Faccia a faccia tra i leader dei principali partiti in corsa per le elezioni va in scena sulle rive del lago di Como. Giorgia Meloni ed Enrico Letta, Matteo Salvini e Carlo Calenda, Giuseppe Conte (in videocollegamento) ed Antonio Tajani, si sono confrontati durante il fine settimana al Forum Ambrosetti in una sfida davanti a economisti, imprenditori, ministri del governo Draghi, per dibattere sule sfide economiche, l’Ucraina, il Pnrr, l’emergenza energia.
La formula è quella del giro di tavolo, con due ore di dibattito, sul palco del Forum Ambrosetti che ha visto schierati i sei leader dei principali schieramenti politici chiamati per la prima volta a confrontarsi tutti insieme in questa campagna elettorale.
Il tema delle sanzioni alla Russia ha tenuto banco fin dalle prime battute, dopo la proposta di Matteo Salvini di una loro revisione avanzata dal numero uno della Lega. “Teniamole perché levarle sarebbe un segnale di cedimento», chiedendo però «uno scudo europeo per evitare una strage economica“”. Aggiungendo ha detto: “Siamo orgogliosamente radicati nell’Occidente libero. Ma se adotto uno strumento, le sanzioni, che dovrebbe danneggiare qualcuno e aiutare noi, noto invece che il rublo è ai massimi storici da sette anni a questa parte, e ci sono a rischio 370mila posti di lavoro e 120mila imprese che rischiano”.
“Oggi lo dice Scaroni (ex presidente ENI n.d.r.), le sanzioni qualcuno puniscono, Italia e Germania, e qualcuno avvantaggiano, gli Stati Uniti dove il gas costa un decimo. Bisogna ragionare almeno di cambiare orientamento“. Salvini rivela: “In sala qui ci sono almeno dieci persone che potrebbero fare il ministro. Non dico i nomi, ad alcuni ho mandato un messaggino: ciao ministro” e propone: “Se il Nord Stream non riparte, serve uno scudo europeo. Andiamo avanti con la via della punizione del regime che ha aggredito, ma proteggendo i nostri imprenditori e lavoratori“.
Matteo Salvini, ospite di Lucia Annunziata a “In mezz’ora in più” su Rai 3 ha aggiunto: “Io e Giorgia chiediamo quello che chiede Mattarella, uno scudo della Ue. Duello con Meloni su sanzioni alla Russia? Abbiamo detto la stessa cosa, con lei e Tajani, oggi a Cernobbio, la Lega ha sempre votato tutti gli interventi, abbiamo approvato le sanzioni, a sette mesi di distanza, ci si domanda se sanzioni hanno avuto il loro effetto“.
Ottima accoglienza nei dibattito con i politici è stata riservata al leader di Azione Carlo Calenda che più volte ha posto l’accento sul metodo Draghi, sul “dire dei sì ma anche dei no”, sul capire ciò che è realmente fattibile e cosa no. Calenda si conferma tra i sostenitori del ‘metodo Draghi‘. “Mentre noi siamo qui a giocare a racchettoni in campagna elettorale Draghi è alla guida dell’Italia e gli chiediamo di fare questo e quello. Fossi in lui sarei già su una navetta per Marte, ma che sia lui o no il prossimo premier non si può perdere il suo metodo che è semplicemente il fatto che ha detto dei sì e dei no e ha detto cosa andava fatto, ed è caduto per questo“.
Carlo Calenda preferisce non esprimersi, ma durante l’incontro con gli avversari chiarisce a Salvini il perché delle sue critiche che gli ha rivolto nelle ultime settimane. “Non è che noi diciamo che sei amico di Putin perché ci siamo svegliati male stamattina, ma perché stavi nel Pa. Il leader di Azione durante il suo intervento al Forum Ambrosetti , si è rivolto al segretario della Lega, Matteo Salvini: “Matte’, non è che noi diciamo che sei amico di Putin perché ci siamo svegliati male stamattina – ha aggiunto Calenda – ma perché stavi nel Parlamento europeo con la maglietta di Putin a dire che davi indietro due Mattarella per mezzo Putin, sennò sembriamo tutti matti».
