ROMA – Sei giorni dopo lo scontro in aula, con le deputate di Forza Italia, Fratelli d’ Italia, Leu e Pd che avevano occupato i banchi del Governo per protesta dopo la bocciatura del reato di “revenge porn“, oggi in Parlamento è arrivata l’intesa con il sì unanime dell’Aula: 461 voti a favore e nessun contrario. Una votazione conclusasi con tutti i deputati in piedi ad applaudire.
Il dibattito parlamentare sul “revenge porn” era ripreso stamattina dal punto in cui si era interrotto la settimana scorsa, quando il presidente Roberto Fico aveva messo in votazione, a scrutinio segreto, un emendamento di Laura Boldrini che introduceva il reato di “revenge porn“. Bocciato per soli 14 voti di scarto. Il presidente, invece, non era riuscito a fare votare un emendamento analogo della forzista Zanella, bloccato da un lungo dibattito sull’ordine dei lavori e l’interpretazione del regolamento. E quando sembrava di potere procedere al voto, con il parere negativo della relatrice, Fico aveva dovuto sospendere la seduta perché le deputate forziste avevano occupato i banchi del governo.
Carcere fino a 6 anni
Chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5mila a 15 mila euro.
Punita anche la diffusione
La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o il video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro danno.
Il ruolo dei socialnetwork
Previste aggravanti se il reato è commesso dal partner o da un ex con diffusione via social: la pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
Tutele particolari per donne incinte e disabili
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Nei casi più gravi procedura d’ufficio
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Nei casi più gravi si procede tuttavia d’ufficio.