di Daniela Sannino*
Il disturbo da attacchi di panico rientra nella sfera dei disturbi d’ansia ed è caratterizzato da manifestazioni di improvvise, intense e ripetute crisi di paura, tali da provocare una costellazione di sintomi, quali: tachicardia, senso di oppressione al torace, crampi o dolori addominali, sudorazione, tremori, nausea,sensazione di soffocamento, depersonalizzazione(sentirsi come staccati da se stessi), de realizzazione (sensazione di irrealtà), sensazione di instabilità o di svenimento, sensazioni di malessere, di terrore, paura di morire, di perdere il controllo o di impazzire. Durante l’attacco di panico però, quasi mai le manifestazioni sintomatologiche descritte si presentano tutte assieme ma variano da soggetto a soggetto. L’attacco di panico dura poco e generalmente non supera mai i 20 minuti, ma la loro intensità può essere devastante per chi li sperimenta per la prima volta.
Gli attacchi di panico sono dunque, la forma più acuta dell’ansia. Specialmente nelle prime fasi del disturbo, i sintomi possono insorgere improvvisamente senza una causa o un motivo scatenante, durante una situazione di routine e ciò che li caratterizza è la loro “imprevedibilità” cogliendo l’individuo come un fulmine a “ciel sereno”. Nella maggior parte dei casi tende a manifestarsi in situazioni specifiche, ad esempio in luoghi pubblici, come al cinema, supermercati, autobus, oppure mentre si è alla guida, innescando così nel soggetto la paura e l’evitamento di tali luoghi (Agorafobia) ,in quanto subentra il timore di non poter ricevere aiuto se si viene colti da un attacco, con la conseguenza, dunque, di non riuscire più ad uscire di casa e di isolarsi, compromettendo così la vita sociale, lavorativa e sentimentale.
Fortunatamente, gli attacchi di panico non mettono a rischio la vita delle persone, ma in genere dopo il primo attacco si possono sviluppare altre convinzioni e cioè quello di essere affetto da una malattia fisica, sottoponendosi ad una serie di visite mediche che hanno si un effetto rassicurante, ma solo momentaneamente, in quanto il soggetto, continuando a star male, penserà che prima o poi gli verrà un infarto o qualche altra malattia.
L’età di esordio degli attacchi di panico in genere si colloca tra i 16 e i 35 anni , con un picco massimo intorno ai 25 anni e difficilmente dopo i 45 anni, anche se un esordio tardivo dovrebbe far sospettare un disturbo organico come l’ipertiroidismo. Il disturbo da attacchi di panico oggi è sempre più diffuso e si calcola che circa il 2-4% della popolazione in Italia soffra di tale disturbo e sono colpite in prevalenza le donne rispetto agli uomini. Prima di diagnosticare un attacco di panico, è bene che il soggetto si sottoponga ad accertamenti diagnostici, in quanto causa di disturbi di panico possono essere un mal funzionamento della tiroide o un difetto cardiaco come il prolasso della valvola mitrale. Una volta escluso una componente organica, allora possiamo parlare di attacchi di panico derivati da una componente psicologica. Tra le cause scatenanti di un attacco di panico vi è senza dubbio una radice biologica e gioca un ruolo significativo la predisposizione familiare o l’uso di sostanze stupefacenti, ma nella storia delle persone che soffrono di tale disturbo spesso sono presenti eventi stressanti, la separazione da figure significative , instabilità economica, sensazione di insicurezza, lutti importanti, un evento traumatico o grandi cambiamenti di vita.
Gli attacchi di panico generano notevole sofferenza nelle persone che li sperimentano. Ma cosa fare e come comportarsi se un nostro amico o parente soffre di tale disturbo e come comportarci se ci troviamo con loro in quei momenti?. Sicuramente assistere ad un episodio di crisi allarmerebbe chiunque , ma è bene che dall’altra parte vedano almeno in voi una rassicurazione. Prima di tutto, se la persona è la prima volta che sperimenta un attacco di panico, è bene accertarsi che si tratti proprio di quello. Se il soggetto manifesta alcuni dei sintomi elencati, in caso di dubbio è bene recarsi al pronto soccorso, anche perché i sintomi di un attacco di panico possono mimare o esser simili a quelli di un attacco di cuore. Se invece non è la sua prima volta, allora bisogna ricordarsi che i sintomi non mettono a rischio la vita della persona e che durano meno di mezz’ora, quindi è bene mettere la persona in un posto tranquillo in quanto il soggetto vorrà sicuramente andar via dal luogo in cui si è scatenato l’attacco. Cerchiamo di evitare frasi del tipo: “stai calmo, non è niente” perché in questo modo stiamo sottovalutando la sua paura.
Cerchiamo invece di parlargli in modo deciso, ma rassicurante, in maniera calma prendendo sul serio la sua situazione e le sue paure senza giudicare e chiediamo se riesce a capire come mai sta vivendo una situazione del genere, senza fare troppe pressioni se non vuol rispondere. Aspettiamo che i sintomi si attenuino, dopodiché aiutiamo la persona a calmarsi proponendogli degli esercizi di respirazione. Dobbiamo aiutare la persona a controllare la respirazione facendolo inspirare dal naso ed espirando dalla bocca per alcuni minuti in quanto durante gli attacchi di panico la persona entra in iperventilazione, ossia un eccesso di respirazione e dunque il soggetto respira con una frequenza maggiore rispetto alla necessità effettiva del corpo che crea squilibrio fra ossigeno e anidride carbonica.
Il panico rappresenta un campanello d’allarme ma non dobbiamo pensare che sia un nostro nemico, anzi è arrivato proprio perché vuole comunicarci qualcosa, avvertirci che forse è arrivato il momento di fermarsi e di capire che c’è qualcosa nella nostra vita che non sta procedendo come dovrebbe e cominciare dunque a cambiarla, prima che gli attacchi si cronicizzino. E’ bene dunque diagnosticare in tempo il disturbo e impostare un percorso mirato, ricorrendo ad una terapia farmacologica ,nei casi particolarmente gravi, che aiuti a ridurre la sintomatologia legata agli attacchi. C’è da aggiungere però che da soli i farmaci non sono sufficienti perché attenuano i sintomi ma non la causa scatenante ed è dunque importante abbinare ai farmaci anche un percorso di psicoterapia che aiuterà la persona a capire l’origine degli attacchi individuando il modo per superarli, operando così un cambiamento della realtà minacciosa.
* Psicologa e specializzanda in piscoterapia