vendita dell’’ILVA. Si tratta secondo il quotidiano milanese, di proprietà della Confindustria, di una vera e propria ” bomba giuridica. In grado di spaventare gli acquirenti e di mandare deserta l’asta. O che, ancor peggio, qualora invece l’asta si svolgesse, potrebbe in un secondo tempo renderla non valida”. Secondo quanto scrive il giornalista Paolo Bricco, “Il punto è squisitamente giuridico: il decreto del ministero dell’Ambiente è difforme rispetto alla legge sull’Ilva. Dice cose diverse“.
In merito ai tempi entro i quali i lavori per l’ambientalizzazione devono essere attuati e in merito al profilo industriale che l’impianto è tenuto ad avere nei prossimi anni. Sono questi i due temi principali al centro dell’ affaire ILVA. Il primo problema è il termine ultimo per i lavori, che nel nel decreto ministeriale, è fissato, al 23 agosto del 2023. Il problema è costituito che invece, nella legge nazionale sull’ILVA che ha fatto proprio il piano dell’Aia, il termine indicato sia invece il 2018.
Il secondo problema invece, è sulla reale capacità produttiva dell’acciaieria. Il decreto ministeriale infatti, indica che la produzione non potrà superare le sei milioni di tonnellate di acciaio all’anno. Sono troppi o pochi? Il problema non è questo poichè non si entra nel merito. Il problema sorge sempre nell’ l’Aia che invece prevede 8 milioni di tonnellate. E’ bene tener presente e ricordare che l’Aia adesso è una legge dello Stato. Gli esperti si chiedono in queste ore come sia stato possibile che l’asta per la vendita dell’ILVA sia stata “modellata” sulla base di un decreto ministeriale scritto molto male che comprende obblighi differenti rispetto ad una legge dello Stato, da cui dipende tutta la procedura di vendita ?
La vendita dell’ ILVA diventa un vero “caso”, dopo aver prodotto effetti rovinosi nell’intreccio tutto italiano giustizia-economia-politica e che ha creato un enorme buco finanziario sinora ripianato dallo Stato, a causa di tre commissari che non dietro le quinte non vanno molto d’accordo, mentre dentro l’azienda imperversano dei “consulenti” (a contratto) che la fanno da padrone, sperando di poter conquistare in seguito quale posizione di rilievo nel management.
Più che una buccia di banana, il problema emerso è un vero e proprio macigno per il prosieguo della procedura di gara, del quale hanno iniziato ad accorgersene gli avvocati e consulenti delle cordate di imprenditori che devono investire i soldi necessari. A partire dal gruppo franco-indiano di Arcelor Mittal con il gruppo Marcegaglia, per passare alla Cassa Depositi e Prestiti, alleata con il gruppo Arvedi , la Dalfin di Leonardo Del Vecchio e con gli indiani di Jindal . È bastato effettuare una lettura incrociata del decreto ministeriale e della legge nazionale sull’ILVA, e tutti sono balzati sulle proprie poltrone ben sapendo che un decreto ministeriale non può essere al di sopra di una legge nazionale. Adesso bisognerà aspettare e vedere che cosa succederà nei prossimi giorni.
Nel frattempo un imprenditore del “calibro” di Antonio Gozzi, presidente di Federacciai ha dichiarato all’autorevole quotidiano finanziario inglese Financial Times, che “La decarbonizzazione della siderurgia è un progetto assolutamente sperimentale, la più importante società al mondo che sta cercando di fare qualcosa, la Voestalpine, lo sta facendo a livello assolutamente sperimentale e ha dichiarato ieri sul il lavoro durerà decenni” ridicolizzando le strampalate teorie sostenute dal Governatore Michele Emiliano e della sua consulente-dirigente regionale Barbara Valenzano, (ricordata a Taranto solo per le sue laute parcelle incassate dallo Stato per avere fatto per un breve periodo, il custode giudiziario dell’ ILVA) . Il presidente delle Federacciai Gozzi a margine di un incontro pubblico a Genova a Palazzo Ducale ha così commenta il piano-proposta per eliminare il carbone dall’ILVA di Taranto convertendo gli impianti a gas. “Stiamo parlando di cose da laboratori di ricerca – sottolinea Gozzi – non applicato all’impresa ancora, è un progetto sperimentale, solo di ricerca al momento”.
Michele Emiliano tace. A lui in realtà più che la situazione dell’ ILVA interessava dare “fastidio” a Renzi usando mediaticamente la città di Taranto.