Parlando dei problemi energetici Calenda leader di Azione, è stato chiaro: “Di rigassificatori ne servono tre, uno a Ravenna, uno a Piombino e l’altro al Sud. E se non si riescono a fare perché c’è una opposizione, ricordo che a un certo punto si militarizza e si fanno fare lo stesso“. Ha poi risposto a chi gli ha chiesto di commentare le dichiarazioni di Salvini in merito alle sanzioni alla Russia: “La posizione di Salvini sulle sanzioni alla Russia? Ne abbiamo viste talmente tante che non credo valga nemmeno la pena parlarne” ha detto il leader di Azione. “E quindi, cosa sostiene? Che è l’Europa che ha invaso l’Ucraina? Io mi ricordo Salvini, quando diceva no alle trivelle e lo ricordo oggi quando dice sì alle trivelle” ha aggiunto.
Il commento del segretario del Pd Enrico Letta è stato durissimo e lo ha fatto sul tema delle interferenze estere in Italia: “Le parole di Salvini di ieri sono chiarissime e ci indicano la strada che prenderà l’Italia se vincesse la destra. Se vincesse la destra il 25 settembre sera brinderebbe in primo luogo Putin, poi Orban e poi Trump“. “La causa del caro energie? Ha un nome e cognome: Vladimir Putin. Non è un vecchio compagno che guida un paese umiliato, ma un dittatore feroce. Provoca morte e devastazioni in Ucraina e ricatta tutti noi col gas. Sul Cremlino sventola una bandiera nera – scrive su twitter – e solo la Ue può opporsi“.
Letta nel suo intervento ha aggiunto “noi siamo i più lineari e affidabili. In questi sette anni facevo un’altra cosa, affascinante, con gli studenti, a Parigi. Tanti mi chiedono: non ti sei pentito di esserti rimesso dentro la politica? No, non mi sono pentito. Non sottovaluto la difficoltà, ma non c’è onore più grande che battersi per cambiare il destino del proprio paese“.
C’era molta curiosità per la leader di Fratelli d’ Italia secondo i sondaggi attuale primo partito. Giorgia Meloni ha spiegato: “L’Europa ha lavorato bene? Dovrebbe fare meno ma fare meglio, nasceva proprio come Unione del carbone e dell’acciaio. Le catene del valore devono tornare nazionali, in alcuni casi. Indipendentemente dalla durata della guerra, la visione tra blocchi durerà. Se l’Ucraina cade, e l’Occidente perisce, il vincitore non sarà solo la Russia di Putin, ma la Cina di Xi. Dunque bisogna combattere questa battaglia,. Sento ancora parlare di sanzioni sì o no, ma voi pensate davvero che l’Italia decida il conflitto in Ucraina? E’ la nostra posizione che decidiamo, non le sorti della guerra“.
“No a un nuovo scostamento di bilancio – chiarisce Meloni – ma penso si possa provare a parlare con l’Europa per perfezionare il Pnrr. Non è impossibile, è previsto. Bravissimo Mario Draghi, perché non ha funzionato? Perché siamo una repubblica parlamentare. Con quali partiti? Quale maggioranza? Noi vogliamo cinque anni per avere una visione, e vedere se funziona. I governi li scelgono i cittadini. Oppure il presidenzialismo, che è la proposta mia“.
Il centrodestra è unito, sula politica internazionale? “A me non pare che siamo divisi. Ci sono sicuramente differenze. Ma sulla visione, fondamentalmente siamo d’accordo: approccio produttivista, centralità della famiglia. Poi, io sono per non fare promesse che non si possono mantenere” ha detto la presidente di Fratelli d’Italia aggiungendo che “se l’Italia si sfila dagli alleati, per l’Ucraina non cambia niente, per noi moltissimo. Una nazione seria che vuole difendere i suoi interessi deve avere una postura credibile“.
La leader di FdI ha ribadito la sua posizione atlantista sostenendo che la guerra in Ucraina “è la punta dell’iceberg di un conflitto che ha per obiettivo la revisione degli assetti mondiali. Se l’Ucraina cade e l’Occidente perisce – chiarisce – il grande vincitore non sarà solo la Russia ma anche la Cina, e chi è più debole in Occidente, segnatamente l’Europa, rischia di trovarsi sotto l’influenza cinese. Per questo secondo me bisogna combattere questa battaglia“.
