di REDAZIONE CRONACHE
C’è qualcosa di torbido sulla magistratura di Potenza riportato con accurata dovizia di particolari nella richiesta di misura cautelare che il pm Lanfranco Marazia ha formulato nei mesi scorsi alla Gip Luigia Lambriola del Tribunale di Bari, inducendola a disporre l’esecuzione di due misure interdittive nei confronti di Marco Jacobini e Vito Fusillo e sei arresti domiciliari fra i quali Gianluca Jacobini e Giacomo Fusillo per la bancarotta delle società dell’imprenditore di Noci.
“Il giudice mi ha assicurato che vigilerà affinché la nostra banca non abbia a subire trattamenti ingiusti… ” così scriveva nel marzo 2018 a Gianluca Jacobini, figlio dell’ex patron Marco e all’epoca condirettore, un funzionario della Banca Popolare di Bari . Il funzionario era di ritorno da Potenza, dove aveva incontrato un magistrato in servizio nel settore penale e da lui aveva ottenuto assicurazioni sul cambio di attenzioni (favorevoli alla banca) in quel Tribunale dove erano in atto alcune cause contro la Popolare di Bari .
Il pm Marazia per sostenere la propria richiesta di attuazione di misure cautelari, ha evidenziato ” l’attitudine di Gianluca Jacobini di far ricorso a metodi assai discutibili di pressione o influenza sul tessuto economico/ sociale e persino in ambienti giudiziari, quando sono in gioco i propri interessi, facendo valere il peso di banca tesoriera del Csm” . Riferimento questo alla circostanza accaduta nell’agosto 2015, quando vicepresidente del Csm era Giovanni Legnini, e la Popolare barese si aggiudicò il Servizio di tesoreria del Consiglio superiore della magistratura.
La circostanza sulle pressioni maturate nell’ambiente giudiziario, riguardano invece l’incontro tra il funzionario della Banca Popolare ed un giudice del Tribunale di Potenza , venuto alla luce grazie alle mail trovate dai tecnici informatici della Guardia di Finanza di Bari sul computer di Gianluca Jacobini a seguito delle perquisizioni dello scorso gennaio, dopo l’arresto di Jacobini jr. nell’ambito dell’inchiesta per falso in bilancio e ostacolo alla vigilanza, per la quale il rampollo-banchiere e suo padre Marco, all’epoca dei fatti Presidente della Banca Popolare di Bari sono finiti a processo, che non si riesce a celebrare per l’assenza di un’aula abbastanza grande.
Il funzionario della Popolare di Bari così scriveva nella sua mail del 6 marzo 2018 indirizzata a Gianluca Jacobini: “Sono stato ricevuto dal giudice, al quale ho rappresentato quanto messo in atto contro di noi dall’avvocato …. e anche il clima di ostracismo che dobbiamo registrare nei nostri confronti presso il Tribunale di Potenza. Il giudice ha mostrato di conoscere la nostra banca, della quale è anche cliente, ha parlato molto bene di una direttrice di filiale e si è espresso positivamente anche sul nostro ruolo di banca territoriale “.
“Ha dichiarato che con tutta probabilità gli episodi a cui ho fatto riferimento – prosegue la mail del funzionario a Jacobini– si inseriscono in un clima di generale sfiducia nei confronti del sistema, che tuttavia a suo dire non dovrebbe influenzare soggetti di elevata professionalità, quali sono giudici e curatori Ha cercato al telefono il giudice delegato cui si riferisce quell’affare, che è risultato assente, mi ha comunque assicurato che gli parlerà e che vigilerà affinché la nostra banca non abbia a subire trattamenti ingiustificati. Ha appreso con piacevole sorpresa che la nostra banca è tesoriera del Csm. In definitiva credo che l’incontro sia stato utile anche per rimarcare la nostra sensibilità e reattività, rispetto a comportamenti o atti lesivi della nostra reputazione e dei nostri interessi. Sono convinto che poiché l’ambiente del Tribunale di Potenza è piccolo e molto permeabile, sicuramente il nostro passo sarà noto a molti e costituirà di per sé un monito nei confronti di quanti hanno sinora ritenuto di poter trattare la nostra banca con leggerezza o con acrimonia“.