Il coordinatore nazionale di Forza Italia ha condiviso il pensiero dell’alleata; le sanzioni alla Russia “sono inevitabili”. Salvini le vuole rivedere? “La sua è un’opinione si può discutere di tutto. Io credo che in questo momento sia giusto avere una forte solidarietà europea” risponde ai cronisti Tajani. Alla fine è stato lo stesso Salvini a ricordare che la Lega ha sempre votato tutti i provvedimenti a favore dell’Ucraina, comprese le sanzioni e a ribadire la necessità di attivare “uno scudo europeo come durante il Covid. Spero che nelle prossime ore lo si attui“.
Il senatore leghista assicura che con un governo di centrodestra l’Italia “non cambierà collocazione internazionale. Staremo con i Paesi liberi, democratici. Il mio modello non sono il Venezuela, la Russia, la Cina. Io voglio la democrazia e la libertà. La Lega vince e rimarremo alleati dei Paesi occidentali. Una cosa chiedo che per fermare la Russia, non ci rimettano i lavoratori e la salute dei cittadini italiani“. Ma mentre Matteo Salvini parlava delle sanzioni alla Russia persino Giorgia Meloni si copriva gli occhi.
Altro tema caldo è l’attuazione e l’eventuale modifica del Pnrr. Un’idea che preoccupa Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, che a Cernobbio rappresentano il governo. “In questi mesi abbiamo dimostrato all’Europa che l’Italia rispetta gli impegni. Piegare la logica a interessi contingenti significa snaturare la ratio del Pnrr“, dice la ministra per gli Affari regionali, mentre Carfagna sottolinea che ridiscutere il Piano “significa bloccarlo e fermare opere, cantieri e investimenti per 30 miliardi”.
Una posizione non condivisa da Meloni, che a uno scostamento di bilancio per affrontare le questioni economiche preferisce un confronto con l’Unione europea, a partire proprio dal Piano. “Non può essere un’eresia dire che il Pnrr possa essere perfezionato, è previsto dalle norme”, afferma prima di attaccare l’esecutivo: “Il problema non sarà rivederlo o sistemarlo ma saranno i ritardi che il governo ci ha lasciato. Il tema deve essere affrontato, non vuol dire stravolgerlo“.
Contrario a riaprire la trattativa con l’Europa è invece Letta: “Il Pnrr è la nostra stella polare. Si può discutere, ma diciamo ‘no’ alle rinegoziazioni. Se ci mettessimo in un confronto con Bruxelles perderemmo soldi e le prospettive per il futuro“.
Giuseppe Conte guarda invece ai temi fiscali. Il presidente del Movimento 5 stelle giudica pericoloso “rifugiarsi nel ‘metodo Draghi‘” come fanno altre forze politiche e propone di investire sul taglio cuneo fiscale non solo a favore dei lavoratori ma anche delle imprese. “Siamo per l’abolizione dell’Irap a favore di tutti. Siamo a favore di uno Statuto degli imprenditori – prosegue – che dia chiarezza del diritto, tempi certi e una giustizia certa a chi investe“.
Grandi applausi infatti dalla platea di imprenditori al termine dell’intervento del ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta che, visibilmente commosso, ha raccontato le ragioni del suo addio alla politica. Un discorso accorato che più volte ha fatto riferimento alle parole di Mario Draghi, allo spirito repubblicano necessario ad unificare l’Italia e ai momenti della verità: “che per il Paese sono le elezioni, per la propria vita e il proprio futuro” sono scelte che possono essere “difficili e dolorose”.
Abbandonata la platea del gotha dell’imprenditoria e della finanza che per tre giorni ha affollato Villa d’Este dove il prezzo di una camera varia tra i 750 e i 2850 euro a notte, dove un pollo con patate è servito alla modica cifra di 40 euro, e per un antipasto a base di pesce si sale fino ai 65 euro, ma nel campo di gioco “allargato” dei social network in molti hanno puntato il dito contro un mondo sempre più distante dal mondo reale o sulla differenza tra l’accoglienza dei leader nelle piazze delle città e nelle platee.
Ma cosa chiedono gli imprenditori ai partiti ?
“Non c’è tempo da perdere, i leader delle imprese italiane avvertono i politici“, riferisce l’ agenzia internazionale Reuters. Le aziende temono che le elezioni possano rallentare il processo decisionale. Si lamenta la fine del governo Draghi. L’Italia è duramente colpita dagli aumenti dei prezzi dell’energia. L’Italia non può permettersi settimane di inerzia politica dopo le elezioni di questo mese, hanno detto gli imprenditori, aggiungendo che i prezzi dell’energia alle stelle stanno già costringendo un numero crescente di aziende a ridurre la produzione. Riuniti sulle rive del Lago di Como per l’annuale Forum Ambrosetti questo fine settimana, gli imprenditori si sono scagliati contro i politici per aver spodestato il premier Mario Draghi nel bel mezzo di una crisi energetica in Europa. “Prima che i ministri del nuovo governo si orientino, sarà Natale, ma ci troviamo di fronte a problemi che vanno affrontati in giorni, non in settimane“, ha dichiarato Armando De Nigris, presidente dell’omonima azienda produttrice di aceto balsamico. I prezzi record del gas hanno più che raddoppiato il costo della condensazione dell’uva che entra nei 35 milioni di bottiglie di aceto balsamico che De Nigris produce ogni anno. “Rischiamo di produrre qualcosa che non saremo in grado di vendere tra sei mesi perché non possiamo trasferire gli aumenti di prezzo“, ha detto. La settimana scorsa Confindustria ha avvertito che l’Italia rischia “un terremoto economico” a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e ha chiesto il sostegno dell’amministrazione provvisoria guidata da Draghi, ex capo della Banca Centrale Europea.
Le aziende alle prese con i rincari dell’energia
L’Italia ha già stanziato oltre 50 miliardi di euro quest’anno per cercare di attenuare l’impatto dell’aumento dei costi dell’energia per le imprese e le famiglie e questa settimana sono attesi ulteriori aiuti. Riccardo Illy, presidente del gruppo alimentare Polo del Gusto proprietario del marchio francese di tè Damman Freres e del marchio di cioccolato Domori, teme che l’Italia possa perdere parte dei fondi promessi dall’Ue per la ripresa post-COVID, dichiara: “Draghi avrebbe potuto continuare fino alla fine del suo mandato, chiunque sarà il prossimo ci farà perdere miliardi di euro“.
L’Italia, evidenzia l’agenzia di stampa internazionale Reuters, è in linea per circa 200 miliardi di euro, ma i fondi sono subordinati all’attuazione di una serie di riforme. La dipendenza dal gas russo e un ampio settore manifatturiero composto prevalentemente da piccole imprese rendono l’economia italiana particolarmente vulnerabile alla crisi energetica. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, a febbraio, molte aziende di settori ad alta intensità energetica come l’acciaio, il vetro, la ceramica e la carta sono state costrette a ridurre la produzione a causa dei costi troppo elevati. “Quando il prossimo ministro dell’Economia si propone di risolvere i nostri problemi – e possiamo solo sperare che sia il migliore dei ministri – potrebbe essere troppo tardi“, ha dichiarato Romano Pezzotti, che gestisce l’azienda di riciclaggio dei metalli Fersovere, vicino Bergamo.
“Dopo aver commesso il grande errore di far cadere il governo durante la peggiore crisi dell’ultimo secolo, i politici dovranno nuovamente rivolgersi a qualcuno in grado di risolvere i problemi del Paese“, ha aggiunto. La crisi energetica getta l’ombra più lunga. “Sappiamo tutti cosa bisogna fare”, ha dichiarato Matteo Tiraboschi, presidente esecutivo di Brembo, azienda produttrice di freni premium e quotata alla Borsa di Milano. “La bolletta energetica in Italia è praticamente raddoppiata”.
Calenda vince la gara dell’ applausometro per distacco anche perché questa platea non dimentica gli sgravi di Industria 4.0 che volle lui quand’era ministro dello Sviluppo. Secondo posto, a distanza, Enrico Letta per il garbo e la competenza. Ultimo “Giuseppi” Conte, in video collegamento da Napoli consapevole che a Cernobbio voti non ne conquista ed infatti viene accolto dal gelo più totale . A metà classifica per il gradimento espresso alla luce del sole gli alleati di centro-destra, con Meloni avanti, almeno negli applausi su Salvini e Tajani.
Prevale la curiosità di vedere all’opera, in primis, Meloni e Calenda. “Questi politici starnazzano — dice un industriale dell’ acciaio — ma il piano strategico glielo lascia Draghi. Loro non potranno staccarci dall’Europa“. Riassume fulminante un manager di vertice di una grandissima impresa, dopo il confronto: “Questa platea vorrebbe un governo di centrodestra con Calenda premier . Ma poiché non è possibile, si fa bastare la Meloni“.